Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18853 del 26/01/2017


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 18853 Anno 2017
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: MENGONI ENRICO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Libelli Andrea, nato a Piacenza il 29/4/1976

avverso la sentenza del 18/1/2016 del Tribunale di Piacenza;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere Enrico Mengoni;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore generale, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 18/1/2016, in esito ad annullamento con rinvio disposto
da questa Corte Suprema in data 5/5/2015, il Tribunale di Piacenza disponeva
nei confronti di Andrea Libelli la sospensione della patente di guida per un anno e
quattro mesi, quale sanzione accessoria alla pena irrogata allo stesso – ai sensi
dell’art. 444 cod. proc. pen. – in ordine al delitto di cui all’art. 589 cod. pen..
2. Propone ricorso per cassazione il Libelli, personalmente, deducendo i
seguenti motivi:

Data Udienza: 26/01/2017

- inosservanza o erronea applicazione della legge penale. Il Giudice avrebbe
applicato la sanzione in oggetto senza mantenere alcuna proporzione con la pena
principale, pari ad otto mesi di reclusione, e senza tener conto del concorso di
colpa che aveva causato il sinistro mortale;
– carenza di motivazione. La sentenza non avrebbe argomentato quanto alla
riduzione fino ad 1/3 di cui all’art. 222, comma 2-bis, d. Igs. 30 aprile 1992, n.
285, né avrebbe applicato la stessa.
3. Con requisitoria scritta del 22/7/2016, il Procuratore generale presso

CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il gravame risulta infondato.
Con riguardo, innanzitutto, alla seconda doglianza, da esaminare in via
prioritaria, osserva il Collegio che la stessa costituisce l’evidente frutto di una
svista; la sentenza impugnata, infatti, ha dato ben conto della disposizione di cui
all’art. 222, comma 2-bis, C.d.S. (a mente del quale la sanzione amministrativa
accessoria della sospensione della patente fino a quattro anni è diminuita fino a
un terzo nel caso di applicazione della pena ai sensi degli artt. 444 ss. cod. proc.
pen.) e, in forza di ciò, ha ridotto la sanzione da due anni ad un anno e quattro
mesi.
Senza che possa ravvisarsi, dunque, la dedotta carenza motivazionale.
5. Quanto, poi, alla prima censura, in punto di proporzione tra pena
principale ed accessoria, rileva la Corte che questa non è prescritta da alcuna
disposizione, rispondendo peraltro le due sanzioni a

rationes diverse e non

assimilabili (al punto che quella accessoria rimane estranea all’accordo di cui
all’art. 444 cod. proc. pen. e, comunque, prescinde da esso); né, peraltro, al
riguardo può ravvisarsi un vizio argomentativo, atteso che il Giudice – nel
quantificare la sospensione della patente nei termini suddetti – ha richiamato «il
grado della colpa concretamente contestata all’imputato e descritta nel capo di
imputazione», sì da riferire la durata della sanzione alla concreta portata della
condotta. In tal modo, dunque, il Tribunale ha fatto buon governo del principio,
affermato dal Supremo Collegio di legittimità, in forza del quale, qualora alla
sentenza di patteggiamento consegua di diritto la sanzione amministrativa
accessoria della sospensione della patente, il Giudice, nel determinarne la
durata, deve far riferimento alla gravità della violazione commessa, all’entità del
danno apportato ed al pericolo che l’ulteriore circolazione potrebbe cagionare,
secondo i criteri fissati in via generale dal secondo comma dell’art. 218 del
codice della strada, e cioè deve avvalersi del criterio predeterminato per

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questa Corte ha chiesto rigettarsi il ricorso, attesane l’infondatezza.

l’autorità amministrativa (prefetto) che disponga la sospensione della patente
(Sez. U, n. 8488 del 27/5/1998, Bosio, Rv. 210982).
6. E fermo restando, infine, che — giusta costante indirizzo di questa Corte il Giudice, che applichi con la sentenza di patteggiamento la sanzione
amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, non deve
comunque fornire una motivazione sul punto allorché la misura si attesti non
cI votti

oltre la media edittale e non constino specifici di meritevolezza in favore
dell’imputato, come nel caso di specie (per tutte, Sez. 4, n. 21574 del

7. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato, ed il ricorrente condannato al
pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2017

Il C nsigliere estensore

Il Presidente

29/1/2014, Armanetti, Rv. 259211).

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