Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18850 del 06/03/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 18850 Anno 2018
Presidente: FIDELBO GIORGIO
Relatore: CRISCUOLO ANNA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
GIOFFRE? FRANCESCO nato il 02/11/1982 a TAURIANOVA

avverso l’ordinanza del 01/12/2017 del TRIB. LIBERTA’ di TORINO
sentita la relazione svolta dal Consigliere ANNA CRISCUOLO;
sentite le conclusioni del PG PAOLA FILIPPI, che conclude per il rigetto del
ricorso.
Udito il difensore, avv. SCUTIERI Raffaella, quale sost. proc. dell’avv. NAPOLI
Antonino, che si riporta ai motivi di ricorso.

Data Udienza: 06/03/2018

RITENUTO IN FATTO

1. I difensori di Gioffrè Francesco propongono ricorso avverso l’ordinanza
indicata in epigrafe con la quale il Tribunale del riesame di Torino ha respinto
l’appello proposto avverso l’ordinanza del G.i.p. del medesimo Tribunale,
reiettiva dell’istanza di sostituzione della misura custodiale con arresti
domiciliari, formulata ai sensi dell’art. 275, comma quarto, cod. proc. pen.
Ne chiedono l’annullamento per i seguenti motivi:

deduce che con l’appello si chiedeva in via principale l’annullamento o la revoca
dell’ordinanza impugnata, in quanto il G.i.p. aveva omesso di considerare le
circostanze evidenziate ed in particolare, la presenza nel nucleo familiare di due
figli di età inferiore ai sei anni e l’impossibilità della moglie del ricorrente di
accudirli durante l’orario di lavoro; tale omissione costituisce un grave vizio
dell’ordinanza, integrante una violazione di legge, che avrebbe dovuto indurre il
Tribunale ad annullarla, ipotesi che il Tribunale ha escluso, ritenendo possibile
solo la riforma o la conferma del provvedimento impugnato, trascurando che
l’art. 310 cod. proc. pen. richiama le disposizioni dell’art. 309, commi 1,2,3, 4 e
7 cod. proc. pen. con conseguente possibilità di pronunciare anche
l’annullamento per motivi formali;
1.2 violazione dell’art. 274 lett. c) cod. proc. pen. e vizio di motivazione per
insussistenza di un concreto ed attuale pericolo di reiterazione, in quanto
l’ultimo reato contestato sarebbe stato commesso il 15 ottobre 2013 con
conseguente insussistenza di concrete ed attuali esigenze cautelari, specie in
ragione dell’efficacia dissuasiva della misura cautelare applicata e del sequestro
dell’intera ditta, e l’eccezionale rilevanza delle esigenze cautelari non può essere
motivata con riferimento alle risultanze di altro procedimento a carico del
ricorrente;
1.3 violazione dell’art. 275, comma 3 e 4, cod. proc. pen. per essere il
ricorrente genitore di un bambino di 3 anni: si segnala che il ricorrente è padre
di due minori, che la moglie lavora e la concessione degli arresti domiciliari
avrebbe consentito all’indagato di occuparsi dei figli durante l’assenza della
moglie per esigenze lavorative; le esigenze cautelari di eccezionale rilevanza,
richiamate dall’art. 275, comma 4, cod. proc. pen. devono essere connotate da
spiccato allarme e grado non comune, non ricavabile dalla sola gravità del titolo
di reato né ravvisabili nel caso di specie, trattandosi di reati comuni e di esigenze
tutelabili con arresti domiciliari con presidi di controllo.

1.1 violazione degli artt. 299 e 310 cod. proc. pen. e vizio di motivazione: si

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza.

2. Del tutto infondato è il primo motivo, in quanto è corretta la risposta
fornita dal Tribunale in ordine alla natura devolutiva dell’appello cautelare, alla
valutazione di merito da effettuare entro i limiti del

devolutum

ed ai

provvedimenti conclusivi del procedimento incidentale, consistenti nella
provvedimento impugnato e non

nell’annullamento, provvedimento conclusivo esclusivamente previsto per la
procedura di riesame e correlato alla natura pienamente devolutiva di tale mezzo
di gravame.
Contrariamente all’assunto difensivo, il richiamo all’art. 309, commi 1,2,3,4
e 7, cod. proc. pen., contenuto nell’art. 310 cod. proc. pen., riguarda
unicamente il procedimento, non i poteri decisori del Tribunale ed i
provvedimenti adottabili, cosicché, per ragioni di coerenza sistematica, il silenzio
sul punto deve intendersi come rinvio implicito alle norme che regolano l’appello
per tutto quanto non espressamente previsto dall’art. 310 cod. proc. pen..
Ne deriva che il Tribunale non può che definire il procedimento incidentale
con le formule tipiche del giudizio di merito- conferma o modifica del
provvedimento impugnato-, e l’eventuale carenza di motivazione del
provvedimento impugnato, se non integrabile, non può che condurre alla riforma
dello stesso.

3. Quanto al dedotto vizio di motivazione circa la sussistenza di esigenze
cautelari attuali, concrete e di eccezionale rilevanza in relazione all’epoca
risalente dei fatti contestati, va evidenziato che, contrariamente alla deduzione
difensiva, l’ordinanza giustifica con ampia e congrua motivazione la valutazione
sul punto, ancorandola non solo alla gravità dei fatti, alla distanza temporale non
eccessiva dagli stessi dell’intervento cautelare ed alla pericolosità del ricorrente,
ma soprattutto, all’accertata detenzione di armi presso l’abitazione, ai numerosi
episodi estorsivi, di minaccia armata e danneggiamento, compiuti dal ricorrente
insieme al fratello ed all’abituale ricorso all’uso delle armi per risolvere
controversie e dissidi, specie in ambito lavorativo, indicativi della propensione
alla violenza ed al metodo di soluzione di contrasti.
Sono stati a tal fine rimarcati il tentato omicidio del Di Maio e l’aggressione
ai danni dell’Occhipinti, percosso presso la sua attività commerciale perché
ritenuto colpevole di aver truffato il fratello e di averlo preso per un pezzente ed
è stato sottolineato che ancora nel 2016 il ricorrente si è reso responsabile di

2

conferma o nella modifica del

due aggressioni armate (per una delle quali è contestato il tentato omicidio),
oggetto di procedimento pendente presso l’AG di Ivrea.
Del tutto legittima è la valutazione di detto procedimento, avente ad oggetto
reati della stessa natura di quelli per cui si procede, e per tale ragione rilevanti
ed apprezzabili ai fini della prognosi cautelare, in particolare, ai fini della
sussistenza di un concreto periodo di reiterazione, come ritenuto da questa Corte
(Sez. 2, n. 33544 del 21/06/2017, Maiorana, Rv. 270524) ed idonei, unitamente
agli altri gravi reati per cui si procede, a delineare l’elevato livello di pericolosità
del ricorrente e l’eccezionale rilevanza del pericolo di recidiva, ostativi

4. Analogamente è del tutto infondato l’ultimo motivo, atteso che l’art. 275,
comma quarto, cod. proc. pen. impone il bilanciamento tra le esigenze cautelari
ed il diritto dei minori all’assistenza genitoriale, ma per la sua natura derogatoria
la disposizione è di stretta interpretazione e non implica che al minore debba
essere garantita l’assistenza continuativa di almeno un genitore, ma almeno la
presenza attiva di uno di essi, di norma individuato nella madre: infatti, la norma
dispone che solo nel caso in cui “la madre sia deceduta o assolutamente
impossibilitata a dare assistenza”, la tutela della prole può essere assicurata dal
padre.
Peraltro, l’impossibilità del genitore libero di assistere la prole di età inferiore
a sei anni è soggetto alla prova rigorosa sia dell’impossibilità assoluta di
conciliare detta assistenza con l’attività lavorativa, sia dell’impossibilità di
avvalersi dell’ausilio di parenti o altre figure di riferimento o di strutture
pubbliche per garantirla (Sez. 1, n. 36344 del 23/07/2015, Casesa, Rv.
264540).
Considerato che non ricorre la situazione impeditiva dell’applicazione della
custodia cautelare in carcere per il padre di prole di età inferiore a sei anni,
qualora la madre sia assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole,
ove l’impedimento corrisponda alla durata dell’impegno lavorativo, perché in tal
caso non è assoluto, trattandosi solo di conciliare detta attività con la cura della
prole, a cui può porsi rimedio con il ricorso alle strutture di sostegno e di
assistenza sociale, che rendono efficace e concreta la possibilità per la madre di
occuparsi della prole; rilevato che, come ritenuto da questa Corte, la mera
deduzione della condizione di madre lavoratrice non è di per sé idonea ad
integrare l’assoluta impossibilità di assistere la prole, in mancanza di adeguata
dimostrazione della totale assenza di altre persone o strutture di supporto per
provvedervi, deve ritenersi corretta la valutazione del Tribunale circa
l’insussistenza dei presupposti per l’applicazione della disciplina invocata.
,.■

3

all’applicazione della norma invocata.

All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali ed al versamento di una somma in favore
della cassa delle ammende, equitativamente determinata in euro duemila.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro duemila in favore della cassa delle

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter,
disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso, il 06/03/2018.

ammende.

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