Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18911 del 25/02/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 18911 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ACETO ALDO

SENTENZA

sul ricorso proposto dal
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Pescara
nel procedimento nei confronti di
Di Simone Riccardo, nato a Penne (PE), il 02/04/1963

avverso l’ordinanza del 10/10/2013 (dep. 1’11/10/2013)

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Aldo Aceto;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Giuseppe Volpe, che ha concluso chiedendo l’annullamento, con rinvio, del
provvedimento impugnato.

RITENUTO IN FATTO

1.Con ordinanza depositata 1’11 ottobre 2013, il Tribunale di Pescara, in
accoglimento dell’istanza di riesame proposta da Di Simone Riccardo, ha
annullato il decreto con il quale il Giudice per le indagini preliminari presso quello
stesso Tribunale aveva disposto il sequestro preventivo, per equivalente, delle

Data Udienza: 25/02/2014

disponibilità liquide ed, eventualmente, dei beni mobili in disponibilità del Di
Simone stesso, ovvero della sua ditta individuale, la R.P.M. Group, fino alla
concorrenza del valore di C 87.027,00, in relazione all’ipotizzato reato di cui
all’art. 2 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74. Si contesta, in particolare, al Di Simone, di
avere, quale titolare e legale rappresentante della suddetta impresa individuale,
utilizzato fatture per operazioni inesistenti, apparentemente emesse nell’anno
2007 da altra impresa individuale (la Jolly Confezioni di Din Wang Meng Jun)
ritenuta inesistente, per un ammontare complessivo di C 207.150,00,
riportandole quali passività in contabilità e nella dichiarazione dei redditi del 30

Valorizzando, quale aspetto qualificante lo specifico reato contestato, la
condotta dell’«avvalersi» delle fatture o di altri documenti per operazioni
inesistenti, il Tribunale ha rilevato, in buona sintesi, che non v’era prova che il Di
Simone si fosse «avvalso» delle fatture emesse dalla Jolly Confezioni poiché:
1) non le aveva inserite in contabilità; 2) non aveva messo quest’ultima a
disposizione della Guardia di Finanza; 3) la contabilità, nello specifico, era andata
in parte distrutta, a seguito di incendio che aveva interessato anche i locali
dell’impresa, in parte smarrita a seguito di trasloco, in parte trafugata a seguito
di furto.
Sicché, ha affermato il Tribunale, residuerebbe il solo reato di cui all’art. 4,
d.lgs. 74/2000 cit., per la cui consumazione è sufficiente la sola condotta
dell’«indicare» elementi passivi fittizi e che, all’epoca di realizzazione del
fatto (30/09/2008), prevedeva una soglia di punibilità (C 103.291,38) inferiore
all’ammontare dell’indebito sgravio ottenuto.

2. Ricorre per Cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale
di Pescara denunciando la manifesta illogicità dell’ordinanza impugnata nella
parte in cui, tradendo le premesse giuridiche dalle quali era partita in ordine alla
sufficienza di meri indizi di reato a giustificazione dell’emissione di un decreto di
sequestro preventivo ed utilizzando, invece, criteri di valutazione tipici della fase
del giudizio, ha perentoriamente affermato l’insussistenza del reato di cui all’art.
2 d.lgs. 74/2000 cit., senza considerare la presenza di dati certi (l’inserimento
della Jolly Confezioni nell’elenco dei fornitori trasmesso all’Agenzia delle Entrate
e l’utilizzo delle relative fatture nella dichiarazione dei redditi) dei quali non solo
non avrebbe dato contezza, ma dai quali avrebbe potuto trarre, a livello di
sufficienza indiziaria, quegli elementi che, in applicazione della premessa,
avrebbero giustificato l’emissione (ed il mantenimento) del decreto di sequestro.

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settembre 2008, così conseguendo un indebito sgravio Irpef pari ad C 87.027,00.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è fondato.

4. Per l’integrazione del delitto di dichiarazione fraudolenta di cui all’art. 2
d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, è necessario che: 1) la condotta (indicazione di
elementi passivi fittizi) riguardi le fatture o gli altri documenti per operazioni
inesistenti di cui all’art. 1, lett. a) d.lgs. cit.; 2) tali documenti siano «registrati
nelle scritture contabili obbligatorie o detenuti a fini di prova nei confronti

n. 27 del 25/10/2000, Di Mauro; Sez. 3, n. 14718 del 06/03/2008, De Franco;
Sez. 3, n. 14855 del 19/12/2011, Malagò), altrimenti sussistendo il diverso reato
di cui all’art. 4, d.lgs. cit..
Nel caso di specie, da tali premesse, pur correttamente indicate, il Tribunale
ha dedotto l’insussistenza degli indizi del reato ipotizzato sul rilievo che
mancasse la prova della pregressa registrazione e/o detenzione delle fatture
inesistenti, essendo andata la documentazione interamente distrutta e/o
smarrita.
Come noto, in tema di sequestro preventivo, la verifica di sussistenza
indiziaria del reato prescinde dall’indagine sulla colpevolezza del suo autore, che,
al momento dell’emissione del provvedimento, potrebbe anche essere ignoto
(Sez. U, n. 5 del 24 marzo 1955, Barbuto; Sez. U, n. 920 del 17/12/2003,
Montella), essendo invece necessaria e sufficiente, secondo una valutazione
ritenuta immune da censure di illegittimità costituzionale (Corte Cost.le n. 48 del
9-17 febbraio 1994), la verifica della astratta possibilità di sussumere il fatto in
una determinata ipotesi di reato (Sez. U, n. 4 del 23 marzo 1993, Gifuni). Tale
verifica, che costituisce espressione del necessario controllo di legalità del
provvedimento, pur non consentendo un’indagine penetrante sulla effettiva
sussistenza del reato ipotizzato, non impedisce comunque al giudice di spingersi
fino all’esame del fatto per il quale si procede e di accertare, pur senza censurarli
sul piano fattuale, la congruità degli elementi rappresentati con l’ipotesi
accusatoria (Sez. U, n. 23 del 20/11/96, Bassi). Questa valutazione non può
tradursi in anticipata decisione della questione di merito concernente la
responsabilità del soggetto indagato in ordine al reato oggetto di investigazione
(Sez. U, n. 7 del 23/02/2000, Mariano), ma nemmeno consente di astrarre
completamente dalle emergenze processuali al punto da neglettere, a fini
prognostici, e persino in tema di elemento soggettivo del reato, quel che «ictu
oculi>> appare evidente (Sez. 2, n. 2808 del 02/10/2008, Bedino), tanto più in
ipotesi di confisca per equivalente la cui natura sostanzialmente afflittiva
impedisce l’adozione di provvedimenti ingiustamente punitivo.

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dell’amministrazione finanziaria in sede di successivo accertamento>> (Sez. U.,

Nel caso in esame, il Tribunale, come detto, ha fondato la propria decisione
non sulla astratta non sussumibilità del fatto contestato nell’ipotesi di reato
oggetto di imputazione provvisoria, tanto meno sulla evidente insussistenza
dell’elemento soggettivo del reato, bensì sull’impossibilità di provare, in giudizio,
la sussistenza stessa del reato (e dunque la colpevolezza dell’imputato).
Così facendo, però, il Tribunale, ha erroneamente anticipato alla fase
cautelare reale valutazioni che appartengono al giudizio di

piena cognitio

(valutazioni non ammissibili nemmeno sotto il profilo dell’elevata probabilità o
meno di condanna dell’autore del fatto, essendo esse più acconce al riesame
piuttosto che di quelle reali), sottovalutando,

contestualmente, la portata indiziaria (più che sufficiente a ritenere, in questa
fase, l’astratta sussistenza del reato ipotizzato) delle denunzie di furto e di
smarrimento (anche e proprio) delle fatture di cui il Di Simone si sarebbe avvalso
e della relativa contabilità (il che certamente costituisce sufficiente indizio del
pregresso utilizzo di quei documenti).
Alla luce delle considerazioni che precedono, poiché sussistono gli indizi del
reato di cui all’art. 2, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, l’ordinanza impugnata deve
essere annullata senza rinvio, con conseguente reviviscenza del decreto di
sequestro preventivo ingiustamente annullato.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata
Così deciso il 25/02/2014.

delle misure de libertate,

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