Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18871 del 26/04/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 18871 Anno 2018
Presidente: ROTUNDO VINCENZO
Relatore: CALVANESE ERSILIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Stirbu Angelica Delia, nata in Romania il 22/02/1972

avverso la sentenza del 20/03/2018 della Corte di appello di Bologna

visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Ersilia Calvanese;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Sinnone Perelli, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio
limitatamente al secondo motivo.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Bologna
disponeva la consegna di Angelica Delia Stirbu alle autorità giudiziarie rumene
che l’aveva chiesta con mandato di arresto europeo al fine della esecuzione della
pena inflittale per concorso in truffe e sequestro di persona.

Data Udienza: 26/04/2018

2. Avverso la suddetta sentenza, ricorre per cassazione il difensore della
Stirbu, denunciando i motivi di seguito sintetizzati ai sensi dell’art. 173 disp. att.
cod. proc. pen.:
– violazione dell’art. 18, comma 1, lett. r) della I. n. 69 del 2005, in quanto
la Corte di appello avrebbe svalutato i numerosi indizi riferiti alla ricorrente circa
la sua non estemporanea presenza nel territorio italiano, quanto meno
dall’agosto 2016, ritenendo invece dirimente una circostanza non decisiva (la
mancata produzione di buste-paga); in particolare la ricorrente aveva

l’INPS e la lettera di assunzione, nonché altre circostanze utili a tal fine, quali la
residenza in Imola, il contratto di locazione intestato al convivente, la
conoscenza della lingua italiana; inoltre in sede cautelare, gli stessi giudici
avevano valutato gli stessi elementi al fine di ritenere mutate le esigenze
cautelari;
– violazione dell’art. 18, comma 1, lett.

h) della I. n. 69 del 2005, non

avendo la Corte di appello richiesto informazioni sulle condizioni carcerarie
rumene.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Il primo motivo è manifestamente infondato.
La nozione di “residenza” che viene in considerazione per l’applicazione dei
diversi regimi di consegna previsti dalla legge n. 69 del 2005, presuppone
l’esistenza non della mera “presenza” in Italia del cittadino europeo (che è
facilitata dalla libertà riconosciuta ad ogni cittadino dell’Unione europea di
circolare all’interno del territorio di ciascuno degli Stati membri), ma di un
radicamento reale e non estemporaneo dello straniero nello Stato, tra i cui indici
concorrenti vanno indicati la legalità della sua presenza in Italia, l’apprezzabile
continuità temporale e stabilità della stessa, la distanza temporale tra
quest’ultima e la commissione del reato e la condanna conseguita all’estero, la
fissazione in Italia della sede principale, anche se non esclusiva, e consolidata
degli interessi lavorativi, familiari ed affettivi, il pagamento eventuale di oneri
contributivi e fiscali (tra le tante, Sez. 6, n. 50386 del 25/11/2014, Batanas, Rv.
261375).
Correttamente la Corte di appello ha fatto applicazione del suddetto principio
di diritto, posto che tutta la documentazione prodotta dalla ricorrente attestava
la presenza della stessa nello Stato italiano a far data dalla metà del 2017 e

2

documentato lo svolgimento di attività lavorativa, attraverso la denuncia presso

quindi per un un lasso temporale di pochi mesi rispetto al suo arresto avvenuto il
20 gennaio 2018. Si tratta di un periodo di tempo inidoneo in modo evidente a
far ritenere la stessa “radicata” nel territorio italiano.

3. Il secondo motivo, che introduce una questione non sollevata davanti alla
Corte di appello, è affetto da genericità.
La ricorrente si è infatti limitata ad evocare in questa sede in modo del tutto
generico il tema delle condizioni carcerarie in Romania, sul quale già da tempo si

267296), senza, peraltro, illustrare l’attualità e la serietà del pericolo di
trattamenti inumani e degradanti.
Come già affermato più volte da questa Corte (Sez. 6, n. 7186 del
07/02/2018; Marius, non mass.; Sez. 6, n. 7187 del 09/02/2018, Marius, non
mass.; Sez. 6, n. 18016 del 18/04/2018, Breaz, non mass.), la situazione
carceraria nello Stato rumeno è notevolmente mutata e ne dà atto la
presentazione il 25 gennaio 2018 alle istanza europee di un action plan per
contrastare tutti i gaps riscontrati dalla sentenza pilota della Corte EDU Rezmives
ed altri c. Romania del 25 aprile 2017, che aveva condannato la Romania per le
carenze strutturali delle condizioni di detenzione, ritenute in violazione dell’art. 3
CEDU, chiedendo la introduzione di “misure generali per risolvere il problema del
sovraffollamento carcerario e delle pessime condizioni di detenzione”.

4.

Sulla base di quanto premesso, il ricorso deve essere dichiarato

inammissibile. La ricorrente deve, pertanto, essere condannata, ai sensi dell’art.
616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13
giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso
siano stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa
di inammissibilità”, deve, altresì, disporsi che la ricorrente versi la somma,
determinata in via equitativa, di duemila euro, in favore della cassa delle
ammende.
La cancelleria provvederà alle comunicazioni di rito.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 2.000 in favore della cassa delle
ammende.

3

è pronunciata questa Corte (sin da Sez. 6, n. 23277 del 01/06/2016, Barbu, Rv.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, I. n.
69 del 2005.
Così deciso il 267/2018.

Ersilia C

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I Presidente
Tncenzo Rotjpo

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Il Consiglier estensore

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