Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18873 del 26/04/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 18873 Anno 2018
Presidente: ROTUNDO VINCENZO
Relatore: CALVANESE ERSILIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Mancini Jari, nato a Popoli il 17/11/1987

avverso la sentenza del 19/02/2018 della Corte di appello dell’Aquila

visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Ersilia Calvanese;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Simone Perelli, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato
inammissibile.
RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello dell’Aquila
disponeva la consegna di Jari Mancini alle autorità giudiziarie spagnole che
l’aveva chiesta con mandato di arresto europeo al fine del suo perseguimento
per i reati di partecipazione ad un’associazione criminale, di traffico di
stupefacenti e di riciclaggio.

Data Udienza: 26/04/2018

2. Avverso la suddetta sentenza, ricorre per cassazione il difensore di
Mancini, denunciando i motivi di seguito sintetizzati ai sensi dell’art. 173 disp.
att. cod. proc. pen.:
– carenza di motivazione, non avendo la Corte di appello sia valutato i
documenti che escluderebbero la sussistenza di elementi a carico del ricorrente
per i fatti oggetto della consegna; sia lumeggiato sulle esigenze cautelari a
sostegno del provvedimento adottato;
– violazione di legge in quanto il presente procedimento verrebbe a trarre

17 novembre 2017 e che ostava ad una nuova pronuncia.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile perché generico e comunque manifestamente
infondato.

2. Quanto alla documentazione che non sarebbe stata valutata dalla Corte di
appello, il ricorrente formula generiche asserzioni, senza illustrare la rilevanza
della documentazione ai fini della decisione sulla consegna.
In ogni caso va rammentato che il controllo demandato alla Corte di appello
sul mandato di arresto europeo non può entrare nel merito della valutazione in
concreto dei gravi indizi di colpevolezza, che è riservata all’autorità giudiziaria
del paese emittente, dovendo invece limitarsi alla verifica che il mandato sia, per
il suo contenuto intrinseco o per gli elementi raccolti in sede investigativa,
fondato su un compendio indiziario che l’autorità giudiziaria emittente abbia
ritenuto seriamente evocativo di un fatto-reato commesso dalla persona di cui si
chiede la consegna (per tutte le molte, Sez. U, n. 4614 del 30/01/2007, Ramoci,
Rv. 235348; Sez. 6, n. 44911 del 06/11/2013, Stoyanov, Rv. 257466).
Esula quindi dai poteri conferiti al giudice nazionale qualsiasi valutazione in
ordine all’adeguatezza del materiale indiziario posto alla base del provvedimento
cautelare e degli elementi di prova addotti a discarico dal ricorrente, i quali
trovano la loro normale sede di prospettazione e disamina dinanzi all’autorità
giudiziaria emittente (Sez. 6, n. 16362 del 16/04/2008, Mandaglio, Rv. 239649;
Sez. 6, n. 44911 del 06/11/2013, Stoyanov, Rv. 257466; Sez. F, n. 32381 del
24/08/2010, Termini, Rv. 248254).
Secondo un consolidato principio che va ribadito, non compete, inoltre,
all’autorità giudiziaria italiana verificare la sussistenza delle esigenze cautelari
previste dall’art. 274 cod. proc. pen. per l’adozione del provvedimento cautelare
“interno” da parte dell’autorità giudiziaria estera, rilevando unicamente il fatto

2

origine da altro procedimento definito davanti alla medesima Corte di appello del

che il mandato d’arresto europeo sia una decisione giudiziaria emessa al fine
dell’esercizio di azioni giudiziarie in materia penale (Sez. 6, n. 45525 del
20/12/2010, Donnarumma, Rv. 248970; Sez. 6, n. 3951 del 27/01/2016, Laini,
Rv. 267186).

3. L’ultima censura è affetta da genericità, non avendo il ricorrente neppure
indicato il contenuto del provvedimento che si assume ostativo alla disposta
consegna.

2015 in ordine alla preclusività di precedenti decisioni, secondo una pacifica
esegesi formatasi in ordine all’art. 707 cod. proc. pen., la pronuncia di una
successiva sentenza favorevole a seguito di un’ulteriore domanda presentata
dallo stesso Stato per i medesimi fatti non è infatti preclusa, quando la
precedente decisione abbia definito questioni in rito o di natura pregiudiziale,
senza deliberare sul merito della richiesta (Sez. 6, n. 8812 del 25/02/2011,
Balliu, Rv. 249640).

4.

Sulla base di quanto premesso, il ricorso deve essere dichiarato

inammissibile. Il ricorrente deve, pertanto, essere condannata, ai sensi dell’art.
616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13
giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso
siano stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa
di inammissibilità”, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma,
determinata in via equitativa, di duemila euro, in favore della cassa delle
ammende.
La cancelleria provvederà alle comunicazioni di rito.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 2.000 in favore della cassa delle
ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, I. n.
69 del 2005.
Così deciso il 26/04/2018.
7

Il Consiglier estensore
Ersilia C

nese

I Presidente
Vi cenzo Ro u do

Infatti, va rammentato che, quant’anche nulla stabilisca la legge n. 69 del

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