Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18907 del 24/10/2017


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 18907 Anno 2018
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI
VICENZA
nei confronti di:
BORTOLI ANTONIO nato il 22/02/1953 a VENEZIA
DOSA PAOLO nato il 05/12/1963 a VICENZA
MOSER NORBERTO nato il 24/06/1936 a MILANO
CASCIOLI ENZO nato il 02/10/1973 a PADOVA
DALMASSO STEFANO nato il 21/02/1957 a CUNEO
BALBO PAOLO ANTONIO nato il 07/05/1939 a VICENZA
BALBO CHIARA nato il 02/10/1977 a ARZIGNANO
PINHEIRO DE SOUSA BYRNE GONCALO NUNO nato il 17/01/1941
DE VICARI GIANFRANCO nato il 27/07/1952
SOAVE BRUNO (DECEDUTO) nato il 14/05/1947 a VERONELLA
ZANELLA FRANCO nato il 26/09/1961 a VICENZA
BRESSANELLO LORELLA nato il 22/12/1958 a ARZIGNANO
CIARDULLO RICCARDO nato il 14/09/1966 a POLISTENA
HULLWECK ENRICO nato il 31/03/1946 a VICENZA
BOSCATO LUCA nato il 10/06/1967 a VICENZA
RUBEGNI ALBERTO nato il 15/03/1951 a PISA
SIMONETTO GIANFRANCO nato il 28/10/1948 a VICENZA

Data Udienza: 24/10/2017

CHERSICLA GABRIELLA nato il 02/05/1962 a TRIESTE
MALTAURO ENRICO nato il 28/10/1955 a VICENZA
LIBERATORI ALBERTO nato il 22/09/1946 a ROMA
SOTTOTETTI LELIO PIETRO GIUSEPPE (DECEDUTO) nato il 02/03/1926 a
CASTELNUOVO SCRIVIA
VALENTINI MICHELE nato il 24/02/1955 a BARI

avverso l’ordinanza del 05/05/2017 del TRIB. LIBERTA’ di VICENZA

lette/sentite le conclusioni del PG PAOLO CANEVELLI
Il Proc. Gen. conclude per il rigetto
Udito il difensore
il difensore presente Avv. BAREL BRUNO si riporta ai motivi

Il difensore presente Avv. FERRARI GIUSEPPE FRANCO chiede l’accoglimento del
ricorso

il difensore presente Avv. FRAGASSO EMANUELE si riporta ai motivi

Il difensore presente Avv. COPPI FRANCO chiede l’accoglimento del ricorso

il difensore presente Avv. BECCIA si associa ai precedenti insieme all’Avv.
AMBROSETTI

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sentita la relazione svolta dal Consigliere ALESSANDRO MARIA ANDRONIO;

RITENUTO IN FATTO
1. – Con ordinanza del 5 maggio 2017, il Tribunale di Vicenza ha rigettato l’appello
del pubblico ministero avverso l’ordinanza del Gip dello stesso Tribunale del 16 febbraio
2017, con la quale era stata rigettata la richiesta di sequestro preventivo di un’area, in
relazione al reato di lottizzazione abusiva, contestato in quanto l’edificazione, sulla base del
Piano integrato di riqualificazione urbanistica, edilizia e ambientale (PIRUEA) denominato
“Cotorossi”, adottato in variante al piano regolatore Generale con deliberazione della Giunta

emesso: in violazione degli artt. 1 e 4 della legge della Regione Veneto n. 23 del 1999; in
contrasto con il parere della Soprintendenza per i beni architettonici del 2 aprile 2003; in
contrasto con le delibere della Giunta regionale del 12 dicembre 2002, 10 maggio 2006, 6
ottobre 2009; in violazione dell’art. 96, lettera t), del regio decreto n. 523 del 1904.
1.1. – Il Tribunale esamina, in primo luogo, la questione del contrasto tra il piano di
recupero previsto dalla legge regionale n. 23 del 1999 e il piano regolatore generale,
ripercorrendo le fasi dell’approvazione del primo. Si sottolinea che si tratta del piano di
recupero di un’area degradata, e che lo stesso è stato fatto proprio e ratificato
dall’amministrazione comunale con il successivo piano regolatore generale del 2013; non
ricorrerebbe, perciò, la fattispecie della lottizzazione abusiva, che riguarda l’abusivo cambio
di destinazione d’uso in difformità dagli strumenti urbanistici.
1.2. – Si afferma, poi, che gli artt. 4 e 5 della legge regionale n. 23 del 1999 non
sono violati. Tali disposizioni richiedono che al piano integrato di riqualificazione urbanistica
siano allegati un piano finanziario, con la ripartizione degli oneri e con una chiara distinzione
tra risorse finanziarie private ed eventuali risorse finanziarie pubbliche, nonché una
relazione illustrativa, che deve rappresentare il programma in termini economici sintetici,
con particolare riguardo ai benefici. Il tutto, nell’ottica della riqualificazione urbana e
ambientale. Quanto al caso di specie, l’interesse pubblico sarebbe quello di qualificare l’area
degradata occupata dall’ex cotonificio Rossi, da tempo dismesso e non sarebbe necessario

comunale del 28 marzo 2003, sarebbe stata effettuata in forza di un titolo illegittimo, perché

– ad avviso del Tribunale – un rapporto sinallagmatico tra i vantaggi della parte pubblica e
i vantaggi della parte privata, non essendo previste proporzioni definite e fisse.
1.3. – Quanto alla violazione dell’art. 3, lettera c), della legge regionale n. 23 del
1999, contestata perché nel piano di recupero sarebbe stata inclusa l’area UMI 5, priva di
caratteristiche di degrado ambientale, il Tribunale osserva che tale area non aveva
destinazione agricola ma era destinata alla costruzione di parcheggi pubblici e che la
semplice esistenza di spazi urbani inutilizzati e la necessità di completare l’urbanizzazione
di un determinato territorio soddisfacevano le condizioni per ritenere degradata l’area.
1.4. – Quanto al parere della soprintendenza dei beni architettonici del 2 aprile 2003,
con il quale si classificava l’ex cotonificio Rossi come manufatto di archeologia industriale, il
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f&

Tribunale richiama la relazione tecnico-illustrativa prodotta dalla società che si occupava
dell’edificazione, dalla quale emerge che gli elementi strutturali dell’edificio non rivestono
valore storico né valore architettonico. Tali conclusioni erano state fatte proprie dalla
conferenza di servizi alla quale aveva partecipato anche la Sovrintendenza, del 26 gennaio
2005, con cui si poneva un vincolo di conservazione per la sola ciminiera preesistente e non
per le altre strutture. All’esito erano state rilasciate l’autorizzazione paesaggistica e, il 17
maggio 2005, il permesso di costruire.

lettera

n,

del r.d. n. 523 del 1904.), muovendo dal presupposto che tale disciplina ha

carattere sussidiario e può incontrare deroghe nella “normativa locale”, contenuta nel piano
regolatore generale, a condizione che questa sia espressamente dedicata alla
regolamentazione della tutela delle acque e alla distanza dagli argini delle costruzioni. Ad
avviso del Tribunale, dagli strumenti urbanistici non emerge con chiarezza l’esistenza di
disposizioni derogatorie, cosicché potrebbe essere ritenuto configurabile, per alcune porzioni
del fabbricato, il reato di cui all’art. 44, comma 1, lettere a) o b) , del d.P.R. n. 380 del 2001,
ma non il reato lottizzazione abusiva: l’unico – ad avviso dello stesso Tribunale – che
legittimerebbe il sequestro richiesto.
1.6. – Ad avviso del Tribunale, in relazione alla valutazione di compatibilità idraulica,
effettuata con le richiamate delibere della Giunta della Regione Veneto 13 dicembre 2002,
10 maggio 2006, 6 ottobre 2009, non sarebbe configurabile una violazione di legge, perché
le delibere della Giunta regionale hanno natura di atto amministrativo e non regolamentare;
in ogni caso, la valutazione di compatibilità idraulica sarebbe stata effettuata con esito
positivo; infine, non sarebbe comunque emersa prova dell’effettivo innalzamento di 2 m
delle nuove costruzioni rispetto alla sponda antistante e, comunque, tale innalzamento non
riguarderebbe le aree oggetto di sequestro. Ne consegue, per il Tribunale, che il permesso
di costruire non risulta nullo né annullabile, anche perché nel presente procedimento non
sono stati contestati reati contro la pubblica amministrazione.
2. – Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della
Repubblica presso il Tribunale di Vicenza, chiedendone l’annullamento.
2.1. – Con un primo motivo di doglianza, si contesta la violazione dell’art. 4 della
legge regionale n. 23 del 1999, sul rilievo che non si sarebbero considerati gli intenti
speculativi della società che provvedeva all’operazione, pur in presenza di uno sbilancio di
almeno 10 milioni di euro. Il Tribunale non avrebbe considerato che il piano integrato di
riqualificazione urbanistica deve essere corredato da un piano finanziario di attuazione tale
da consentire il controllo economico della scelta urbanistica, anche perché l’art. 30 del d.P.R.
n. 380 del 2001, nel prescrivere che la lottizzazione debba essere conforme alla legge, non
limita detta conformità ai soli aspetti strettamente urbanistici. Lo stesso Tribunale, del resto,
4

1.5. – Il Tribunale analizza, poi, il profilo delle distanze dai corsi d’acqua (art. 96,

ammette l’esistenza di un danno per la finanza pubblica nel caso in esame, pur ritenendo
che tale danno non abbia influenza sulla legittimità dell’operazione complessiva. Tale
ricostruzione troverebbe implicita conferma nella delibera regionale di approvazione dell’atto
comunale, del 26 marzo 2004, nella quale si era limitata l’approvazione alle disposizioni
urbanistiche del PIRUEA, attribuendo, invece, alla competenza comunale la verifica di
ammissibilità dell’intervento, con riguardo all’interesse economico. Secondo il pubblico
ministero, alla convenzione stipulata tra il Comune e il privato non è allegato alcun piano

2.2. – Si contesta, in secondo luogo, l’applicazione degli artt. 30 e 44 del d.P.R. n.
380 del 2001, sul rilievo che il Tribunale avrebbe operato una inammissibile distinzione tra
piano di recupero e piano di lottizzazione, ritenendo l’inapplicabilità della tutela penale in
relazione al primo di tali strumenti. Nel caso di specie, vi sarebbe stata una totale
riformulazione dell’uso urbano della zona, con imponenti opere di urbanizzazione realizzate
ex novo e con la realizzazione di un intero quartiere; quindi, con un’attività non limitata al
recupero dell’edificio industriale abbandonato. Tale interpretazione sarebbe suffragata
anche dalla nuova legge regionale n. 11 del 2004, che ha abrogato la legge regionale n. 23
del 1999, sostituendo il PIRUEA con il PUA. All’art. 19, comma 1, lettera a), di tale legge, si
chiarisce che il PUA ha i contenuti e l’efficacia del piano di lottizzazione, oltre a essere uno
strumento attuativo. E, secondo l’impostazione accusatoria, la natura del PIRUEA è affine a
quella del PUA, perché entrambi generano, sotto il profilo urbanistico, una lottizzazione.
2.3. – In terzo luogo, si ribadisce che la convenzione con il privato generatrice del
PIRUEA ha causa illegale, perché contraria alla normativa che regola l’intervento urbanistico
convenzionale; con la conseguenza che le successive modifiche agli strumenti urbanistici
devono essere ritenute parimenti contrarie alla legge.
2.4. – Si contesta, in quarto luogo, la ricostruzione interpretativa del Tribunale
secondo cui sarebbe legittima l’inclusione nel PIRUEA della zona UMI 5. Non si sarebbe
considerato che tale zona era estranea ad ogni connotato urbano, perché recava soltanto
una cabina elettrica, che occupava un’area di soli 400 mq, su un totale di 16.419 mq. Non
si sarebbe considerato, inoltre, che tale area non aveva natura pertinenziale rispetto al
vecchio stabilimento, perché esterna ad esso e di proprietà pubblica; con la conseguenza
che la stessa non avrebbe potuto essere ritenuta ricompresa nelle finalità di riqualificazione.
2.5. – In relazione al parere della Soprintendenza, si ritiene che lo stesso sarebbe
vincolante, tanto da assumere veste di prescrizione inserita nell’art. 22 delle norme tecniche
di attuazione. Cosicché tale prescrizione non avrebbe potuto essere modificata
legittimamente mediante il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica dell’Il maggio 2005,
provvedimento non idoneo a modificare uno strumento urbanistico dotato di forza
regolamentare.

finanziario.

3. – I difensori degli indagati Dosa, Cascioli, Dalmasso, Balbo Paolo, Balbo Chiara,
De Sousa Byrne, Simonetto, Liberatori, De Vicari, Maltauro, 1-1(illweck hanno depositato
memoria, con la quale chiedono che il ricorso sia dichiarato inammissibile o rigettato.
Si contesta l’interpretazione data dal pubblico ministero degli artt. 4 e 5 della legge
n. 23 del 1999, secondo cui il programma di riqualificazione urbanistica avrebbe potuto
essere accettato dal Comune solo a condizione che recasse un vantaggio finanziario.
Secondo la prospettazione difensiva, invece, la valutazione dei benefici pubblici deve tenere

di beni pubblici altrimenti non disponibili. E non sarebbe contestabile il presupposto di fatto
secondo cui il PIRUEA reca in allegato la documentazione prevista dalla normativa
relativamente ai dati economici complessivi dell’operazione.
Secondo la difesa, poiché la lottizzazione ha per oggetto la trasformazione di terreni
inedificati in aree urbanizzate e non il recupero di insediamenti preesistenti, le sanzioni
penali sarebbero comunque inapplicabili, pur in presenza del contrario consolidato
orientamento della giurisprudenza di legittimità, richiamato dal pubblico ministero. Ma la
questione risulterebbe in ogni caso superata dalla considerazione che il Tribunale ha
verificato in concreto la conformità del PIRUEA agli strumenti urbanistici e alle leggi.
Si contesta, inoltre, l’affermazione dell’accusa secondo cui, in presenza di un PIRUEA
illegittimo, avente valenza di piano particolareggiato, sarebbero illegittime anche le
conseguenti modificazioni del sovrastante PRG. Vi sarebbe stato, invece, il legittimo
esercizio delle competenze pubbliche, trattandosi dell’approvazione di una variante al piano
regolatore generale che aveva preceduto la convenzione con il privato. Del resto, il
contenuto del PIRUEA, come modificato nel 2009, era stato integralmente recepito dal
nuovo piano regolatore generale, definitivamente approvato nel 2013. Dovrebbero
escludersi, dunque, le richiamate violazioni di legge e la ritenuta illegittimità
dell’autorizzazione.
Quanto all’area UMI, l’ordinanza impugnata avrebbe correttamente ritenuto la stessa
destinata alla costruzione di parcheggi pubblici – contrariamente all’originaria
prospettazione accusatoria, secondo cui aveva destinazione agricola – e ricompresa nella
nozione di “degrado” quale emerge dalla giurisprudenza amministrativa, nel senso di
consentire interventi in zone di espansione, se necessari per assicurare l’unitarietà e la
funzionalità dell’urbanizzazione di un territorio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso è infondato.
3.1. – Il primo motivo di doglianza – con cui si contesta la violazione dell’art. 4 della
legge regionale n. 23 del 1999, sul rilievo che non si sarebbero considerati gli intenti

conto delle trasformazioni urbane, delle nuove dotazioni infrastrutturali, della riconversione

speculativi della società che provvedeva all’operazione, pur in presenza di uno sbilancio, a
sfavore della finanza pubblica, di almeno 10 milioni di euro – è infondato.
Non vi è dubbio che l’art. 30 del d.P.R. n. 380 del 2001, nel prescrivere che la
lottizzazione debba essere conforme alla legge, non limiti detta conformità ai soli aspetti
strettamente urbanistici. Nondimeno non può essere condivisa l’interpretazione del pubblico
ministero ricorrente, secondo cui il programma di riqualificazione urbanistica avrebbe potuto
essere accettato dal Comune solo a condizione che recasse un vantaggio finanziario. In

fattispecie in esame ratione temporis, prevede testualmente che «Il programma integrato
è predisposto dal Comune ovvero presentato al Comune da soggetti pubblici o privati
singolarmente o riuniti in consorzio o associati tra loro e deve contenere: a) gli elaborati
grafici necessari, in rapporto agli interventi previsti, tra quelli indicati dall’articolo 2, della
legge regionale 27 giugno 1985, n. 61, nonché, qualora il programma integrato comporti
variazioni alla strumentazione urbanistica comunale, le modifiche alle cartografie e alle
normative conseguenti, b) un eventuale atto unilaterale d’obbligo ovvero uno schema di
convenzione avente il seguente contenuto minimo: 1) i rapporti intercorrenti tra i soggetti
pubblici o privati e il Comune per l’attuazione degli interventi; 2) il piano finanziario con la
ripartizione degli oneri, distinguendo tra risorse finanziare private ed eventuali risorse
finanziarie pubbliche; 3) le garanzie di carattere finanziario; 4) i tempi di realizzazione del
programma; 5) la previsione di sanzioni in caso di inadempimento degli obblighi assunti; c)
la documentazione catastale e quella attestante la proprietà o disponibilità delle aree e degli
edifici interessati dal programma; d) la relazione illustrativa che deve precisare in
particolare: 1) la rappresentazione del programma in termini economici sintetici con
particolare riguardo ai benefici derivanti ai soggetti pubblici e agli altri soggetti attuatori; 2)
il piano finanziario di attuazione; 3) l’eventuale variazione al dimensionamento del piano
regolatore vigente che il programma integrato comporta». Si tratta, già a prima vista, di
una disposizione evidentemente ispirata alla ratio di consentire la compartecipazione
pubblico-privata alla riqualificazione urbanistica, edilizia ed ambientale di parti del territorio
comunale, perché la stessa non addossa ai soli soggetti privati il finanziamento delle opere
da realizzare, ma prevede espressamente una ripartizione degli oneri, distinguendo tra
risorse finanziare private ed eventuali risorse finanziarie pubbliche. Ed è a tale scopo che il
programma integrato deve contenere il piano finanziario, con le relative garanzie, mentre
la relazione illustrativa deve specificare il piano finanziario di attuazione nonché
l’illustrazione dei benefici derivanti ai soggetti pubblici e agli altri soggetti. Laddove per
“benefici” non possono che intendersi quelli di carattere urbanistico-territoriale, consistenti
nelle trasformazioni urbane, nelle nuove dotazioni infrastrutturali, nella riconversione di beni
pubblici altrimenti non disponibili. In altri termini, il fatto che al PIRUEA debba essere

particolare, l’art. 4, comma 1, della legge regionale n. 23 del 1999, applicabile alla

allegato un piano finanziario non implica che l’operazione debba avere una convenienza per
il Comune valutabile in termini strettamente economici. Tale interpretazione si pone in
armonia con la ratio generale della legge regionale, finalizzata a disciplinare la formazione
e l’attuazione dei programmi integrati, per la riqualificazione urbanistica, edilizia ed
ambientale di parti del territorio comunale, «attraverso: a) il riordino degli insediamenti
esistenti e il ripristino della qualità ambientale anche attraverso l’ammodernamento delle
urbanizzazioni primarie e secondarie e dell’arredo urbano; b) il riuso di aree dismesse,

dell’edificato» (art. 1). Ed è, del resto, pacifico nel caso di specie che l’intervento, per il
quale sono stati utilizzati sia risorse pubbliche che risorse private, abbia comunque natura
pubblicistica, perché nel suo ambito è stato costruito il palazzo di giustizia, oltre ad altri
edifici destinati a uffici pubblici. Deve essere, dunque, riaffermato il seguente principio di
diritto (desumibile da Cass., Sez. 3 n. 35083 del 14/04/2016, oltre che da Cons. St., Sez.
4, n. 2985 del 16/06/2008): «Quanto ai programmi integrati comunali, l’interesse pubblico
si definisce come interesse alla riqualificazione urbana e ambientale, che deve essere
caratterizzato dalla rilevante valenza urbanistica ed edilizia e non come interesse del
Comune a conseguire un vantaggio sul piano finanziario».
Né può essere condivisa l’affermazione del pubblico ministero secondo cui nel caso
di specie non vi sarebbe alcun piano finanziario, perché lo stesso è contenuto nell’art. 5 del
PIRUEA, ritenuto sufficiente a tal fine dal Tribunale, con valutazione di fatto insindacabile in
sede di legittimità, visto il limite imposto dall’art. 325, comma 1, cod. proc. pen. E,
contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente, la circostanza che la delibera regionale di
approvazione dell’atto comunale, del 26 marzo 2004, abbia avuto per oggetto le sole
disposizioni urbanistiche del PIRUEA, nulla ha a che vedere con la legittimità complessiva
dell’intervento, perché, del tutto correttamente, detta delibera riserva alla competenza
comunale la verifica di ammissibilità dell’intervento stesso, con riguardo all’interesse
economico; verifica che il Comune ha condotto con esito evidentemente positivo.
3.2. – Anche il secondo motivo di ricorso – con cui si contesta l’applicazione degli
artt. 30 e 44 del d.P.R. n. 380 del 2001, sul rilievo che il Tribunale avrebbe operato una
inammissibile distinzione tra piano di recupero e piano di lottizzazione, ritenendo
l’inapplicabilità della tutela penale in relazione al primo di tali strumenti – è infondato.
Deve premettersi che la tutela penale si applica in astratto non solo ai piani di
lottizzazione in senso stretto, ma anche ai piani o programmi di recupero, perché anche con
tali piani può essere realizzata una lottizzazione abusiva e gli artt. artt. 30 e 44, comma 1,
lettera c), del d.P.R. n. 380 del 2001 non escludono la loro applicabilità a particolari
categorie di atti, essendo finalizzati alla tutela sostanziale del corretto assetto del territorio.

degradate, inutilizzate, a forte polarizzazione urbana, anche mediante il completamento

Ciò posto, deve rilevarsi, quanto al caso in esame, che contrariamente a quanto
ritenuto dal pubblico ministero, l’ordinanza impugnata, non si fonda sull’affermazione della
inapplicabilità ai piani di recupero della tutela penale, ma sulla conformità in concreto del
PIRUEA agli strumenti urbanistici e alle leggi. Né può assumere valenza, in senso contrario,
la circostanza che nel caso di specie vi siano state imponenti opere di urbanizzazione, con
la realizzazione dì un intero quartiere. Si tratta, infatti, di un dato fattuale adeguatamente
valutato dal Tribunale, il quale ha ricondotto l’intervento nel suo complesso al recupero

3.3. – E le considerazioni sopra svolte si attagliano anche al terzo motivo di doglianza,
con cui si ribadisce che la convenzione con il privato collegata al PIRUEA ha causa illegale,
perché contraria alla normativa che regola l’intervento urbanistico convenzionale;
circostanza – come visto – smentita dal Tribunale, laddove l’intervento è considerato
legittimo nel suo complesso. Ed è parimenti infondata l’affermazione del pubblico ministero
secondo cui, in presenza di un PIRUEA illegittimo, avente valenza di piano particolareggiato,
sarebbero illegittime anche le conseguenti modificazioni del sovrastante PRG. Come
evidenziato dal Tribunale, allo stato attuale non vi sono elementi per ritenere che l’esercizio
delle competenze pubbliche sia stato illegittimo, trattandosi dell’approvazione di una
variante al piano regolatore generale che aveva preceduto la convenzione con il privato. In
ogni caso, il contenuto del PIRUEA, come modificato nel 2009, è stato integralmente recepito
dal nuovo piano regolatore generale, definitivamente approvato nel 2013.
3.4. – Infondato è anche il quarto motivo, con cui si critica la ricostruzione
interpretativa del Tribunale secondo cui sarebbe legittima l’inclusione nel PIRUEA della zona
UMI 5. Il pubblico ministero muove, infatti, da uno scorretto presupposto interpretativo, là
dove attribuisce rilievo alla circostanza che tale zona recava soltanto una cabina elettrica,
che occupava un’area di soli 400 mq, su un totale di 16.419 mq e non aveva, comunque,
natura pertinenziale rispetto al vecchio stabilimento industriale, perché esterna ad essa e di
proprietà pubblica.

dell’area degradata nella quale si trovava il grande edificio industriale abbandonato.

Con valutazione fattuale insindacabile in questa sede, il Tribunale ha ritenuto che
l’area in questione deve essere ritenuta ricompresa nelle finalità di riqualificazione. Ha, in
particolare, affermato che la stessa era destinata alla costruzione di parcheggi pubblici,
contrariamente all’originaria prospettazione accusatoria, secondo cui aveva destinazione
agricola, e ha richiamato a tal fine il principio, affermato dalla giurisprudenza
amministrativa, secondo cui il concetto di “recupero di aree degradate” deve essere
interpretato in senso ampio, consentendo di ricomprendervi anche aree che oggettivamente
non siano degradate, a condizione che la loro utilizzazione sia funzionale al recupero delle
aree effettivamente degradate, come avvenuto nel caso di specie, secondo la valutazione
del Tribunale. Infatti, come già evidenziato, la finalità dei programmi integrati è quella

9

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dell’effettivo recupero degli immobili fatiscenti e della riqualificazione urbana di aree
degradate e il loro contenuto deve essere valutato nel suo complesso con riferimento a tale
finalità (ancora, Cons. St., Sez. 4, n. 2985 del 16/06/2008); cosicché sono consentiti
interventi in zone di espansione, se necessari per assicurare l’unitarietà e la funzionalità
dell’urbanizzazione di un territorio.
3.5. – Manifestamente infondato è, infine, il quinto motivo di doglianza, relativo al
parere della Soprintendenza competente. Il ricorrente ritiene che tale parere sarebbe

tecniche di attuazione del PIRUEA; con la conseguenza che non avrebbe potuto essere
modificato legittimamente mediante il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica dell’11
maggio 2005, trattandosi di un provvedimento non idoneo a modificare uno strumento
urbanistico dotato di forza regolamentare.
Deve rilevarsi che la prospettazione del ricorrente non tiene conto della circostanza
che il primo parere era inserito nelle norme tecniche di attuazione del PIRUEA e non nelle
norme tecniche di attuazione del sovrastante PRG. Esso non ha perciò acquisito una
resistenza passiva particolare, tanto da poter essere modificato da successive
determinazioni, più favorevoli, della stessa Sovrintendenza, poi recepite nel caso di specie,
con l’intervento – non contestato neanche dallo stesso pubblico ministero ricorrente – della
successiva pianificazione del 2013.
4. – Il ricorso, conseguentemente, deve essere rigettato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso del pubblico ministero.
Così deciso in Roma, il 24 ottobre 2017.

vincolante, perché ha assunto la veste di una prescrizione inserita nell’art. 22 delle norme

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