Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18878 del 29/09/2017


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 18878 Anno 2018
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: GENTILI ANDREA

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
SCANDROGLIO Alessandro, nato a Gallarate (Va) il 26 marzo 1952;
BRIOSCHI Franca, nata Monza il 27 ottobre 1955;
FILIPPI Maurizio, nato a Busto Arsizio (Va) il 3 Marzo 1960;
SANDONI Stefano, nato a Bologna il 8 luglio 1941;
TANCREDI Tommaso Salvatore, nato a San Severo (Fg) il 9 marzo 1951;

avverso la sentenza n. 2429/14 della Corte di appello di Milano del 25 marzo 2014;

letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e i ricorsi introduttivi;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Andrea GENTILI;
sentito il PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Giuseppe
CORASANITI, il quale ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della
sentenza impugnata;
sentiti, altresì, per i ricorrenti, gli avv.ti Carlenrico PALIERO del foro di Pavia, Fabio
AMBROSETTI, del foro di Varese, e Alberto ZANZI, del foro di Varese, che hanno
insistito per l’accoglimento dei ricorsi.
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Data Udienza: 29/09/2017

RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 25 marzo 2014 la Corte di appello di Milano – in
sostanziale riforma della sentenza emessa il precedente 19 giugno 2013 dal
Tribunale di Varese e con la quale, dichiarata la penale responsabilità di
Scandroglio Alessandro, Brioschi Franca, Filippi Maurizio, Sandoni Stefano e
Tancredi Tommaso Salvatore in ordine alla commissione dei reati loro ascritti
ai capi A), B), C) e D) della rubrica loro contestata, ed aventi al oggetto,

pianificazione territoriale e di tutela del paesaggio, e, quanto all’ultimo, la
violazione della normativa in materia di abusivo smaltimento nelle rete
fognaria dei rifiuti non pericolosi, costituiti dalle acque reflue domestiche – gli
stessi erano stati condannati alla pena di giustizia nonché alla rimessione in
pristino dello stato dei luoghi a loro cura e spese, essendo stata, altresì,
disposta la confisca, ai sensi dell’art. 44, comma 2, del dPR n. 380 del 2001,
dell’area in sequestro oggetto degli interventi abusivi, mentre, con la
medesima sentenza del giudice di primo grado, era stata dichiarata la
intervenuta prescrizione del reato loro contestato

sub F) della articolatw

rubrica e gli stessi erano stati, infine, mandati assolti dalla imputazione di cui
al residuo capo E) per non aver commesso il fatto – ha dichiarato non doversi
procedere nei confronti dei predetti in relazione ai capi di imputazione di cui
alla lettere A), B), e C) della originaria rubrica per la sopravvenuta
prescrizione, mentre li ha assolti quanto al reato di cui alla lettera D) perché il
fatto non è previsto dalla legge come reato, confermando nel resto la
impugnata sentenza.
Avverso la decisione del giudice del gravame hanno interposto ricorso per
cassazione i predetti imputati, assistiti dai loro difensori di fiducia, articolando
quattro motivi di ricorso.
Il primo motivo attiene alla ritenuta violazione di legge e/o mancanza di
motivazione in ordine al punto controverso relativo alla individuazione della
legge applicabile relativamente al momento del fatto, ciò in particolare, con
riferimento alla previsione della confisca dell’area interessata dalla abusiva,
non essendo tale misura prevista nella normativa applicabile,

ratione

temporis, alla fattispecie ad avviso dei ricorrenti.
Il secondo ed il terzo motivo hanno ad oggetto la illegittimità della
sentenza, sia sotto il profilo della violazione di legge che sotto quello della
carenza di motivazione, in relazione alla mantenuta confisca dell’area in
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quanto ai primi tre capi, la violazione della normativa in materia di

sequestro, sebbene il reato edilizio, afferente ad una ritenuta lottizzazione
abusiva, già era prescritto al momento dell’esercizio della azione penale.
Con il quarto motivo, subordinato all’eventuale rigetto dei precedenti, è
stata contestata dai ricorrenti, sempre con riferimento alla violazione di legge,
la sentenza impugnata nella parte in cui era stata, in ogni caso, disposta la
confisca di quanto in sequestro, pur in presenza di una sentenza con la quale
non era stata pronunziata, in forza dell’intervenuta dichiarazione di

relativamente a questi ultimi.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, fondato nei sensi di cui in motivazione, deve essere, pertanto,
accolto limitatamente alla disposta confisca della area in sequestro.
Osserva, infatti, il Collegio, quanto al primo dei motivi di ricorso, che con
esso i ricorrenti si sono doluti del fatto che i giudici del merito non abbiano
risposto alla censura afferente alla individuazione della legge applicabile alla
fattispecie, in particolare con riferimento alla conservata confisca,
argomentata sulla pretesa riferibilità del tempus commissi delicti al momento
in cui e iniziata la attività concernente l’avvenuta lottizzazione della area in
sequestro, attività, consistente nel materiale frazionamento del terreno in
singole piazzole, risalente all’anno 1976.
I ricorrenti hanno infatti segnalato che la confisca del terreno oggetto di
una lottizzazione abusiva è misura sanzionatoria introdotta solo a seguito
della entrata in vigore della legge n. 47 del 1985, sicché la stessa, visto l’art.
2 cod. pen., non può essere applicata a condotte poste in essere prima della
vigenza di tale disposizione normativa.
L’assunto su cui si poggia l’argomentazione difensiva dei ricorrenti è
errato e, pertanto, esso non è pertinente rispetto al caso in questione.
Omettono, infatti, di considerare le difese dei ricorrenti che, per pacifica
giurisprudenza di questa Corte la lottizzazione, in particolare nella sua forma
mista, la quale si realizza attraverso la attività di materiale di frazionamento
di una più vasta area e la attribuzione, realizzata tramite la stipulazione di
puntuali atti negoziali, ai singoli quotisti delle frazioni di terreno sulle quali
vengono, poi, realizzate le opere abusive (Corte di cassazione, Sezione III
penale, 7 febbraio 2008, n. 6080), è reato che, sebbene possa dirsi già
integrato con il solo frazionamento dei terreni, si caratterizza per essere,
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prescrizione dei reati edilizi contestati, la condanna dei prevenuti

tuttavia, permanente in quanto suscettibile di perfezionarsi definitivamente
solo con la cessazione della attività edificatoria, di tal che di esso, in caso di
svolgimento di tale attività successivamente alla realizzazione degli atti
negoziali di attribuzione dei singoli lotti di terreno, perdura la flagranza sino
alla cessazione di dette attività all’interno di ciascuna delle singole frazioni di
terreno così realizzate (Corte di cassazione, Sezione III penale, 16 maggio
2015, n. 24985, ord.; idem Sezione III penale, 15 ottobre 2013, n. 42361;

Tanto premesso, con riferimento alla legge applicabile al reato
permanente, va rilevato che, stante la natura di illecito di durata che
caratterizza siffatta tipologia di reato, il momento qualificativo della violazione
normativa non va individuato in quello in cui la condotta è stata
primieramente posta in essere ma in quello in cui la condotta criminosa cessa,
atteso che è in tale momento, e non in quello iniziale, che viene meno la
posizione di contrasto fra l’operato del soggetto agente e la norma precettiva
che vieta un determinato comportamento.
Da quanto sopra discende che, diversamente da ciò che appare essere
stato opinato dalle difese dei ricorrenti, la legge applicabile alle condotte
integranti un reato permanente non è quella vigente al momento
dell’insorgere del reato ma è quella in vigore al momento della cessazione
della permanenza, ancorché si possa trattareedi normativa più rigorosa (Corte
di cassazione, Sezione III penale, 29 ottobre 2015, n. 43597, in fattispecie
relativa alla violazione, per certi versi contermine a quella ora in esame, della
normativa in tema di tutela del paesaggio e delle bellezze naturali;

idem

Sezione VI penale, 8 gennaio 2016, n. 550; idem Sezione I penale, 21 aprile
1993, n. 870).
Nel momento in cui la Corte milanese ha collocato nel tempo al 2007 la
cessazione delle opere abusive conseguenti alla intervenuta lottizzazione, essa
ha, pertanto, fissato a tale data la consumazione dei reati edilizi contestati ai
prevenuti, additando, per implicito, in quella vigente a tale momento quale
fosse la disciplina sanzionatoria riferibile ad essi.
Sotto i profili illustrati, pertanto, non è ravvisabile il difetto di
motivazione nelle sentenza impugnata, avendo essa dato sostanzialmente una
adeguata, ancorché implicita, risposta alla censura mossa avverso la sentenza
di primo grado.

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idem Sezione III penale, 22 maggio 2007, n. 19732).

A fortiori

manifestamente infondato è il secondo motivo di

impugnazione, atteso che nessuna violazione di legge è ravvisabile nella
scelta della Corte di merito di ritenere astrattamente configurabile, in base
alla normativa ritenute essere pertinente alla fattispecie ora in esame, la
sanzione della confisca per il reato di lottizzazione abusiva originariamente
contestato ai ricorrenti.

Questa Corte ha, infatti, in più occasioni rilevato che non è consentito, in
caso di lottizzazione abusiva, disporre la confisca dei terreni interessati da
essa nonché dei manufatti su di essa insistenti – confisca altrimenti
obbligatoria in ipotesi di accertamento, anche in via astratta, della penale
responsabilità degli imputati – ove il reato in questione debba intendersi già
prescritto al momento in cui è stata esercitata la azione penale; ciò in quanto
la intervenuta prescrizione, comportando comunque la estinzione del reato e,
pertanto, la irrilevanza penale del fatto storico commesso, si pone come
fattore assolutamente preclusivo all’accertamento, anche sotto la più limitata
prospettiva ora in discorso, della ricorrenza degli elementi oggettivi e
soggettivi da cui dipende la esistenza del reato (Corte di cassazione, Sezione
III penale, 16 febbraio 2011, n. 5857; idem Sezione III penale, 24 luglio
2009, n. 30933; nel senso della illegittimità anche del sequestro preventivo
dell’area lottizzata in una fattispecie del tipo di quella descritta, stante
impossibilità della conversione di quello in confisca del bene staggito cfr.:
Corte di cassazione, Sezione III penale, 23 agosto 2016, n. 35313).
Nel caso che ora interessa, come dianzi accennato, i giudici del merito
hanno collocato nel tempo la permanenza della condotta penalmente rilevante
sino al 2007; considerato che la azione penale è stata esercitata solamente
con atto del 16 novembre 2012, momento in cui il Pm presso il Tribunale di
Varese ha emesso il decreto di citazione a giudizio a carico dei ricorrenti,
risulta evidente che esso, primo atto interruttivo della prescrizione, è
intervenuto dopo che era già decorso il termine ordinario di prescrizione dei
reati contravvenzionali contestati, pari, infatti, a 4 anni decorrenti, nel caso
ora in questione, dal 2007 epoca di cessazione della permanenza del reato.
Erroneamente, pertanto, la Corte territoriale milanese, nel dichiarare la
intervenuta prescrizione anche dei residui reati contestati ai ricorrenti, non ha
disposto, data la risalente irrilevanza penale delle condotte loro attribuite già
al momento in cui fu esercitata nei loro confronti la azione penale, anche la
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Fondato è, invece, il terzo motivo di ricorso.

revoca della confisca dell’area in sequestro a suo tempo disposta dal giudice
di primo grado.
In tale senso, pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata e
la confisca in questione deve essere eliminata.
La pronunzia che precede comporta evidentemente l’assorbimento del
quarto motivo di impugnazione, espressamente presentato dai ricorrenti in via

PQM
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla disposta
confisca che elimina.
Dichiara inammissibili i ricorsi nel resto.
Così deciso in Roma, il 29 settembre 2017
Il Consigliere estensore

Il Presidente

subordinata all’eventuale mancato accoglimento dei precedenti.

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