Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18883 del 12/10/2017


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 18883 Anno 2018
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: GENTILI ANDREA

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
IACONO Sandro, nato a Ischia (Na) il 9 marzo 1976;
CAPUANO Pasquale, nato a Ischia (Na) il 21 febbraio 1963;
MARRAZZO Domenico, nato a Napoli il 23 febbraio 1971:

avverso la sentenza n. 1085/16 della Corte di appello di Napoli del 3 febbraio 2016;
letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e i ricorsi introduttivi;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Andrea GENTILI;
sentito il PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Sante SPINACI, il
quale ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata
per prescrizione; sentiti altresì, per il ricorrente Marrazzo, l’avv. Fabrizio
IMBARDELLI, del foro di Roma, in sostituzione dell’avv. Biagio DI MEGLIO, del foro
di Napoli, e, per i ricorrenti Iacono e Capuano, l’avv. Giro SEPE, del foro di Napoli,
in sostituzione dell’avv. Alfonso M. STILE, del foro di Napoli, i quali hanno insistito
per l’accoglimento dei rispettivi ricorsi.
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Data Udienza: 12/10/2017

RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 3 febbraio 2016, la Corte di appello di Napoli ha solo in
parte accolto la impugnazione proposta da Marrazzo Domenico avverso la
sentenza con la quale, il precedente 15 luglio 2011 il Tribunale di Napoli,
Sezione distaccata di Ischia, lo aveva dichiarato colpevole dei reati a lui
ascritti in materia edilizia e paesaggistica, condannandolo alla pena ritenuta di

In particolare la Corte territoriale ha dichiarato estinti per prescrizione i
reati contravvenzionali, confermando, invece, la affermazione della penale
responsabilità del Marrazzo limitatamente alla violazione dell’art. 181, comma

1-bis, del dlgs n. 42 2004, contestata sub d) del complesso capo di
imputazione, rideterminando la pena in mesi 8 di reclusione e revocando
l’ordine di demolizione dei manufatti abusivi e di rimessione in pristino stato
dei luoghi
Con la medesima sentenza, invece, la Corte territoriale ha confermato la
sentenza di primo grado nella parte in cui essa era riferita alla posizione di
Iacono Sandro e Capuano Pasquale, già condannati alla pena di mesi 8 di
reclusione in relazione alla sola condotta di cui al capo d) della rubrica
complessivamente contestata.
Avverso tale sentenza hanno interposto ricorso per cassazione i tre
prevenuti, Capuano e Iacono, con unico atto, assistiti dal proprio difensore di
fiducia, il Marrazzo con separato ricorso, redatto dal suo difensore di fiducia.
I primi ricorrenti, avendo affidato le loro doglianze a 5 motivi di ricorso,
successivamente integrati da un sesto motivo aggiunto, si lamentano, della
violazione degli artt. 521 e 522 cod. proc. pen., essendo stata modificata nella
sentenza la obbiettività della condotta loro ascritta da quella di meri
progettisti delle opere in ipotesi abusive ad esecutori delle stesse; il secondo
motivo aveva ad oggetto, sotto il profilo del vizio di motivazione, la mancata
considerazione del diverso ruolo svolto dai due ricorrenti nella vicenda per cui
è processo; il terzo, relativo alla violazione della disciplina paesaggistica, ha
riguardato la ritenuta inoffensività della condotta loro attribuita, stante la
modestia dell’intervento eseguito, rispetto alla tutela del bene interesse
oggetto di protezione legislativa; il quarto la mancata considerazione della
insussistenza di un valido elemento soggettivo, stante l’errore in cui i
ricorrenti sarebbero caduti nell’apprezzare la necessità o meno del nulla osta
paesaggistico, errore rilevante in base ai principi espressi dalla Corte
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giustizia.

costituzionale con la sentenza n. 364 del 1988; infine, quanto al ricorso
principale, i ricorrenti hanno dedotto la applicabilità al caso dell’art. 131-bis
cod. pen.
Con successiva memoria la difesa dei prevenuti ha richiamato la
applicazione al caso di specie della sentenza n. 56 del 2016 della Corte
costituzionale, chiedendo l’annullamento della impugnata sentenza, perché il

Come si diceva, con separato ricorso, ha proposto impugnazione di fronte
a questa Corte anche il Marrazzo, deducendo, a sua volta, tre motivi di
censura; il primo riguardante la mancata applicazione dell’art. 131-bis cod.
pen.; i restanti motivi hanno ad oggetto l’asserito vizio di motivazione della
sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono fondati e, pertanto, gli stessi devono essere accolti con
conseguente annullamento senza rinvio della impugnata sentenza.
In via preliminare ed assorbente degli ulteriori motivi, va rilevato la
fondatezza del motivo articolato nella memoria difensiva depositata da
Capuano e Iacono del 9.11.2016, le cui ragioni sono, peraltro, estensibili
anche al terzo ricorrente, avente ad oggetto la prescrizione del reato
contestato al capo d) dell’imputazione.
Successivamente al provvedimento impugnato la Corte costituzionale,
con sentenza n. 56 del 11-23/03/2016, ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale dell’art. 181, comma 1-bis, del decreto legislativo 22 gennaio
2004, n. 42, nella parte in cui esso prevedeva la qualificazione in guisa di
delitto delle violazioni alla normativa in materia paesaggistica ove esse: «a)
ricadano su immobili od aree che, per le loro caratteristiche paesaggistiche
siano stati dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito
provvedimento emanato in epoca antecedente alla realizzazione dei lavori; b)
ricadano su immobili od aree tutelati per legge ai sensi dell’articolo 142».
Per effetto di tale pronuncia, la sussistenza del delitto di cui all’art. 181,
comma 1-bis del dlgs n. 42 del 2004 è limitata ai soli casi in cui i lavori
abusivamente realizzati in zona sottoposta a vincolo paesaggistico hanno
comportato un aumento dei manufatti superiore al 30% della volumetria della
costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento superiore a 750 metri

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fatto addebitato non è più previsto dalla legge come reato.

cubi, ovvero ancora hanno comportato una nuova costruzione con una
volumetria superiore ai 1000 metri cubi.
Nel caso in esame appare evidente, dalla lettura stessa delle sentenze di
merito, che le opere oggetto di imputazione non hanno la consistenza
necessaria a inquadrarle nella fattispecie delittuosa, sicché il reato
originariamente contestato come delitto deve ora essere qualificato quale
violazione di natura contravvenzionale ai sensi dell’art. 181, comma 1, del

Residua, dunque, l’ipotesi contravvenzionale di cui al comma primo in
relazione alla quale il termine quinquennale di prescrizione, ai sensi degli artt.
157, 160 e 161 cod. pen, è maturato, non diversamente che per gli altri reati
di cui all’originario capo di imputazione, alla data del 8 luglio 2014.
Il ricorso proposto deve, pertanto, essere accolto e la sentenza
impugnata deve essere annullata senza rinvio essendosi il residuo reato
contestato estinto per prescrizione alla data sopra indicata.
L’estinzione del reato de quo comporta anche la revoca dell’ordine di
rimessione in pristino dello stato dei luoghi impartito con la sentenza
impugnata.
PQM
Qualificato il reato di cui al capo d) come contravvenzione al I comma dell’art.
181 del dlgs n. 42 del 2004, annulla senza rinvio la sentenza impugnata
limitatamente a tale reato, perché estinto per prescrizione.
Revoca l’ordine di rimessione in pristino.
Così deciso in Roma, il 12 ottobre 2017
Il Consigliere estensore

Il Presidente

dlgs n. 42 del 2004.

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