Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18859 del 26/01/2017


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 18859 Anno 2017
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: MENGONI ENRICO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Favero Antonia, nata in Francia il 13/7/1955

avverso la sentenza del 25/2/2016 del Tribunale di Vicenza;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere Enrico Mengoni;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore generale, che ha concluso chiedendo dichiarare inammissibile il
ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 25/2/2016, emessa ai sensi dell’art. 129 cod. proc.
pen., il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Vicenza dichiarava non
doversi procedere nei confronti di Antonia Favero perché il fatto non è più
previsto dalla legge come reato; al riguardo, evidenziava che la condotta ascritta
– di cui all’art. 10-ter, d. Igs. 10 marzo 2000, n. 74 – non raggiungeva la soglia
di 250.000 euro, fissata dal d. Igs. 24 settembre 2015, n. 158, arrestandosi a
90.308,79 euro.

Data Udienza: 26/01/2017

2. Propone ricorso per cassazione la Favero, a mezzo del proprio difensore,
deducendo i seguenti motivi:
– abnormità genetica o strutturale del provvedimento. Il G.i.p., investito
dell’opposizione al decreto penale di condanna, avrebbe dovuto pronunciarsi
esclusivamente ai sensi dell’art. 464 cod. proc. pen., senza poter adottare
provvedimenti di segno diverso;
– nullità della sentenza per violazione dell’art. 178, comma 1, lett. c), cod.
proc. pen.. Il Giudice si sarebbe pronunciato de plano, senza contraddittorio tra

– erronea applicazione della legge penale. La sentenza avrebbe prosciolto
l’imputata perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, in luogo de il
fatto non sussiste, formula più corretta e più favorevole.
3. Con requisitoria scritta del 15/9/2016, il Procuratore generale presso
questa Corte ha chiesto dichiarare inammissibile il ricorso
CONSIDERATO IN DIRITTO
Preliminarmente si osserva che la presente motivazione è redatta in forma
semplificata, ai sensi del decreto n. 68 del 28/4/2016 del Primo Presidente di
questa Corte.
4. Il gravame è fondato.
Con riguardo alla prima doglianza, assorbente rispetto alle successive,
occorre qui ribadire il costante e condiviso indirizzo di legittimità (per tutte, Sez.
U, n. 21243 del 25/3/2010, Zedda, Rv. 246910) in forza del quale, «una volta
che il giudice abbia emesso il decreto di condanna, in accoglimento della
richiesta del pubblico ministero, le successive fasi sono rigidamente scandite
dalla procedura dettata dal codice in relazione alle scelte fatte dal condannato: in
caso di opposizione, a seconda delle opzioni formulate dall’opponente, il giudice
emette decreto di giudizio immediato ovvero provvede agli adempimenti
connessi alla richiesta di giudizio abbreviato o di applicazione di pena ex art. 444
cod. proc. pen. o di oblazione (art. 464 cod. proc. pen.); in caso di inerzia, o di
opposizione inammissibile, il giudice ordina l’esecuzione del decreto di condanna
(art. 461 comma 5 cod. proc. pen.). Di conseguenza, dopo che il decreto di
condanna sia stato emesso, il giudice per le indagini preliminari è spogliato di
poteri decisori sul merito dell’azione penale, incombendo sullo stesso, ove sia
proposta opposizione, esclusivamente poteri-doveri di propulsione processuale,
obbligati nell’an e nel quomodo, con la sola eccezione rappresentata dalla
decisione sulla eventuale domanda di oblazione (v. art. 464 comma 2 cod. proc.
pen.). D’altra parte dovrebbe ritenersi che tale giudice, ove poi decidesse, al di
fuori dei suoi poteri, sul merito dell’azione penale, incorrerebbe anche in una

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le parti;

violazione delle regole sulla incompatibilità, dato che l’art. 34 comma 2 cod.
proc. pen. inibisce al giudice che abbia emesso decreto penale di condanna di
“partecipare al giudizio” concernente lo stesso imputato (v. specificamente Corte
cost., ord. n. 126 del 2001; e in genere, sull’ampio significato del termine
“giudizio”, Corte cost., sent. n. 131 del 1996). Per le stesse considerazioni, dopo
l’emissione del decreto penale non sono concepibili iniziative interlocutorie da
parte del giudice per le indagini preliminari, come quelle dirette ad acquisire dal
pubblico ministero ulteriori elementi di valutazione. Al riguardo è il caso di notare

come gravame puro, traducendosi in una mera richiesta di giudizio nel
contraddittorio, secondo le peculiarità dei vari riti previsti dalla legge processuale
in relazione all’opzione esercitata, essendo irrilevanti eventuali motivi di censura
sulla statuizione di condanna (…); motivi dunque che, ove superfluamente
apposti, il giudice in questa sede non è tenuto ad esaminare, trattandosi
propriamente di mere ragioni a difesa che dovranno essere eventualmente
considerate nell’ambito del giudizio conseguente all’opposizione».
5. Ne consegue che la sentenza in oggetto – pronunciata dal G.i.p. proprio
in sede di opposizione a decreto penale di condanna – deve essere annullata
senza rinvio; e senza restituzione degli atti, atteso che – giusta d. Igs. n. 158 del
2015 – il fatto contestato non sussiste, non superando l’omissione ex art. 10-ter
la soglia di 250.000 euro. Formula, quest’ultima, da preferirsi al “fatto non è
previsto dalla legge come reato” di cui alla pronuncia impugnata, posto che la
soglia di rilevanza penale suddetta deve ritenersi elemento costitutivo
dell’illecito, contribuendo la stessa a definirne il disvalore (in tal senso, tra le
altre, oltre a Sez. U., n. 37954 del 25/05/2011, Orlando, Rv. 250975, da ultimo,
Sez. 3, n. 6105 del 18/11/2015, Marchese, Rv. 266273).

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.
Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2017

Il Presidente

incidentalmente che l’atto di opposizione, come è generale opinione, si configura

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