Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18872 del 26/04/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 18872 Anno 2018
Presidente: ROTUNDO VINCENZO
Relatore: COSTANTINI ANTONIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Di Lallo Costantino Sante Fernando, nato il 14/06/1976 a Popoli

avverso la sentenza del 19/02/2018 della Corte d’appello di L’aquila
sentita la relazione svolta dal Consigliere Antonio Costantini;
sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Simone Perelli che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa in data 19 febbraio 2018 la Corte d’appello di
L’Aquila ha disposto la consegna del ricorrente, cittadino italiano, all’Autorità
giudiziaria del Regno di Spagna in esecuzione di mandato di arresto europeo
emesso sulla base di provvedimento restrittivo della libertà personale adottato
dal Tribunale Centrale di Istruzione n. 6 di Madrid in data 5 giugno 2017, in
riferimento ai reati di partecipazione ad associazione criminale e di riciclaggio di
proventi di reato.

2. Nell’interesse del Di Lallo, il difensore premette che il ricorrente è stato
tratto in arresto in conseguenza di MAE emesso dall’autorità giudiziaria spagnola
e che, nell’ambito del procedimento n. 10/2017 R. MAE, è stata disposta la
scarcerazione, non venendo convalidato l’arresto, mentre successivamente, con

Data Udienza: 26/04/2018

sentenza n. 9/17 in data 17 novembre 2017, è stata respinta la richiesta di
consegna per l’omessa trasmissione del MAE con i relativi allegati poiché,
nonostante reiterate richieste, non è stato possibile effettuare il dovuto “controllo
sulla sussistenza degli indizi di colpevolezza e sulla motivazione”.
In ordine agli stessi fatti la Corte d’appello di L’Aquila ha iscritto un nuovo
procedimento a carico del ricorrente, la cui sentenza emessa all’esito viene
impugnata deducendo i motivi di cui appresso.
2.1. Violazione dell’art. 127 cod. proc. pen. e artt. 9 e 22 Legge n. 69/2005

15/2017 R. MAE.
Dopo l’emissione della sentenza del 17 novembre 2017 con cui era stata
respinta la richiesta di consegna del ricorrente, il 23 novembre 2017, in ritardo,
il Ministero della Giustizia ha trasmesso al Procuratore Generale della Repubblica
ed al Presidente della Corte d’appello di L’Aquila, il MAE relativo al Di Lallo.
Nonostante al momento della trasmissione del MAE non fossero ancora
trascorsi i termini per il ricorso per cassazione, la Corte territoriale ha iscritto ex

novo il procedimento n. 15/17 R. MAE, disponendo la fissazione della camera di
consiglio del 19 febbraio 2018.
Non essendo ancora concluso il procedimento n. 10/17 MAE pendendo i
termini per il ricorso per cassazione, risulta abnorme l’apertura di un nuovo
procedimento, abnormità anche in via preliminare eccepita all’udienza del 19
febbraio 2018.
2.2. Violazione dell’art. 6, comma 1, lett. c) I. 22 aprile 2005, n. 69 in
quanto il mandato d’arresto europeo allegato al procedimento non contiene il
provvedimento cautelare né è dato rinvenire in altra documentazione allegata
intellegibile quali siano le motivazioni evocative di un fatto di reato alla base del
provvedimento cautelare e della richiesta di consegna, essendo al mandato di
arresto allegato il provvedimento restrittivo di altro soggetto, mentre nel MAE
sono riportati i soli riferimenti formali che non implicano l’esistenza di un
provvedimento motivato valutabile in ordine ai motivi della misura in atto.
L’estraneità al narcotraffico del Di Lallo si desume dal sequestro preventivo
d’urgenza emesso dalla Procura della Repubblica – DDA di Napoli, già prodotto
nel precedente procedimento e richiamato nel n. 15/17 dinanzi alla Corte
distrettuale, operazione di polizia congiunta effettuata con le autorità spagnole e
che ha determinato le stesse a richiedere l’arresto del Di Lallo, in tal senso
smentendosi quanto enunciato in sentenza circa la sufficiente specificazione degli
elementi da cui desumere una ramificata associazione per delinquere diretta al
narcotraffico ed al ruolo di Di Lallo.

per abnormità dell’emissione del decreto di fissazione del procedimento n.

2.3. Violazione dell’art. 17, comma 4, I. 22 aprile 2005, n. 69 in quanto,
potendo la sussistenza dei gravi indizi essere ricercata esclusivamente sulla base
del MAE, il nome di Di Lallo in esso compare esclusivamente in due sole righe
con motivazione eccentrica rispetto al contesto associativo che era inerente ad
un esteso ed importante traffico internazionale.
Al Di Lallo viene imputato di aver “movimentato un veicolo in Spagna”,
successivamente utilizzato da terzi e da questi caricato su una nave, mezzo poi
giunto a Roma con all’interno sostanza stupefacente.

il successivo impiego per la commissione di traffici illeciti, elementi che hanno
fatto escludere la partecipazione del Di Lallo al traffico di sostanza stupefacente
da parte della Procura della Repubblica di Napoli.
2.4. Violazione dell’art. 23, comma 3 I. 22 aprile 2005, n. 69.
Sulla base della documentazione – regolarmente prodotta – si desume che il
Di Lallo è portatore di disabilità mentale, limitazione funzionale nei movimenti
articolari e problematiche neurologiche come rilevato dalla Commissione medica
per l’accertamento dell’invalidità civile che ne ha dichiarato l’invalidità del 75%.
Sul punto la motivazione della Corte è apodittica essendosi limitata a
ritenere, nonostante la documentazione prodotta, “la assenza di condizioni di
salute ostative per l’esecuzione della misura”.
Al riguardo in questa sede produce ulteriore documentazione a sostegno
rilasciata dal SERT di Pescara che attesta problematiche psichiatriche e di
deambulazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

2. In ordine al primo motivo con il quale si deduce l’abnormità dell’intero
procedimento e conseguentemente della sentenza perché quella precedente con
cui è stata respinta la richiesta di consegna era ancora ricorribile, deve rilevarsi
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che ~9grik4a , al cospetto di una decisione che si sia limitata a statuire il
denegato respi gimento per la incompletezza del procedimento ai fini del relativa
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delibazione,
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processuale che, proprio perché
fondata su uno specifico profilo formale inerente l’omessa ricezione, nonostante
sollecito, del relativo MAE, preclude la riapertura di un nuovo procedimento.
In tal senso depone giurisprudenza di questa Corte secondo cui, riportandosi
alla pacifica esegesi formatasi in ordine all’art. 707 cod. proc. pen., operando in
tal caso il richiamo effettuato dall’art. 38 I. 22 aprile 2005, n. 69, la pronuncia di

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Nessun collegamento può effettuarsi tra l’uso momentaneo di un veicolo ed

una successiva sentenza favorevole a seguito di un’ulteriore domanda presentata
dallo stesso Stato per i medesimi fatti non è infatti preclusa, quando la
precedente decisione abbia definito questioni in rito o di natura pregiudiziale,
senza deliberare sul merito della richiesta (Sez. 6, n. 8812 del 25/02/2011,
Balliu, Rv. 249640).
Analogo principio è stato affermato, sempre in materia di estradizione,
secondo cui l’avvenuta archiviazione in Italia di un procedimento penale avente
ad oggetto i medesimi fatti sui quali è fondata la domanda dello Stato

dell’estradizione ai sensi dell’art. 9 della Convenzione di Parigi del 1957 (Sez. 6,
n. 3923 del 24/11/2015, dep. 2016, D’Ambrosio, Rv. 265911).
Seppur essendo tale ultima decisione attinente a provvedimenti emessi da
distinte autorità giudiziarie, egualmente il principio deve essere applicato – senza
che sia stato valutata la sussistenza o meno dei requisiti previsti dall’art. 5 e ss
L. 22 aprile 2005, n. 69, ed anzi, proprio perché si assumono gli elementi di fatto
non acquisiti al fascicolo – in caso di doppia procedura, la prima delle quali, per
meri motivi formali, non sia pervenuta ad una utile valutazione.
Né con tanto può ritenersi in alcun modo violato il principio del ne bis in

idem,

specie se esso viene contestato in termini di abnormità dell’intero

procedimento, come dedotto dal ricorrente dinanzi alla Corte d’appello di L’Aquila
e in questa sede che si assume non ancora definitivo (quanto ad estradizione:
Sez. 1, n. 19947 del 05/05/2010, Zumnno ed altro, Rv. 247556).
Poiché il principio di nullità nel nostro ordinamento, specie in un settore
come quello oggetto della disciplina in questione sottoposto a trattati e vincoli,
oltre che interni, internazionali e convenzionali, non può promanare dalla
semplice ritenuta dualità del procedimento, deve ritenersi che la deduzione sia
priva di base giuridica, in realtà non indicata neppure dal ricorrente.

3. In ordine alla dedotta violazione dell’art. 6, comma 1, lett. c) I. 22 aprile
2005, n. 69 in quanto non sarebbe stato trasmesso il provvedimento cautelare,
rilevandosi come non sia consentito comprendere quali siano le motivazioni
evocative, se ne rileva la manifesta infondatezza.
Occorre specificare che l’art. 6, comma 1, lett. c) cit. non richiede che il
mandato d’arresto europeo venga trasmesso unitamente all’ordinanza, essendo
invece sufficiente la sua indicazione.
A prescindere da quanto sopra enunciato deve osservarsi che dalla visione
degli atti del fascicolo processuale, cui questa Corte può avere accesso dovendo
valutare anche nel merito in materia di M.A.E., si rileva l’esistenza del
provvedimento cautelare emesso il 5 luglio 2017 da parte dell’autorità giudiziaria

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richiedente non costituisce di per sé causa ostativa alla concessione

spagnola, rinvenendosi in atti, in quanto acquisito all’udienza del 21 dicembre
2017, la nota informativa del Ministero dell’Interno spagnolo in lingua spagnola
conosciuta dal ricorrente, che evidenzia il ruolo assunto dal Di Lallo nell’ambito
del contesto criminale che gli viene contestato.

4. Quanto al terzo motivo in cui si censura l’omessa valutazione della
sussistenza dei limiti posti dall’art. 18, lett. t) della L. 22 aprile 2005, n. 69, deve
confermarsi che l’autorità giudiziaria italiana, ai fini della “riconoscibilità” del

mandato sia, per il suo contenuto intrinseco o per gli elementi raccolti in sede
investigativa, fondato su un compendio indiziario che l’autorità giudiziaria
emittente ha ritenuto seriamente evocativo di un fatto-reato commesso dalla
persona di cui si chiede la consegna” (Sez. un. n. 4614 del 30/1/2007, Ramoci ,
Rv. 235348; tra le tante, v. Sez. F, n. 33642 del 13/9/2005, Hussain, Rv.
232118; Sez. 6, n. 34355 del 23/9/2005, Ilie, Rv. 232053).
4.1. Esula pertanto dai poteri conferiti al giudice nazionale qualsiasi
valutazione in ordine all’adeguatezza del materiale indiziario posto alla base del
provvedimento cautelare e degli elementi di prova addotti a discarico dal
ricorrente, i quali troveranno la loro normale sede di prospettazione e disamina
dinanzi all’autorità giudiziaria emittente (Sez. 6, n. 16362, del 16/4/2008;
Mandaglio, Rv. 239649; da ultimo, v. Sez. 6, n. 44911 del 06/11/2013,
Stoyanov, Rv. 257466), essendo sufficiente che le fonti di prova indicate nella
relazione siano astrattamente idonee a fondare la gravità indiziaria (Sez. F, n.
32381 del 24/08/2010, Termini, Rv. 248254; Sez. 6, n. 44911 del 06/11/2013,
Stoyanov, Rv. 257466; Sez. 6, n. 3952 del 27/01/2016, Jovanovic, non mass.).
4.2. La Corte d’appello nel caso in esame risulta aver fatto buon governo dei
principi di diritto citati, richiamando le evidenze fattuali poste alla base del
provvedimento cautelare emesso nei confronti del ricorrente, costituite dalle
indagini svolte dagli inquirenti e che danno atto dell’esistenza di un ramificata
organizzazione criminale capeggiata da Francesco D’Argenio, con base operativa
a Barcellona, avente lo scopo di acquistare, gestire e trasferire in Italia
importanti quantità di stupefacenti e di riciclare il denaro così conseguito
mediante società istituite in Spagna, Portogallo, Germania e Italia.
Il Di Lallo, nell’ambito di tale sodalizio, è personalmente implicato nel
sequestro di 390 chilogrammi di hashish trasferiti dalla Spagna, tramite il porto
di Barcellona, in Italia, in quanto personalmente ha trasportato lo stupefacente
per mezzo di furgoni al deposito di Martorell, da dove poi sono partiti i mezzi
imbarcati a Barcellona diretti in Italia con la sostanza a bordo.

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presupposto dei gravi indizi di colpevolezza, deve limitarsi “a verificare che il

Inconferente è la circostanza dedotta con i motivi di ricorso secondo cui
l’autorità italiana non ha ritenuto sussistente, in ordine agli stessi fatti, i gravi
indizi di reato, circostanza che, per quanto sopra detto, non compete a questa
Corte valutare.

5. Egualmente infondato risulta l’ultimo dei motivi di ricorso secondo cui la
Corte territoriale non avrebbe valutato le condizioni di salute ritenendole

L’art. 23, comma 3 I. 22 aprile 2005, n. 69 fa riferimento alla disciplina della
esecuzione della consegna e presuppone la sentenza irrevocabile che abbia già
deciso in ordine alla legittimità del provvedimento con cui è stata ordinata la
consegna alle autorità estere.
Da tanto consegue che nessun obbligo di motivazione in merito sussiste in
capo ai giudici d’appello, non potendosi qualificare tale omissione vizio di
illegittimità da far valere in sede di ricorso, potendo semmai assumere rilevanza,
secondo quanto previsto dall’art. 23 cit., all’esito della presente procedura ed
alla sua irrevocabilità.

6. Al rigetto del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese
processuali, secondo quanto previsto dall’art. 616, comma 1, cod. proc. pen.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, legge n.
69/2005.
Così deciso il 26/04/2018

Il Consigliere estensore
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Antonio Costantini,’—,

Il Presidente
V” enzo Rotun o

Avr.,

Igdoe

apoditticamente non incompatibili all’esito della versata documentazione che
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farebbe presente la sussistenzàyprologie riferite al Di Lallo.

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