Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18905 del 24/10/2017


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 18905 Anno 2018
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Morrone Carmela nata a Macerata Campania il 29 luglio 1957
avverso l’ordinanza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere del 20 marzo 2017,
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro M. Andronio;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Paolo
Canevelli, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. – Con ordinanza del 20 marzo 2017, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha
rigettato l’istanza di riesame presentata dalla ricorrente, confermando il decreto del 22
dicembre 2016, emesso dal Giudice per le indagini preliminari presso il medesimo Tribunale,
con cui veniva disposto il sequestro preventivo di un manufatto abusivo, realizzato in zona
paesaggisticamente vincolata, su un’area di proprietà dell’indagata.
2. – Avverso l’ordinanza l’indagata ha proposito, tramite il difensore, ricorso per
cassazione.
2.1. – Con un primo motivo di doglianza, si lamentano l’inosservanza e l’erronea
applicazione della legge penale, nonché vizi della motivazione in riferimento agli artt. 324,
comma 7, e 309, comma 10, cod. proc. pen., perché l’ordinanza impugnata non avrebbe
tenuto conto delle censure poste dalla difesa, in particolare quelle relative alla mancanza di
motivazione autonoma del provvedimento di sequestro, sia in ordine all’esistenza del fumus,
che del periculum in mora. L’ordinanza impugnata si sarebbe limitata ad affermare che il
Giudice delle indagini preliminari aveva richiamato “per relationem” la richiesta del Pubblico

Data Udienza: 24/10/2017

ministero, esprimendo, sebbene in forma sintetica, un’autonoma valutazione. Questa
affermazione contrasterebbe, secondo il ricorrente, con quanto previsto dalla sentenza n.
18954 del 2016 delle Sezioni Unite, secondo cui il Tribunale del riesame avrebbe il dovere
di annullare il provvedimento impugnato, in mancanza della motivazione o di un’autonoma
valutazione degli elementi che costituiscono il fondamento del provvedimento cautelare.
2.2. – In secondo luogo, si contestano violazione di legge e vizi della motivazione,
dal momento che il provvedimento impugnato non avrebbe risposto alla censura difensiva

affermare che il ruolo del giudice del riesame sarebbe circoscritto, in questa fase, alla
verifica della sussumibilità della fattispecie concreta in quella astratta. Secondo la
prospettazione difensiva, invece, spetterebbe al giudice il dovere di valutare, in ogni caso,
tutte le deduzioni difensive.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso è inammissibile.
3.1. – Il primo motivo – relativo alla valutazione della motivazione del provvedimento
di sequestro preventivo intorno all’esistenza del
manifestamente infondato. Nel caso

di

fumus e del periculum in mora – è

specie,

l’ordinanza impugnata

affronta,

coerentemente, la doglianza difensiva – poi sostanzialmente reiterata con il ricorso per
cassazione – affermando che la motivazione del decreto di sequestro preventivo – sebbene
sintetica e riferita alla ricostruzione dei fatti contenuta nella richiesta del Pubblico ministero
– dimostra un’autonoma e personalizzata valutazione delle posizioni degli imputati;
valutazione che tiene espressamente conto sia della consistenza delle attività edilizie svolte,
sia dell’aggravamento delle conseguenze dannose del reato. E va ribadito che, in tema di
motivazione dei provvedimenti cautelari reali, non è preclusa al giudice, sebbene nell’ambito
di una necessaria valutazione autonoma e indipendente, la possibilità di potere richiamare
“per relationem” le ragioni per cui si ritiene configurata l’integrazione dei presupposti
normativi necessari all’adozione della misura cautelare (ex plurimis, Sez. 3, 18 ottobre

relativa alla carenza dell’elemento soggettivo del reato. Il Tribunale si sarebbe limitato ad

2016, n. 2257).
3.2. – Anche il secondo motivo di ricorso – concernente la carenza dell’elemento
soggettivo del reato – è manifestamente infondato. In sede di riesame dei provvedimenti
che dispongono misure cautelari reali, ai fini dell’accertamento del fumus, al giudice è
demandata una valutazione sommaria degli elementi costitutivi della fattispecie contestata.
Ne consegue che il giudice può rilevare anche il difetto dell’elemento soggettivo del reato,
ma solo che questo emerge ictu ()culi, in modo evidente e chiaro. Ogni accertamento più
approfondito, così come correttamente ricordato dall’ordinanza impugnata, è riservato alla
successiva fase di merito (ex plurimis, Sez. 2, 22 aprile 2016, n. 18331). Ed è superfluo
aggiungere che l’indagata è la proprietaria del manufatto abusivo, evidentemente

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&

interessata alla sua costruzione, e che la difesa non fornisce – neanche in via di mera
prospettazione – concreti elementi da cui possa desumersi che la stessa ignorava l’attività
edilizia abusiva.
4. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e
rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia
proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art.

della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 2.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 24 ottobre 2017.

616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento

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