Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18866 del 04/04/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 18866 Anno 2018
Presidente: ROTUNDO VINCENZO
Relatore: CALVANESE ERSILIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Beluli Eredo, nato in Albania il 05/10/1987

avverso la sentenza del 07/12/2017 della Corte di appello di Torino

visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Ersilia Calvanese;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Mariella De Masellis, che ha concluso per il rigetto del ricorso purché sia
garantito al ricorrente di impugnare nel merito.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Torino
dichiarava la sussistenza delle condizioni per l’estradizione di Eredo Beluli
richiesta dal Governo dello Stato di Albania per l’esecuzione della pena inflittagli
di 11 anni di reclusione per il reato di truffa.

2.

Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione

l’estradando, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173,
disp. att. cod. proc. pen.:

Data Udienza: 04/04/2018

- violazione dell’art. 705, comma 2, cod. proc. pen., in relazione al Secondo
Protocollo aggiuntivo alla Convenzione europea di estradizione, avendo la Corte
di appello ritenuto sufficiente a garantire i diritti di difesa del ricorrente, giudicato
in absentia, senza aver ricevuto notizia alcuna del procedimento a suo carico
(pur essendo nota la sua residenza a Torino), l’esistenza nel codice albanese
dell’istituto della rinnovazione del giudizio, quando invece era necessario, come
prevede il suddetto Protocollo, che lo Stato richiedente fornisse precise garanzie
a tal riguardo;

contestava la giurisdizione albanese per i reati per i quali era stato condannato e
si rappresentava il pericolo al quale sarebbe stato esposto il ricorrente in caso di
consegna.
In data 28 marzo 2016, il difensore del Beluli ha fatto pervenire una
memoria con la quale, in relazione al secondo motivo di ricorso, ha prospettato il
pericolo di trattamenti inumani dovuti al sovraffollamento carcerario nello Stato
richiedente.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso va dichiarato inammissibile per le ragioni di seguito illustrate.

2. Va preliminarmente rilevata la genericità del secondo motivo, con il quale
il ricorrente non prospetta con la specificità, richiesta in questa sede, le questioni
sottoposte alla Corte di appello e da questa non esaminate, limitandosi ad
allegare le memorie depositate all’udienza ex art. 704 cod. proc. pen.
È inammissibile invero il ricorso per cassazione i cui motivi si limitino a
lamentare l’omessa valutazione, da parte del giudice di merito delle censure
articolate con il relativo atto di gravame, rinviando genericamente ad esse,
senza indicarne il contenuto, al fine di consentire l’autonoma individuazione delle
questioni che si assumono irrisolte e sulle quali si sollecita il sindacato di
legittimità, dovendo l’atto di ricorso contenere la precisa prospettazione delle
ragioni di diritto e degli elementi di fatto da sottoporre a verifica (tra le tante,
Sez. 3, n. 35964 del 04/11/2014, dep. 2015, B, Rv. 264879).
E’ appena il caso di rilevare viepiù che il difetto di giurisdizione non
costituisce

ex se

motivo ostativo alla estradizione rilevabile in sede

giurisdizionale: ancorché il reato oggetto della domanda sia stato commesso in
ipotesi in Italia, l’art. 705 cod. proc. pen. considera ostativa soltanto la pendenza
nello Stato di un procedimento penale (sulla nozione di pendenza, Sez. 6, n.

2

– omessa motivazione su due memorie presentate dalla difesa in cui si

26290 del 28/05/2013, Paredes Morales, Rv. 256565). Situazione questa
neppure allegata dal ricorrente.

3. Relativamente al primo motivo, deve essere osservato che all’udienza per
la convalida dell’arresto a fini estradizionali il ricorrente ha dichiarato di essere a
conoscenza della condanna per la quale era richiesta la sua consegna, fornendo
anche una sua versione dei fatti in proposito.
Pertanto, il motivo di ricorso appare genericamente formulato alla luce della

conoscenza del processo o quanto meno della sentenza a suo carico.

4. L’inammissibilità del ricorso preclude l’esame sia di memorie che di motivi
nuovi (art. 584, comma 4 cod. proc. pen.), volti ad integrare la genericità dei
motivi originari.

5. Alla stregua di tali rilievi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616 cod.
proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13
giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso
siano stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa
di inammissibilità”, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma,
determinata in via equitativa, di duemila euro, in favore della cassa delle
ammende.
La Cancelleria provvederà agli adempimenti di competenza.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 2.000 in favore della cassa delle
ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 203 disp. att. cod.
proc. pen.
Così deciso il 04/04/2018.

Il Consiglier estensore

Il Presidente

Ersilia Cdlvaese

Vi cenzo Rotindo

circostanza sopra indicata, dalla quale emerge che il ricorrente ha avuto

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