Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18909 del 29/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 18909 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ORILIA LORENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI BRESCIA
nei confronti di:
LONGHI GIANFRANCO N. IL 17/05/1943
avverso l’ordinanza n. 146/2013 TRIB. LIBERTA’ di BRESCIA, del
20/09/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

(Pc-olLeg-Juvi.

Uditi difensor Avv.;

rusc,” 12,

Data Udienza: 29/01/2014

RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Brescia, con ordinanza 20.9.2013 ha revocato il decreto di
sequestro preventivo di alcuni immobili siti nel Comune di Tremosine, di proprietà della
società GI-ELLE srl di cui era legale rappresentante Longhi Gianfranco.
I giudici di merito, dopo avere qualificato come appello l’atto di riesame
presentato dal difensore hanno osservato che in relazione al procedimento penale per
lottizzazione abusiva commessa mediante predisposizione di strumenti urbanistici in
palese contrasto con le prescrizioni legislative primarie e secondarie, il Longhi aveva

una posizione di terzo di buona fede, essendo intervenuto ad opere ultimate in una
fase successiva alla consumazione di un reato, difficilmente avvertibile da soggetti che
non abbiano partecipato al disegno criminoso. Ha richiamato i vari trasferimenti
immobiliari precedenti all’acquisto da parte della GI-ELLE srl osservando che l’atto di
acquisto menzionava tutti i titoli edificatori ed autorizzativi. Ha richiamato una
precedente ordinanza che a sua volta rimandava alla giurisprudenza della CEDU
(vicenda di Punta Perotti) sintetizzandone i vari passaggi motivazionali.
Ha concluso ritenendo che la privazione temporanea dei beni acquistati dal
terzo costituisce un provvedimento dal contenuto sanzionatorio (sia pure allo stato
cautelare, ma normativamente finalizzato alla futura confisca) benché non sussistano a
carico del ricorrente i necessari presupposti del reato di lottizzazione abusiva. Ha
ritenuto che il sequestro non trovava giustificazione neppure sotto il profilo della tutela
del territorio, osservando in proposito che si tratterebbe di eludere il problema della
totale estraneità del terzo. Analoghe considerazioni ha svolto in ordine al pericolo di
protrazione del reato, mentre ha ritenuto del tutto eccentrico rispetto al reato di
lottizzazione il pericolo per la pubblica incolumità, che può rilevare ai fini di altre
ipotesi delittuose non contestate e interessare l’attività dell’autorità amministrativa.
2. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Brescia ricorre per
Cassazione contro il provvedimento deducendo la violazione dell’art. 321 cpp. Rileva in
particolare che il tribunale non ha affrontato il tema del fumus delicti, escludendo
qualsiasi valenza al dedotto pericolo per l’incolumità pubblica derivante dai rischi
idrogeologici. Richiama il principio della irrilevanza della buona fede del terzo
acquirente in materia cautelare, nel momento i cui la libera disponibilità delle opere da
parte dei detentori può aggravare le conseguenze del reato. Richiama la
giurisprudenza di legittimità osservando che l’appartenenza del bene al terzo di buona
fede non rileva in caso di sequestro preventivo disposto ai sensi dell’art. 321 comma 1
cpp. Richiama quindi la sussistenza dei presupposti per la sequestrabilità dei beni
(collegamento al reato di lottizzazione, pericolo per l’incolumità pubblica e pericolo di
aggravamento e/o protrazione delle conseguenze del reato in caso di mantenimento
dei beni nella disponibilità dei detentori.
CONSIDERATO IN DIRITTO

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CONSIDERATO IN DIRITTO
1. L’impugnazione del Pubblico Ministero è fondata.
Il ricorso per cassazione contro le ordinanze emesse in materia di sequestro
preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, dovendosi
comprendere in tale nozione sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei
vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a
sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di
coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile

l’itinerario logico seguito dal giudice (tra le varie, Sez. U, del 29/05/2008, n. 25932,
Ivanov, Rv. 239692).
Nel caso che ci occupa, il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 321 cpp con
particolare riferimento ai presupposti e alla ratio sottesi alla disciplina del vincolo
cautelare, osservando che il tribunale ha escluso qualsiasi valenza alla circostanza posta invece in luce dal GIP – relativa alla sussistenza di un concreto pericolo per la
pubblica incolumità derivante dai rischi idrogeologici gravanti sull’area e la cui
normativa a tutela era stata violata nei provvedimenti autorizzativi. Rimprovera al
Tribunale di avere violato i principi normativi e interpretativi in tema di valutazione
della buona fede del terzo acquirente del bene sottoposto a sequestro preventivo ex
art. 321 comma 1 cpp, osservando che in tal caso l’appartenenza ad un terzo estraneo
al reato non ha rilievo, a differenza dell’ipotesi di cui al comma successivo della norma.
2. Ciò premesso, va osservato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte,
il vincolo, diretto a rendere indisponibile la “res”, è imposto per più generali esigenze
di giustizia, quali sono quelle relative alla tutela della collettività, che, sebbene
pregiudizievoli per il soggetto che ne è gravato, vanno necessariamente soddisfatte,
con la conseguenza che il titolare del diritto potrà far valere le proprie ragioni solo una
volta esaurite le esigenze cautelari ovvero il rapporto processuale. Né l’applicazione
della misura cautelare, in tale ipotesi, costituisce violazione dell’art. 1 del Protocollo
addizionale alla CEDU, considerata la temporaneità del vincolo ed essendo giustificata
la compressione del diritto di proprietà dalle citate esigenze di interesse pubblico
connesse alla repressione dei reati (Sez. 3, 27/10/2010, n. 40480, Orlando, Rv.
248741).
Sempre secondo la giurisprudenza, oggetto del sequestro preventivo di cui al
primo comma dell’art. 321 c.p.p., può essere qualsiasi bene – a chiunque appartenente
e, quindi, anche a persona estranea al reato – purché esso sia, anche indirettamente,
collegato al reato e, ove lasciato in libera disponibilità, idoneo a costituire pericolo di
aggravamento o di protrazione delle conseguenze del reato ovvero di agevolazione
della commissione di ulteriori fatti penalmente rilevanti (v. Sez. 3, Sentenza n. 48925
del 22/10/2009 Cc. dep. 21/12/2009 Rv. 245918; cfr. altresì, Cass. n. 37033/2006, n.
24685/2005, n. 38728/2004, n. 1246/2003, n. 29797/2001, n. 4496/1999, n.

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1565/1997, n. 156/1993, n. 2296/1992, e da ultimo Sez. 3, 17 marzo 2009, n. 17865,
Quarta, m. 243751; Sez. 3, 13 luglio 2009, n. 39322, Berardi).
Nel caso di specie, come si evince dallo stesso provvedimento impugnato (pagg.
2 e 3), l’imputazione cautelare, in relazione al reato urbanistico, evidenzia la violazione
di una serie di vincoli, tra cui spicca quello idrogeologico.
Ebbene, l’interesse protetto dalla lettera dall’art. 44 lett. c) T.U.E. ha ad un
tempo, una natura urbanistica e culturale – ambientale, identificando, nella pienezza
dei suoi attributi, l’oggetto sul quale va ad incidere la condotta trasgressiva, cioè il

luogo di vita, di lavoro e di benessere psichico e fisico della collettività, vale a dire,
l'”habitat”, con riguardo alla complessa personalità dell’abitante, secondo una
ampiezza di concezione che corrisponde al contenuto prescrittivo degli strumenti
urbanistici (Sez. 6, 10/03/1994, n. 6337, Sorrentino, Rv. 198510). Del resto, anche la
giurisprudenza successiva (Sez. 3, 13/10/1997, n. 10392, Morano ed altro, Rv.
209415) non ha mancato di sottolineare come, nello specifico ambito dell’illecito
lottizzatorio, la violazione del vincolo – integrante o meno una fattispecie penale
incriminatrice concorrente con il reato di lottizzazione (sul concorso materiale di reati,
v. Sez. 3, 24/02/2011, n. 9307, Silvestro ed altro, Rv. 249763) – incida in modo
rilevante non soltanto sull’assetto del territorio, ma sull’intero ambiente, nella misura
in cui una tale trasgressione, pregiudicando l’interesse collettivo all’ordinato assetto
territoriale, produce al tempo stesso un “vulnus” alle condizioni di vita della
popolazione ivi residente, della quale altera le condizioni soggettive ed oggettive di
vita.
Si tratta di concezioni, ormai del tutto pacifiche, che coniugano, al massimo
livello, le norme penali urbanistiche con i beni di rilevanza costituzionale, legittimando
anche la funzione anticipata di tutela affidata al diritto penale in tale nevralgico settore
della vita della comunità, attraverso il preciso riconoscimento della valenza
costituzionale attribuita al bene “ambiente – territorio” secondo una concezione
dinamica del “paesaggio” (art. 9, comma 2, Cost.), la cui tutela esige perciò il controllo
e la direzione degli interventi che, ricadendo sul territorio stesso, influiscono sul
paesaggio che non può essere assolutamente confinato informa statica, quale mera
conservazione del visibile.
Logico corollario di tale impostazione è che, in considerazione dell’oggetto della
tutela penale in relazione all’incriminazione ravvisata ed all’individuato pericolo,
l’esigenza cautelare, di cui all’art. 321, comma 1, cod. proc. pen., non richiede
necessariamente un collegamento con un delitto contro la pubblica incolumità, essendo
diverso il livello di tutela penale predisposto con le differenti incriminazioni (quelle cioè
a protezione della incolumità pubblica e quelle a tutela delrannbiente – territorio”).
Sicché, in presenza di un illecito lottizzatorio e di un pericolo concreto ed attuale per la
collettività derivante dall’accertamento del reato urbanistico che, quanto alla
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lottizzazione, ha natura permanente e si segnala per essere progressivo nell’evento, il
sequestro preventivo presenta connotati che lo inseriscono, nell’ambito processuale,
negli istituti intesi ad evitare la probabilità del verificarsi di un evento antigiuridico in
maniera da impedire che una cosa pertinente al reato possa essere utilizzata per
estendere nel tempo od in intensità le conseguenze del reato stesso. Va ricordato
come le conseguenze che il legislatore intende neutralizzare mediante il sequestro
preventivo possano essere aggravate o protratte anche dopo la consumazione del

tende ad evitare si configurano come diverse ed ulteriori rispetto a quelle ordinarie
della fattispecie criminosa già eventualmente realizzata in tutti i suoi elementi.
Da tutto ciò deriva come il Tribunale distrettuale, concentrando la sua
attenzione essenzialmente sul problema degli effetti della confisca nei confronti dei
terzi di buona fede nel reato di lottizzazione abusiva, tema più che mai attuale, alla
luce del recente intervento della giurisprudenza europea (cfr. CEDU, sentenza
30.10.2013, ricorso n 17475/2009,

Varvara c. Italia),

abbia però omesso

completamente di motivare sull’altro tema che pure formava oggetto di indagine,
quello riguardante il pericolo di aggravamento del reato sotto il profilo urbanistico ed
ambientale: eppure si trattava di un aspetto tutt’altro che marginale, considerata sia
l’entità dell’opera realizzata e sia la sua collocazione in zona paesaggisticamente
vincolata (ricadente all’interno del Parco regionale dell’Alto Garda bresciano).
Inoltre – essendo del tutto irrilevante, ai fini della configurabilità del periculum
in mora, il necessario collegamento, erroneamente postulato come indefettibile, con i
reati contro l’incolumità pubblica – il Tribunale ha omesso di motivare su un punto
decisivo del tema cautelare e cioè se il vincolo preventivo fosse giustificato o meno
dall’esigenza di evitare l’aggravamento delle conseguenze del reato in considerazione
di pericoli per la collettività derivanti dal rischio idrogeologico (di cui pure ne ammette
l’esistenza: cfr. pag. 0), se ed in quanto attestato dalle numerose varianti ai lavori
per la messa in sicurezza dei siti, attinti dalla lottizzazione, e dagli altri atti del
processo indicati a pag. 52 ss. del decreto di sequestro preventivo.
3 L’ordinanza impugnata va pertanto annullata con rinvio al Tribunale del

riesame di Brescia che, previa necessaria valutazione dell’esistenza o meno del fumus
commissi delicti, si atterrà ai principi di diritto innanzi enunciati.
P.Q.M.

annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Brescia.
Così deciso in Roma il 29.1.2014.

reato medesimo, sicché le conseguenze antigiuridiche che il sequestro preventivo

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