Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18890 del 10/04/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 18890 Anno 2013
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: IANNELLI ENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI GIULIO CESARE GIACOMO N. IL 28/04/1949
avverso la sentenza n. 7734/2012 TRIB. LIBERTAt di NAPOLI, del
29/10/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ENZO IANNELLI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 10/04/2013

-1- Di Giulio Cesare Giacomo ricorre per cassazione avverso l’ ordinanza,datata 29.10/2.11.2012
del tribunale della libertà di Napoli, che confermava la pregressa ordinanza cautelare in carcere
emessa nei di lui confronti dal gip del predetto tribunale in data 10.10.2012 per il delitto di usura
aggravata continuata — ex artt. 81 cpv,110,644 1,3,e 5 comma n. 3 e 4 c.p.- ai danni del’
imprenditore Cilento Pasquale, imprenditore in stato di bisogno, deducendo l’ illegittimità del
provvedimento del giudice del riesame per la manifesta illogicità della motivazione sia in relazione
alla gravità degli indizi, sia in relazione al ritenuto pericolo di reiterazione del reato, specie per il
diverso trattamento sanzionatorio che avrebbe ricevuto un coindagato, Ingegno Gaetano, a cui
sarebbero stati concessi gli arresti domiciliari.
Il ricorso è inammissibile perché oltremodo generico.
Invero, a fronte di un discorso giustificativo giudiziale che fa perno sulle precise e concordanti
dichiarazioni della persona offesa, sugli esiti delle indagini bancarie, nonché sulle dichiarazioni
confermative di un coindagato, Ingegno Pino, letteralmente riportate in motivazione, il prevenuto si
limita a contestare genericamente sia il fumus che il periculum libertatis, senza alcun riferimento al
concreto processuale, tale che il ricorso potrebbe essere posto a sostegno di qualsiasi ordinanza di
riesame che tratti del delitto di usura. Né diversa sorte merita la censura che mira a sottolineare una
disparità di trattamento in relazione ad una diversa posizione processuale per 1 ‘impossibilità di
comparare situazioni di fatto similari, a fronte delle generiche censure ed in merito agli indizi a
carico dell’ uno e dell’altro. Senza dire poi che il vizio di eccesso di potere, tipica figura propria
del!’ ordinamento amministrativo, con difficoltà può travasarsi nel contesto processual —penalistico
dove il giudizio personale nei confronti di un indagato/imputato deve rimanere ben fermo anche a
fronte di una in tesi errata valutazione, non sottoposta a contestuale giudizio, nei confronti di altro
prevenuto.
La parte privata che ha proposto il ricorso deve essere condannata al pagamento delle spese del
procedimento, nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità, al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di mille euro, così
equitativainente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di mille euro alla cassa delle ammende. Si provveda ai sensi
dell’art. 94 disp. att. c.p.p.
Così deciso in Roma il /142013
Il C

i iere tel.

Il President

Letti gli atti, 1′ ordinanza impugnata,i1 ricorso;
Udita la relazione del cons. Enzo Jannelli;
udito il S. Procuratore Generale,Maria Giuseppina Fodaroni, per l’ inammissibilità del ricorso.

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