Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18885 del 12/10/2017


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 18885 Anno 2018
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: GENTILI ANDREA

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NASTRO Luigi, nato a Pompei (Na) il 16 luglio 1979;
NASTRO Giuseppe, nato a Gragnano (Na) il 12 aprile 1956;

avverso la sentenza n. 4765/15 della Corte di appello di Napoli del 4 giugno 2015;

letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e i ricorsi introduttivi;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Andrea GENTILI;

sentito il PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. sante SPINACI, il
quale ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

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Data Udienza: 12/10/2017

RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 4 giugno 2015, la Corte di appello di Napoli ha rigettato
la impugnazione proposta da Nastro Giuseppe e Nastro Luigi avverso la
sentenza con la quale, il precedente 16 dicembre 2013 il Tribunale di Torre
Annunziata, Sezione distaccata di Gragnano, li aveva dichiarati colpevoli dei
reati di cui agli artt. 81, cpv, cod. pen., 44, lettera C), del dPR n. 380 del
2000, 181, comma 1-bis, del dlgs n. 42 del 2004 e 734 cod. pen., per avere

conseguito il necessario nullaosta paesaggistico, delle opere di completamento
di un preesistente immobile abusivo, consistenti nella posa in opera dei
rivestimenti, degli infissi e dei servizi, in zona soggetta a vincolo
paesaggistico, e li aveva, pertanto, condannati, il primo, concesse le
attenuanti generiche, alla pena di mesi 6 di reclusione, coi doppi benefici, il
secondo, ritenuta la continuazione coi reati giudicati con una precedente
sentenza della Corte di appello di Napoli del 18 dicembre 2008, alla pena in
aumento di mesi 4 di reclusione, rideterminando, pertanto, in anni 2 e mesi
10 di reclusione la sanzione a lui complessivamente inflitta.
Avverso tale sentenza hanno interposto ricorso per cassazione, assistiti
dal comune difensore di fiducia, i due prevenuti, con separati atti sebbene di
identico contento.
Nastro Giuseppe ha impugnato la sentenza della

Corte

partenopea

deducendone la illegittimità sotto i seguenti profili:
difetto di motivazione in ordine alla stessa affermazione della penale
responsabilità del prevenuto a fronte delle indicate dichiarazioni del
coimputato il quale si è assunto la responsabilità dei fatti per cui è processo;
difetto di motivazione in ordine alla mancata applicazione della speciale causa
di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen.; violazione di legge quanto
alla mancata dichiarazione di estinzione dei reati ai sensi degli artt. 157 e 160
cod. pen.; violazione di legge, riguardo all’art. 649 cod. proc. pen., per non
avere la Corte tenuto conto dell’avvenuto avvio di un procedimento
amministrativo volto a sanzionare le medesime condotte contestate in sede
penale, con conseguente violazione del principio del ne bis in idem.
Parimenti argomentato anche il ricorso di Nastro Luigi.
CONSIDERATO IN DIRITTO

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realizzato in assenza del prescritto permesso a costruire e senza avere

Il ricorso, solo parzialmente fondato deve essere accolto per quanto di
ragione.
Rileva, infatti, il Collegio come fondato sia l’argomento spiegato dai
ricorrentj, in ordine alla sopravvenuta illegalità della pena a loro carico
irrogata e, pertanto, alla intervenuta prescrizione del reato loro contestato sub
B) della rubrica.

provvedimento impugnato la Corte costituzionale, con sentenza n. 56 del 1123/03/2016, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 181, comma 1-

bis, del dlgs n. 42 del 2004, nella parte in cui esso prevedeva la qualificazione
in guisa di delitto delle violazioni alla normativa in materia paesaggistica ove
esse: «a) ricadano su immobili od aree che, per le loro caratteristiche
paesaggistiche siano stati dichiarati di notevole interesse pubblico con
apposito provvedimento emanato in epoca antecedente alla realizzazione dei
lavori; b) ricadano su immobili od aree tutelati per legge ai sensi dell’articolo
142».
Per effetto di tale pronuncia, la sussistenza del delitto di cui all’art. 181,
comma 1-bis, del d.lgs. n. 42 del 2004, è limitata ai soli casi in cui i lavori
abusivamente realizzati in zona sottoposta a vincolo paesaggistico abbiano
comportato un aumento della cubatura dei manufatti superiore al 30% della
volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento
superiore a 750 metri cubi, ovvero ancora hanno comportato una nuova
costruzione con una volumetria superiore ai 1000 metri cubi.
Nel caso in esame appare evidente, dalla lettura stessa delle sentenze di
merito, che le opere oggetto di imputazione non hanno la consistenza
necessaria a inquadrarle nella fattispecie delittuosa, sicché il reato
originariamente contestato come delitto deve ora essere riqualificato quale
violazione di natura contravvenzionale ai sensi dell’art. 181, comma 1, del
dlgs. n. 42 del 2004.
Residuando, dunque, l’ipotesi contravvenzionale di cui al comma 1
dell’art. 181 del dlgs citato, osserva la Corte come il relativo termine
prescrizionale, ai sensi degli artt. 157, 160 e 161 cod. pen, è maturato, tenuto
conto del lungo periodo di sospensione del relativo termine nel corso del
giudizio di primo grado, alla data del 28 maggio 2017.

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Osserva, infatti la Corte come successivamente alla adozione del

La sentenza impugnata, pertanto, deve, essere annullata in relazione
alla affermazione della penale responsabilità dei due ricorrenti relativamente
al fatto come riqualificato da delitto in contravvenzione.
Siffatta pronunzia, attesa la piena autonomia della motivazione che può
condurre al proscioglimento degli imputati rispetto alla affermazione della loro
penale responsabilità in relazione alle residue imputazioni loro contestate, né
nessuna conseguenza ha rispetto a tale affermazione neppure con riguardo ad

cassazione, Sezioni unite penali, 14 febbraio 2017, n. 6903).
Vanno, pertanto, esaminati, con riferimento a dette imputazioni, i
restanti motivi di impugnazione proposti dai ricorrenti.
Essi, sono inammissibili.
Il primo motivo, con il quale è censurato il vizio di motivazione i
relazione alla affermazione della responsabilità dei prevenuti è inammissibile
in quanto destituito di alcun fondamento; la Corte territoriale ha, infatti,
rilevato e ragionevolmente dimostrato come la realizzazione delle opere
abusive sia stata il frutto della consapevole cooperazione di ambedue i
prevenuti, evidentemente cointeressati alla edificazione del manufatto,
rilevando come la reciproca assunzione di esclusiva responsabilità da parte di
costoro fosse solo un puerile espediente atto a scagionare il congiunto.
Quanto al secondo motivo di impugnazione, con il quale è dedotta la
insussistenza del reato perche le opere realizzate sarebbero consistite in
opere interne e di finitura, ne deve essere dichiarata la inammissibilità in
quanto si tratta di questione, per altro di puro fatto, già adeguatamente
scandagliata dalla Corte di appello, la quale ha rilevato che, trattandosi di
opere di completamento di un immobile già abusivo, esse ripetevano la loro
illegittimità, rendendola nuovamente attuale, da quella già accertata del
preesistente manufatto.
Riguardo alla pretesa irrilevanza penale del fatto, ex art. 131-bis cod.
pen.I la pluralità delle imputazioni contestate ne porta ad escludere in radice
la particolare tenuità, tanto più ove si consideri che l’illecito ora in discorso si
va ad innestare su una situazione di già preesistente illiceità.
Il terzo motivo, relativo alla ritenuta prescrizione di tutti i reati
contestati è inammissibile per genericità, non avendo il ricorrente precisato
quali fra i rinvii del processo disposti in sede di merito dovevano essere
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una possibile dichiarazione di prescrizione di queste ultime (cfr. Corte di

considerato idonei a sospendere il corso della prescrizione solo nei limiti dei
sessanta giorni e non per tutto il periodo in cui, in ragione di essi, non è stato
possibile celebrare il giudizio.
Manifestamente infondato il motivo relativo ad un preteso bis in idem
derivante dal fatto che la rimozione delle opere abusive è stata disposta anche
in sede amministrativa, essendo evidente che la adozione dei provvedimenti
amministrativi volti al ripristino dello stato dei luoghi non può certamente

l’ordinamento deve avere avverso i reati in tema di abusivismo edilizio, attesa
rilevanza penale e non meramente amministrativa degli illeciti in tal modo
determinatisi.
Conclusivamente, l’annullamento della sentenza impugnata per la
intervenuta prescrizione, ad oggi, del reato paesaggistico, non ha alcuna
refluenza sui residui reati, relativamente ai quali i ricorsi debbono essere
dichiarati, come sopra evidenziato, inammissibili, ove si eccettui la esigenza,
alla cui soddisfazione presiederà una diversa Sezione della Corte di appello di
Napoli in sede di rinvio, di rideterminare la pena, essendo oramai definitiva la
affermazione della loro penale responsabilità quanto ad essi, alla cui
espiazione i prevenuti devono essere condannati.
PQM
Qualificato il reato di cui al capo B) come contravvenzione al I comma dell’art.
181 del dlgs n. 42 del 2004, annulla senza rinvio la sentenza impugnata
limitatamente a tale reato, perché estinto per prescrizione.
Revoca l’ordine di rirnessione in pristino.
Dichiara inammissibili i ricorsi nel resto e rinvia ad altra Sezione della Corte di
appello di Napoli per la determinazione della pena per i residui reati.
Così deciso in Roma, il 12 ottobre 2017

essere intesa come sanzione atta ad assorbire anche la reazione che

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