Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18870 del 12/04/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 18870 Anno 2018
Presidente: FIDELBO GIORGIO
Relatore: GIORDANO EMILIA ANNA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Anelli Michele, n. a Corato il 2/3/1968

avverso l’ordinanza del 29/12/2017 del Tribunale di Bari

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Emilia Anna Giordano;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Luca
Tampieri che conclude per l’inammissibilità del ricorso;
udito per il ricorrente il difensore, avvocato Luca Gagliardi, che si è riportato ai
motivi di ricorso chiedendone l’accoglimento.

RITENUTO IN FATTO

1. Michele Anelli impugna il provvedimento indicato in epigrafe con il quale il
Tribunale di Bari ha confermato l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari
del Tribunale di Trani che gli aveva applicato la misura della custodia cautelare in

Data Udienza: 12/04/2018

carcere per i reati di cui agli artt. 353, 56,629, 423 cod. pen. e 2 e 4 legge n.
895/1967, commessi in Corato fino al 29 novembre 2017.

2. Il ricorrente, con motivi di seguito sintetizzati ai sensi dell’art. 173 disp.
att. cod. proc. pen., denuncia vizio di violazione di legge e vizio di motivazione
sul punto della ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari. Deduce, in
particolare, che l’ordinanza impugnata non contiene alcuna valutazione sulla
insussistenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 274, comma 1, lett. a) e b),

camerale né sulle difese dell’indagato, limitandosi a ripercorrere, con
motivazione generica e generalista, le argomentazioni riportate nell’ordinanza
impositiva e trascurando che è già stato emesso decreto di giudizio immediato,
che rende non configurabile il pericolo di inquinamento probatorio. Sussistono,
inoltre, seri dubbi sulla fondatezza delle accuse, conclusione che non può che
ridondare sulla necessità di applicazione della misura, evenienza che non ha
costituito oggetto di autonoma valutazione da parte del giudice limitatosi a
riportare, per relationem,

la motivazione dell’ordinanza genetica. A questo

riguardo evidenzia che le accuse della persona offesa dal reato non sono state
sottoposte alla verifica della sussistenza di riscontri esterni e che le risultanze
delle operazioni di intercettazione ambientale non sono utilizzabili perché le
intercettazioni non potevano essere disposte, in mancanza del necessario
presupposto costituito dalla accertata commissione del reato di turbata libertà
degli incanti, fondata sulle sole dichiarazioni del Bucci.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile per la intrinseca genericità che ne contrassegna
il contenuto.

2. Il Tribunale del riesame di Bari ha ritenuto sussistenti le esigenze
cautelari di cui all’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., fondate sul
negativo ed allarmante giudizio sulla personalità dell’imputato espresso sulla
scorta della gravità e reiterazione di condotte illecite e della recente epoca di
commissione dei fatti. Con tale conclusione e con gli argomenti che ne
costituiscono il fondamento, il ricorrente non si confronta denunciando, invece, il
mancato esame delle deduzioni difensive che concernevano la insussistenza delle
esigenze cautelari di cui all’art. 274, lett. a) e b), cod. proc. pen., pericula che

/
2

/

cod. proc. pen. in risposta alle deduzioni difensive svolte nel corso dell’udienza

neppure erano stati posti a fondamento della misura genetica dal giudice per le
indagini preliminari.

3. Ritiene il Collegio che l’apparato argomentativo dell’ordinanza impugnata
assolve, in particolare, alla prescrizione della necessaria autonoma valutazione
delle esigenze cautelari, oltre che dei gravi indizi di colpevolezza, contenuta
nell’art. 292, comma primo, lett. c), cod. proc. pen., come modificato dalla legge
16 aprile 2015, n. 47, prescrizione che è osservata anche quando il giudice

delle indagini e segnalati dalla richiesta del pubblico ministero (Sez. 3, n. 35296
del 14/04/2016, P.M. in proc. Elezi, Rv. 268113) ovvero risultanti dal titolo
genetico, poiché l’autonoma valutazione del giudice deve ritenersi adempiuta in
presenza di un ragionato confronto critico nel quale siano enunciate, con
adeguatezza e logicità, le circostanze ed emergenze processuali determinanti per
la formazione del convincimento e

l’iter logico seguito per addivenire alla

decisione adottata. Evenienza verificatasi nel caso in esame in cui il Tribunale ha
ritenuto sussistente, in termini puntuali e specifici, la ricorrenza del pericolo di
reiterazione di condotte dello stesso genere, implicanti violenza alla persona e
l’uso di esplosivi, e, quindi, di una specifica situazione che, in relazione alla
gravità dei fatti nonché alla natura ed al grado delle esigenze di prevenzione da
soddisfare in concreto, rendevano imprescindibile ed inevitabile la necessità di
adottare e mantenere la misura cautelare più grave, dando conto, con criteri
logici e di plausibile persuasività, delle ragioni giustificative di un provvedimento
che, in nome della preminente esigenza di prevenzione speciale, non altrimenti
realizzabile, ha sacrificato la libertà personale dell’imputato con la misura di
massimo rigore. Il descritto percorso argomentativo non lascia spazio
all’alternativa di ritenere realizzabile la finalità cautelare con una misura meno
grave, tenuto conto, altresì, che la insussistenza del pericolo di inquinamento
probatorio, a seguito di emissione del decreto di giudizio immediato, ovvero del
pericolo di fuga non appaiono, di per sé idonei ad incidere, escludendolo ovvero
attenuandolo, sul ritenuto pericolo di reiterazione. Ne consegue che il mancato
esame delle deduzioni difensive sul punto non concreta un vizio di omessa
motivazione suscettibile di inficiare di nullità l’ordinanza impugnata.

4. Né il ricorso individua passaggi argomentativi dell’ordinanza impugnata
che evochino una motivazione generica o apodittica ovvero la mera riscrittura
degli elementi indiziari, secondo un procedimento suscettibile di dare luogo a
nullità dell’ordinanza per mancanza di motivazione. Viceversa, dalla lettura del
provvedimento impugnato, emerge che il Tribunale, ponendosi in ragionato

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ripercorra, motivando per relationem, gli elementi oggettivi emersi nel corso

confronto con la linea difensiva dell’imputato – secondo la quale le conversazioni
intercettate denotano meri commenti, affermazioni ed improperi dell’imputato in
preda all’ira — ha proceduto alla disamina critica delle dichiarazioni accusatorie
della persona offesa; dei riscontri rivenienti dalle dichiarazioni rese da persone
informate sui fatti; delle risultanze delle conversazioni intercettate a bordo
dell’autovettura dell’imputato (cfr. in particolare le pag. 7 e 8 dell’ordinanza
impugnata); dei filmati estrapolati dai sistemi di videosorveglianza installati nei
pressi dei locali e dell’abitazione della persona offesa e dello stesso ricorrente, in

che rimandano alla responsabilità dell’Anelli. Questi, secondo le dichiarazioni
rese dalla persona offesa, aveva, dapprima, imposto al Bucci di ritirare la
proposta di acquisto di beni della famiglia Anelli messi all’asta e, nel mese di
novembre 2017, veniva intercettato mentre era impegnato nella costante e
concreta pianificazione di azioni ritorsive nei confronti dei Bucci che, pur non
avendo personalmente partecipato all’incanto dal quale si era ritirato a seguito
delle minacce ricevute, si stava interessando di acquistare gli immobili dalla
società che ne era risultata aggiudicataria: appaiono, pertanto, fondate su
elementi gravi e concordanti anche le conclusioni dell’ordinanza nella parte in cui
il ricorrente viene individuato come mandante degli attentati dinamitardi ed
incendiari susseguitisi in danno del predetto Bucci a partire dal mese di
settembre 2017.

5. Altrettanto generica, perché non si confronta con la disamina dei riscontri
che avallano la ricostruzione del Bucci, appare la questione che concerne la
legittimità delle disposte operazioni di intercettazione ambientale, questione che,
peraltro, essendo stata sollevata per la prima volta con l’odierno ricorso, non è
deducibile con la proposta impugnazione in sede di legittimità (cfr. Sez. 5, n.
39042 del 01/10/2008, Sama’, Rv. 242319).

6. Consegue alla dichiarazione di inammissibilità la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali e sulla base delle ragioni di inammissibilità,
al versamento dell’ammenda, indicata in dispositivo, in favore della cassa delle
ammende.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro duemila in favore della

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una parola dell’intero compendio probatorio, e così ha evidenziato gli elementi

cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art.
94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen..

Così deciso il 12 aprile 2018

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