Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18891 del 10/04/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 18891 Anno 2013
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: IANNELLI ENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DEL VECCHIO GIUSEPPE N. IL 05/01/1980
avverso l’ordinanza n. 6698/2012 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
24/09/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ENZO IANNELLI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 10/04/2013

-1- Del Vecchio Giuseppe ricorre per cassazione avverso l’ ordinanza,datata 24.9/9.10.2012 del
tribunale della libertà di Napoli, che confermava la pregressa ordinanza cautelare in carcere emessa
nei di lui confronti dal gip del predetto tribunale in data 17.8.2012 per il delitto di estorsione
continuata aggravata, in concorso ex artt. 81 cpv,110,629 in rei. allOart. 628 comma 3 n. 1 e 3 c.p. e
7 1. n. 203/1991-, deducendo 1′ illegittimità del provvedimento del giudice del riesame in base ad
un triplice ordine di rilievi, i seguenti: a) violazione degli artt. 267 3 comma e 271, per non avere il
P.M. nel decreto che disponeva l’autorizzazione a captazioni ambientali mediante l’apposizione di
microspia all’ interno dei caseificio della persona offesa spiegato le modalità delle operazioni di
apposizione dello strumento audio – visivo; b) nullità dell’ ordinanza cautelare per non essere stato
trasmesso dal P.M. al gip copia dei brogliacci che documentavano le conversazioni intercettate
sull’ utenza di Reccia Daniele nella parte che si traduceva nell’acquisizione di elementi favorevoli
all’ imputato; c) nullità ancora dell’ ordinanza per vizio di motivazione in ordine alla asserita
gravità degli elementi indiziari dalle dichiarazioni, rese senza l’assistenza del difensore, di tale
Pagano Felice,perché inutilizzabili per essere egli indagato per il delitto ex art. 416 bis„ elementi
indiziari depotenziati dal contenuto di conversazione ambientale e telefoniche intercettate che
deporrebbero per l’estraneità del Reccia alla attività estorsiva
Il ricorso non è fondato e pertanto va rigettato.
Invero una volta che sia intervenuta l’autorizzazione ad apporre una microspia all’ interno di un
luogo di privata dimora, sussistendone i presupposti, quelli indicati dall’art. 266, secondo comma,
c.p.p., non vi vede proprio l’esigenza che nel decreto di autorizzazione della captazione vengano
indicate le modalità attraverso le quali lo strumento a ciò funzionale venga introdotto, in assenza di
una specifica disciplina legislativa che indichi i casi e i modi in cui sia consentita la limitazione
della “libertà domiciliare”. Senza dire che il caso è espressamente indicato dall’art. 266, comma 2
cir. ed il modo non può essere preventivamente descritto per doversi configurare l’ introduzione
nel luogo indicato come atto a sorpresa, da compiersi allorché la mutevole, cangiante situazione di
fatto ed ambientale si presenti la più favorevole ali’ intrusione. Peraltro le modalità di attuazione
della operazione può ben verificarsi a posteriori ai fini di un controllo delle già avvenute operazioni
di p.g., che eventualmente si traducessero in una attività di abuso per travalicare i limiti imposti
dalla messa in atto delle postazioni audio visive. Ma sul punto alcun rilievo, su quale avesse dovuto
essere nella specie il modo, viene mosso dalla difesa del ricorrente. Anche se in tanto le modalità
di intrusione potrebbero incidere sulla legittimità e quindi sulla inutilizzabilità delle captazioni in
quanto esse collidano con esigenze che hanno imposto l’ intrusione e quindi la violazione del
domicilio. Esemplificando, in quanto la microspia avrebbe potuto, con la stessa efficacia dei
risultati, collocarsi nelle pertinenze della abitazione e non nei locali interni, ovvero quando viene
posta,sempre all’ interno, ma in spazi in cui già a priori era da escludere ch si potesse svolgere 1
‘azione criminosa che costituisce il presupposto legittimante la violazione de domicilio.
Nemmeno la seconda ragione di doglianza coglie nel segno: invero in tema di riesame delle misure
cautelari, l’obbligo dell’autorità procedente di trasmettere all’ autorità giudiziaria tutti gli elementi
sopravvenuti a favore della persona sottoposta alle indagini va inteso considerando che gli elementi
a favore, cui la norma fa riferimento, sono quelli che hanno un’oggettiva natura favorevole. In
questo senso – fermo restando il libero potere di valutazione del giudice – sono da ritenere elementi
oggettivamente favorevoli le eventuali dichiarazioni di coindagati che scagionino il prevenuto,
mentre non sono da ritenere tali le dichiarazioni rese su aspetti marginali dei fatti incriminati e che
non modifichino nella sostanza la posizione dell’indagato ( Sez. 4, 22.6/19.8.2005, Oreste, Rv.
231749). Ne consegue che a causa della mancata trasmissione di un atto processuale, contenente
elementi favorevoli alla sua difesa, ma non risultanti dalla motivazione dell’ordinanza cautelare,
grava sull’indagato medesimo l’onere di fornire la prova, storica o anche soltanto logica, che Patto

Letti gli atti, l’ ordinanza impugnata il ricorso;
Udita la relazione del cons. Enzo Jannelli;
udito il S. Procuratore Generale,Maria Giuseppina Fodaroni, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

Così deciso in Roma il 10.4.2013

non trasmesso contenesse tali elementi.( Sez. 3, 17.1/27.2.2009, Mancini, Rv. 238995), mentre
l’obbligo previsto dal secondo comma dell’art. 292, lett. e bis) cod. proc. pen., di esporre i motivi
per i quali non sono ritenuti rilevanti gli elementi addotti dalla difesa è imposto sia al giudice che
emette l’ordinanza sia al tribunale della libertà che rigetta la richiesta di riesame, allorchè tali
elementi siano prospettati dinanzi a quest’ultimo, sempre che essi abbiano una oggettiva natura
favorevole e non solo possano apparire favorevoli in forza di argomentazioni o ricostruzioni logiche
( già in tal senso Sez. 1, 16/3/1998, Hammani; Sez. 4, 10/6/1997 Orges; Sez. 6, 2/12/1997,
Notarianni). Nel caso di specie ai rilievi difensivi può replicarsi nel modo seguente: da un lato, in
tema di riesame, l’omesso deposito del cosiddetto “brogliaccio di ascolto e dei “files” audio delle
registrazioni di conversazioni oggetto di intercettazione non è sanzionato da nullità o
inutilizzabilità, dovendosi ritenere sufficiente la trasmissione, da parte del P.M., di una
documentazione anche sommaria ed informale, che dia conto sinteticamente del contenuto delle
conversazioni riferite negli atti di polizia giudiziaria, fatto salvo l’obbligo del Tribunale di fornire
congrua motivazione in ordine alle difformità specificamente indicate dalla parte fra i testi delle
conversazioni telefoniche richiamati negli atti e quelli risultanti dall’ascolto in forma privata dei
relativi “files” audio.. Dall’altro, come osservato anche dal gip, 1 ‘intercettazione sull’utenza di
Reccia Daniele, persona offesa, non era per nulla influente ai fini ricostruttivi del fatto, perché la
mancanza di contatti telefonici tra l’ indagato e la persona offesa non depotenziava certo il disvalore
da attribuire ai contatti de visu tra estortore ed estorto avvenuti con altre, acquisite dalla p. g.,
modalità
La terza ragione di doglianza, nella misura in cui svolge il tentativo di dare una interpretazione
alternativa al contenuto di conversazioni ambientali e telefoniche, senza che tale operare si
traduca nella critica volta a denunciare di manifesta infondatezza la ricostruzione giudiziale, è
chiaramente inammissibile in sede di legittimità. Rimane ben fermo in proposito il richiamo nell’
ordinanza al contenuto della telefonata tra Reccia Raffaele e Reccia Daniele Nicola, la persona
offesa, nel contesto della quale i due fratelli si riferiscono con particolare chiarezza alla estorsione
in atti, ed al ruolo specifico di Del Vecchio Giuseppe, dal soprannome ” Peppe Mandarino”.
La parte privata che ha proposto il ricorso deve essere condannata, ex art. 616 bc.p.p., al
pagamento delle spese del procedimento.
P .Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Si provveda
a nonna dell’art. 94 disp. att. c.p.p.

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