Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18864 del 22/03/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 18864 Anno 2018
Presidente: DI STEFANO PIERLUIGI
Relatore: CAPOZZI ANGELO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DI BENEDETTO SANTO nato il 02/03/1957 a CATANIA

avverso l’ordinanza del 30/11/2017 del TRIB. LIBERTA’ di CATANIA
sentita la relazione svolta dal Consigliere ANGELO CAPOZZI;
sentite le conclusioni del PG ROBERTO ANIELLO che ha concluso per
l’inammissibilita’ del ricorso.
Udito il difensore avv. CATALANO MONICA in difesa di DI BENEDETTO SANTO
che ha chiesto l’annullamento del provvedimento impugnato.

Data Udienza: 22/03/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Catania, a seguito di
istanza di riesame nell’interesse dell’indagato Santo DI BENEDETTO
avverso la ordinanza cautelare emessa il 9.11.2017 dal GIP distrettuale
con la quale è stata applicata al predetto la misura della custodia in

in ordine alla sua partecipazione all’associazione mafiosa denominata
clan Mazzei c.d. “Carcagnusi” dal mese di ottobre 2016 ad oggi e la
misura applicata.
2. Avverso la ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il
difensore dell’indagato deducendo:
2.1. Violazione di legge e vizio della motivazione in relazione alla
omessa declaratoria di inutilizzabilità delle acquisite intercettazioni
rispetto alle quali non risulta alcuna motivazione a corredo della scelta
degli impianti utilizzati diversi da quelli dell’Ufficio di Procura né della
pretesa urgenza.
2.2. Violazione di legge e vizio della motivazione in ordine alla
ritenuta sussistenza della gravità indiziaria desunta da due sole
intercettazioni e due dichiarazioni di collaboratori di giustizia senza che
mai il ricorrente fosse interlocutore diretto o avesse avuto contatti con i
predetti collaboratori. In particolare, non risulta alcuna condotta
direttamente ascrivibile al ricorrente e, con riguardo alle dichiarazioni
dei collaboratori, esse si limitano ad una generica affermazione della
partecipazione del ricorrente ad una consorteria mafiosa. Risulta, infine,
ignorata la conversazione del 20.10.2016 durante il summit di Lentini
dalla quale emerge – in dissonanza dall’accusa – che nessuno dei
responsabili del gruppo di Lentini era a conoscenza che il Di Benedetto
volesse “allargarsi su Lentini”.
2.3. S’avanza, infine, il difetto di esigenze cautelari, segnatamente
quello correlato alle esigenze probatorie in relazione al non influenzabile
materiale captativo acquisito.

1

carcere, ha confermato la gravità indiziaria a carico del DI BENEDETTO

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.
2. Il primo motivo è generico risultando mera riproposizione di
questione già proposta al Giudice di merito e senza confrontarsi con la

3. Il secondo motivo è generico ed in fatto rispetto alla ineccepibile
motivazione che ha individuato la partecipazione associativa del
ricorrente al clan Mazzei – del quale è stata verificata l’attuale
operatività – in quanto protagonista delle vicende del 12 e 13 maggio
2013 che diedero luogo alle fibrillazioni tra il clan Santapaola-Ercolano
ed il clan Mazzei a seguito della aggressione ai danni del COCO da parte
del PAPPALARDO, in relazione alla quale era stato individuato come
mandante il ricorrente, al quale il PAPPALARDO era legato,
pretendendosi da parte dei santapaolini una presa di posizione
riparatrice del clan Mazzei, al quale il Di Benedetto era affiliato. A ciò si
aggiunge l’emergenza relativa al summit con il clan Nardo che biasimava
l’ingerenza del ricorrente nella zona di spaccio di pertinenza di detto
clan; come pure le captazioni tra VESPA e FALLICA su analoghe mire
espansionistiche del ricorrente e sul malcontento maturato nell’ambito
del gruppo dei “carcagnusi” per la condotta del ricorrente, foriera di
conflitti con i Santapaola. Infine, il Tribunale segnala la sopravvenienza
delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Bonanno e Sardo sulla
partecipazione associativa al clan Mazzei del ricorrente che hanno
contribuito ad arricchire il quadro indiziario a suo carico.
4. Del tutto generico è l’accennato motivo sulle esigenze cautelari.
5. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali e della somma che si stima equo
determinare in euro duemila in favore della cassa delle ammende.
6. Devono essere disposti gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1
ter disp. att. cod. proc. pen..

2

motivazione a riguardo resa in ordine alla sua infondatezza.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila in
favore della cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli
adempimenti di cui all’art. 94 comma iter disp. att. cod. proc. pen..

Il Componente estensore
Angelo Capozzi

Così deciso il 22.3.2018.

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