Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18904 del 10/04/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 18904 Anno 2013
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: CASUCCI GIULIANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ALLEGRO SALVATORE N. IL 11/05/1956
avverso l’ordinanza n. 370/2012 TRIB. LIBERTA’ di
CALTANISSETTA, del 30/10/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere D . GIULIANASUCCI;
/sentite le conclusioni del PG Dott.
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Data Udienza: 10/04/2013

RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 30 ottobre 2012, il Tribunale di Caltanissetta, sezione per il
riesame, annullava l’ ordinanza impugnata limitatamente ai reati di cui ai capi I) e
II) disponendo in relazione al essi la formale scarcerazione di Allegro Salvatore;
confermava nel resto il provvedimento impugnato con il quale il GIP in sede aveva
disposto la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti del medesimo
perché gravemente indiziato dei reati di frode informatica di cui alli art. 640-ter u.c.

110, 416-bis cod. pen. (capo IV).
Il Tribunale, rammentato lo sviluppo delle indagini nel settore dei giochi e delle
scommesse per alterazione o sostituzione delle schede degli apparecchi sì da
sottrarre denaro all’ Erario (attraverso l’ interruzione del flusso delle informazioni
sul numero delle giocate tramite il collegamento alle rete del Monopoli) e da ridurre
il numero delle vincite che devono essere garantite per ogni ciclo di partite,
confermava la valutazione di gravità indiziarla per i delitti indicati sulla scorta delle
dichiarazioni dei collaboratori Agesilao Mirisola e Carlo Alberto Ferrauto che
concordemente indicavano Allegro Salvatore come imprenditore colluso (assieme al
figlio Matteo) con la “famiglia” mafiosa di Caltanissetta tramite Giuseppe Dell’ Asta,
che, sfruttando la capacità di intimidazione dell’ associazione criminale, si imponeva
nel territorio in posizione dominante nella gestione degli apparecchi da gioco
indicati come “taroccati”, circostanza quest’ ultima che aveva trovato conferma
nella consulenza tecnica eseguita su incarico del P.M.; sostanziali conferme su tali
meccanismi di imposizione venivano dalle dichiarazioni dei collaboratori Francesco
Ercole lacona e Carmelo Barbieri, nonché di quelle di Pietro Riggio. La posizione
dominante sul marcato e l’ ingente patrimonio mobiliare e immobiliare facente capo
al nucleo familiare Allegro forniva conferma delle convergenti dichiarazioni dei
collaboratori. Il ruolo mantenuto all’ interno dell’ azienda da Salvatore Allegro
(nonostante assunzione del ruolo di responsabile da parte del figlio Matteo)
convinceva della sua perdurante adesione al metodo gestionale instaurato fin da
quando l’ azienda era nella sua piena disponibilità.
Le intercettazioni telefoniche effettuate in concomitanza

dell’ esecuzione di

perquisizioni effettuate negli esercizi nisseni, dove erano installati gli apparecchi da
gioco davano conto dei contatti tra Allegro Matteo e Angotti Marco (a conferma di
quanto riferito sui rapporti fra i due da Iacona e Barbieri). Quanto alla posizione
specifica del Salvatore Allegro venivano poste in evidenza le intercettazioni
telefoniche tra Sollami (gestore del campo di tiro a segno frequentato dal
ricorrente) e quest’ ultimo noncl„-it fra questi, la moglièseparata e il figlio Matteo e l’
ambientale in occasioneàle assieme al cugino Paolo Vitale discorrono
apertamente dell’ alterazione degli apparecchi e della vicinanza e dell’ appoggio che

cod. pen. (capo III) e di concorso esterno in associazione mafiosa di cui agli artt.

godevano da appartenenti alla Guardia di Finanza, circostanze tutte

che,

unitamente alla condivisione degli interessi economici, convincevano della
sussistenza della gravità indiziaria.
Contro tale decisione ha proposto tempestivo ricorso l’ indagato, a mezzo dei
difensori, che ne ha chiesto l’ annullamento per i seguenti motivi:
– violazione dell’ art. 606 lett. b) ed e) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 110,
416-bis cod. pen., 187 e 192 cc. 3 e 4 cod. proc. pen. perché, rammentata l’
per la quale la necessità della dimostrazione che l’ estraneo, pur in assenza dell’
affectio societatis, deve pur sempre agire per il raggiungimento dei medesimi scopi

che si propone

htraneo, osservava che le dichiarazioni

de relato dei collaboratori

Mirisola (il quale ferma il suo contributo di conoscenza al 2004) e Ferrauto (che lo
limita a periodo 2002-2007) per la loro genericità e per la mancanza di sostanziale
conforto nelle dichiarazioni delle fonti dirette (Iacona, Barbieri e Riggio che hanno
fornito informazioni solo sui membri del sodalizio interessati al settore e sull’
assenza di libertà di iniziativa nell’ installazione delle macchine da gioco e sulla loro
alterazione) erano state valutate in maniera del tutto illogica dal Tribunale anche
perché Riggio aveva espressamente escluso il coinvolgimento del ricorrente in
dinamiche mafiose (come affermato a pag. 9 dell’ ordinanza), tanto più che si è
omesso di dare conto di quanto riferito da Iacona sull’ utilizzo di altra persona (tale
Angelo “torinese”) per la gestione del settore da parte dell’ associazione criminale.
Nulla l’ ordinanza spiega in ordine al dolo, perché valorizza solo la finalità dell
imprenditore di espandere e rafforzare la propria attività economica. Nonostante l’
accertata cessazione dell’ attività di gestione dell’ azienda, si espande la
permanenza della condotta senza alcuna giustificazione. Contraddittoriamente si
esclude la gravità indiziaria in ordine al delitto di cui all’ art. 513-bis cod. pen e si
mantiene l’ addebito di concorso esterno;
– violazione dell’ art. 606 lett. b) cod. proc. pen. in relazione alli art. 640-ter cod.
pen. in quanto gli apparecchi da gioco “comma 7 art. 110 TULP” non appartengono
alla categoria

new slot e come tali sono inidonei a qualsiasi integrazione con il

sistema informatico o telematico, non può essere quindi considerato come integrato
in un “sistema informatico”. Sotto altro profili non si è tenuto conto chek macchine
“comma 7” sono sottoposte a tassazione forfettaria annuale denominata ISI. L’
illegale trasformazione comporta che con essa si esercita abusivamente il gioco d’
azzardo, esercizio che tuttavia non determina la sottrazione ad alcuna tassazione
proporzionale, perché essa è prevista per le macchine c.d. “comma 6” con le quale
si esercita tipologia di gioco lecito di intrattenimento.

evoluzione giurisprudenziale in tema di concorso esterno in associazione mafiosa

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso:
1.1. è infondato per la parte in cui afferma che Mirisola rende dichiarazioni
esclusivamente de relato su quanto appreso da Agostino Cimino, perché l’
ordinanza ha specificato che il collaboratore all’ udienza del 2.4.2012 aveva riferito
di aver conosciuto Salvatore Allegro quando si occupava personalmente della
gestione dell’ azienda “per facilitare la quale aveva chiesto l’ appoggio della famiglia

coltivato e che constava direttamente al dichiarante, il quale aggiungeva che in
cambio dell’ appoggio Matteo versava ai Dell’ Asta una quota degli incassi oltre a
una somma periodica;
1.2. analogamente è infondato in relazione alle dichiarazioni di Ferrauto il quale
(secondo quanto indicato nell’ ordinanza), se ha spiegato di non aver conosciuto
personalmente Salvatore Allegro, ha riferito circostanze da lui direttamente
verificate in ordine agli stretti rapporti fra Matteo e Ciulla (costituente contatto con
Di Marca, cognato di Giuseppe Dell’ Asta) nonché con Marco Angotti soggetto vicino
anche a Riggio e Barbieri;
1.3. è inammissibile per la parte ibcui addebita al Tribunale di aver omesso di
valutare una dichiarazione di Iacona e risultante dal verbale del 27.11.2009 (di cui
si riportava uno stralcio dal quale risulterebbe che la persona favorita dall’
associazione nissena era tale Angelo “torinese”), perché l’ addebito di travisamento
della prova per omissione è stato dedotto per la prima vola in questa sede, in
ipotesi di c.d. doppia conforme.
Come noto, la formula novellata dell’ art. 606 c. 1 lett. e) c.p.p. ha introdotto come
nuova ipotesi di vizio della motivazione (oltre alla mancanza e alla manifesta
illogicità) la contraddittorietà della stessa, risultante non soltanto dal testo del
provvedimento impugnato, ma anche “da altri atti del processo specificamente
indicati nei motivi di gravame”. Il dato normativo lascia inalterata la natura del
controllo del giudizio di cassazione, che può essere solo di legittimità. Non si fa
carico alla Suprema Corte di formulare un’ ulteriore valutazione di merito. Si
estende soltanto la congerie dei vizi denunciabili e rilevabili. Il nuovo vizio è quello
che attiene sempre alla motivazione ma che individua come tertium comparationis,
al fine di rilevarne la mancanza l’ illogicità o la contraddittorietà, non solo il testo
del provvedimento stesso ma “altri atti del processo specificamente indicati nei
motivi di gravame”. L’ espressione adottata (“altri atti del processo”) deve essere
interpretata non nel senso, limitato, di atti a contenuto valutativo (come gli atti di
impugnazione e le memorie difensive) ma anche in quello di atti a contenuto
probatorio (come i verbali) al fine di rimediare al vizio della motivazione dipendente
dalla divaricazione tra le risultanze processuali e la sentenza. La novella normativa

mafiosa tramite Giuseppe Dell’ Asta”, frequentazione che il figlio Matteo aveva

introduce così due nuovi vizi definibili come: 1) travisamento della prova, che si
realizza allorché nella motivazione della sentenza si introduce un’ informazione
rilevante che non esiste nel processo; 2) omessa valutazione di una prova decisiva
ai fini della pronuncia. Attraverso l’ indicazione specifica della prova che si assume
travisata o omessa si consente alla corte di cessazione di verificare la correttezza
della motivazione (sotto il profilo della sua non contraddittorietà e completezza)
rispetto al procedimento. Questo ovviamente nel caso di decisione difforme da

devolutum non può essere valicato ipotizzando recuperi in sede di legittimità
(Cass.- Sez. 2, 22.3-20.4.2006 n. 13994; Cass. Sez. 2. 12-22.12.2006 n. 42353;
Cass. Sez. 2, 21.1-7.2.2007 n. 5223). Il ricorrente avrebbe quindi dovuto
dimostrare di aver rappresentato con l’ appello il risultato probatorio del
dibattimento per poter poi denunciare il vizio di mancanza di motivazione, in
relazione all’ omessa considerazione delle deduzioni difensive. A tanto non ha
adempiuto incorrendo nel vizio di genericità:
1.4. è infondato per la parte in cui addebita alli ordinanza impugnata di avere
contraddittoriamente riconosciuto che Riggio ha escluso il coinvolgimento del
ricorrente in “dinamiche mafiose”, perché il Tribunale ne ha implicitamente escluso
la rilevanza, allorché ha valorizzato le confluenti dichiarazioni Mirisola e Ferrauto i
rapporti diretti intrattenuti dal figlio Matteo, pur perdurando l’ interessamento del
ricorrente nella gestione dell’ azienda;
1.5. è infondato allorché denuncia omessa motivazione in ordine all’ elemento
soggettivo, perché il Tribunale ne ha giustificato la sussistenza allorché ha spiegato
le ragioni per le quali ha ritenuto che il ricorrente fosse, assieme al figlio,
imprenditore colluso con la mafia, aderenza al principio per il quale la qualificazione
di “imprenditore colluso” con associazioni di tipo mafioso comporta l’esistenza di un
rapporto di reciproci vantaggi consistenti per

l’imprenditore

nell’imporsi nel

territorio in posizione dominante e per il sodalizio criminoso nell’ottenere risorse,
servizi o utilità (Cass. Sez. 1, 30.6.2010 n. 30534); contiguità nel rapporto on il
figlio nella gestione dell’ impresa (desunta anche dalle conversazioni oggetto di
intercettazione) che da conto delle ragioni per le quali la condotta è stata estesa
anche ai periodi successivi al 2004;
1.6. è infondato per la parte in cui denuncia contraddittorietà del ritenuto concorso
esterno con l’ esclusione di gravità indiziaria in ordine al delitto di cui al capo I)
perché la condotta di cui ali’ art. 513-bis cod. pen. è distinta da quella addebitata
per il concorso esterno.

2. Il secondo motivo di ricorso è anch’ esso infondato.

quella di prima istanza. Ed invero in caso di c.d. doppia conforme il limite del

Correttamente il Tribunale si è adeguato alla regola ermeneutica stabilita da questa
Corte con la sentenza n. 27135 del 19.3.2010 della 5^ Sezione penale, che sul
punto ha così motivato:
“Attenendosi alla distinzione opportunamente operata dal Tribunale, cui si è
attenuto anche il ricorrente nell’esposizione delle proprie doglianze, è opportuno
prendere prioritariamente in esame le apparecchiature appartenenti alla tipologia di
cui al settimo comma dell’art. 110, cit. T.U.L.P.S.. Il trattamento di questi, sia al

caratteristiche imposte: le quali devono consistere nella finalità di puro
intrattenimento del gioco, nell’assenza di premi, nella possibilità per il giocatore di
ottenere un prolungamento della partita in funzione dell’abilità espressa. Nel caso
specifico di cui si controverte l’introduzione di una seconda scheda, attivabile a
distanza con esclusione della scheda in dotazione normale, ha comportato uno
stravolgimento delle caratteristiche dell’apparecchio, abilitandolo all’esercizio di un
gioco diverso (quello delle slot machine) che, consentendo la vincita di premi in
denaro, è riconducibile alla tipologia del gioco d’azzardo.
Al quesito se tale modificazione possa considerarsi integrare il delitto di frode
informatica, di cui all’art. 640 ter c.p., deve darsi risposta affermativa. La norma
incriminatrice s’indirizza a sanzionare la condotta di chi “alterando in qualsiasi modo
il funzionamento di un sistema informatico e telematico o intervenendo senza diritto
con qualsiasi modalità su dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema
informatico o telematico o ad esso pertinenti, procura a sé o ad altri un ingiusto
profitto con altrui danno”; orbene, poiché la scheda originariamente contenuta
nell’apparecchio così modificato era la sede del software del sistema informatico
complessivo costituente l’impianto di gioco (al quale non era essenziale una
componente telematica, non prevista come obbligatoria dal citato art. 110, comma
7, cit. T.U.L.P.S.), è innegabile che la sostituzione di essa abbia comportato
l’attivazione di un diverso programma e, per tal via, quella “alterazione del
funzionamento di un sistema informatico” che la norma penale è finalizzata a
reprimere. Non rileva, cioè, il fatto che il software contenuto nella scheda originaria
sia rimasto inalterato e possa operare regolarmente una volta riattivato: ciò che
risulta alterato, nel caso in esame, è il funzionamento del sistema informatico nel
suo complesso, in dipendenza della sostituzione del software con altro
diversamente operante: a ciò non essendo di ostacolo la reversibilità della modifica.
Né si richiede necessariamente, ai fini della configurabilità della frode, che vi sia un
intervento sui dati, poiché tale ipotesi è prevista dall’alt. 640 ter c.p. in via
alternativa all’alterazione del sistema informatico (come è espresso dall’uso della
congiunzione disgiuntiva “o”); ciò che rileva è invece l’acquisizione di un ingiusto
profitto con altrui danno, che nel caso di cui ci si occupa è ravvisato nell’esercizio

fine del rispetto delle norme di pubblica sicurezza, sia ai fini fiscali, è modulato sulle

nr• I

del gioco d’azzardo senza assoggettarlo al controllo telematico e alla conseguente
tassazione proporzionale.”
E dato ermeneutico

condiviso quello per il quale deve ritenersi “sistema

informatico”, secondo la ricorrente espressione utilizzata nella legge 23 dicembre
1993, n. 547, che ha introdotto nel codice penale i cosiddetti “computer’s crimes”,
un complesso di apparecchiature destinate a compiere una qualsiasi funzione utile
all’uomo, attraverso l’utilizzazione (anche parziale) di tecnologie informatiche, che
dalla “registrazione” o “memorizzazione”, per mezzo di impulsi elettronici, su
supporti adeguati, di “dati”, cioè di rappresentazioni elementari di un fatto,
effettuata attraverso simboli (bit), in combinazione diverse, e dalla elaborazione
automatica di tali dati, in modo da generare “informazioni”, costituite da un insieme
più o meno vasto di dati organizzati secondo una logica che consenta loro di
esprimere un particolare significato per l’utente. La valutazione circa il
funzionamento di apparecchiature a mezzo di tali tecnologie costituisce giudizio di
fatto insindacabile in cessazione ove sorretto da motivazione adeguata e immune
da errori logici. (Cass. Sez. 6, 4.10.1999 n. 3067).
3. Il ricorso deve in conseguenza essere rigettato, con condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
A cura della Cancelleria dovrà provvedersi alla comunicazione del presente
provvedimento al Direttore dell’ istituto dove il ricorrente è ristretto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Si provveda a norma dell’ art. 94 disp. att. cod. proc. pen.
Roma 10 aprile 2013

onsiliere Est.

p

Il Presiden

sono caratterizzate – per mezzo di un’attività di “codificazione” e “decodificazione” –

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