Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18910 del 10/04/2013
Penale Sent. Sez. 2 Num. 18910 Anno 2013
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: RAGO GEPPINO
SENTENZA
su ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA presso il Tribunale di Napoli avverso
l’ordinanza pronunciata dal tribunale di Napoli in data 29/10/2012 nei
confronti di:
1. ‘OVINE CATELLO nato il 03/01/1974;
2.
D’AURIA ANTONIO nato il 09/12/1984;
Visti gli atti, l’ordinanza ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
udito il Procuratore Generale in persona della dott.ssa Maria Giuseppina
Fodaroni che ha concluso per l’annullamento con rinvio
FATTO e DIRITTO
1. Con ordinanza del 29/10/2012, il Tribunale di Napoli annullava
l’ordinanza pronunciata in data 09/10/2012, nella parte in cui il giudice
per le indagini preliminari della medesima città aveva disposto la misura
della custodia cautelare in carcere nei confronti di IOVINE Catello e
D’AURIA Antonio per il delitto di cui all’art. 74 dpr 309/1990.
2. Avverso la suddetta ordinanza, il P.M. presso il Tribunale di
Napoli ha proposto ricorso per cassazione deducendo la
VIOLAZIONE
Data Udienza: 10/04/2013
DELL’ART.
606/ LETT. E)
COD. PROC. PEN.:
sostiene il ricorrente che il
Tribunale si sarebbe limitato a verificare l’esistenza di un programma
criminoso indeterminato unicamente con riferimento alla condotta
di
coltivazione, omettendo di considerare che agli indagati è contestato di
coltivazione e vendita di sostanza stupefacente del tipo marijuana.
A sostegno del ricorso, il ricorrente cita una serie di intercettazioni
che il tribunale non avrebbe considerato e che sarebbero indicative del
contestato reato di cui all’art. 74 dpr cit.
3. Il ricorso è manifestamente infondato.
Il Tribunale ha confermato la sussistenza dei gravi indizi di
colpevolezza per il reato di cui all’art. 73 dpr cit.: cfr pag 2-4
dell’ordinanza.
Il tribunale, invece, ha ritenuto che i gravi indizi non sussistessero
per il reato associativo ed è giunto alla suddetta decisione dopo avere
analizzato il compendio probatorio in atti costituito dalle intercettazioni
che sono state ritenute ora irrilevanti, ora neutre.
Il ricorrente sostiene che il tribunale avrebbe omesso di valutare
altre intercettazioni che si premura di indicare.
Tuttavia, il ricorso non spiega per quali ragioni quelle
intercettazioni costituirebbero un indice del reato associativo, atteso che
si riferiscono alla vendita della marijuana che gli indagati avevano
coltivato.
In altri termini, il ricorrente non indica i soggetti che erano
coinvolti nella pretesa associazione, quale fosse il ruolo di ciascuno, i
mezzi che avevano a disposizione e, quindi, quali indizi vi fossero sugli
elementi costituitivi del reato associativo.
Correttamente, pertanto, il tribunale ha rilevato e stigmatizzato la
suddetta circostanza osservando che «diversamente si perverrebbe alla
conclusione che non vi è alcuna differenza sul piano oggettivo tra la
fattispecie delittuosa in questione e il concorso di persone nel reato
continuato di coltivazione illecita di marijuana».
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essersi associati tra loro allo scopo di commettere più delitti di
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Si tratta di una corretta conclusione giuridica tratta sulla base di
una puntuale analisi del compendio probatorio, sicchè la censura del
ricorrente deve ritenersi, da una parte, generica e aspecifica, e,
dall’altra, diretta ad ottenere una nuova rivalutazione del merito della
nel ragionamento del tribunale non è rinvenibile alcuno dei vizi
motivazionali deducibili in sede di legittimità
P.Q. M .
DICHIARA
Inammissibile il ricorso del P.M.
Roma 10/04/2013
IL PRES ENTE
(–) (Dott. ‘-tti)
IL CONSIGL R ST.
(Dott. G.
)
vicenda processuale: il che deve ritenersi inammissibile proprio perché