Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18844 del 20/01/2017


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 18844 Anno 2017
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: GAI EMANUELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
De Dominicis Mauro, nato a Monterotondo il 30/05/1966

avverso l’ordinanza pronunciata dal Tribunale del riesame di Bolzano in data
19/07/2016;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Emanuela Gai;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Pasquale Fimiani che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del
ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 19 luglio 2016 (dep.22/07/2016) il Tribunale del riesame di
Bolzano ha respinto il ricorso, ex art. 322 cod.proc.pen., proposto da Mauro De
Dominicis e, per l’effetto, ha confermato il decreto di sequestro preventivo,
finalizzato alla confisca per equivalente, emesso dal Giudice per le indagini
preliminari del locale Tribunale, e relativo a beni e/o somme di denaro per un

Data Udienza: 20/01/2017

valore corrispondente a C 317.925,00. A Mauro De Dominicis – quale legale
rappresentante della “SMS DISTRIBUZIONI s.r.l.” – è contestata la violazione
dell’art. 10-ter d.lgs 10 marzo 2000, n. 74 per aver omesso il versamento
dell’i.v.a. – anno di imposta 2012 – dovuta in base alla dichiarazione annuale, per
C 317.925,00.
2.Propone ricorso per cassazione l’indagato, a mezzo del proprio difensore,
deducendo due motivi.

penale in relazione al reato contestato. In sintesi, il Tribunale del riesame
avrebbe confermato il fumus del delitto pur in difetto dell’elemento oggettivo e
elemento soggettivo.
In particolare, secondo il ricorrente, l’omesso versamento del debito iva
presuppone necessariamente che l’obbligato abbia effettivamente ottenuto il
pagamento dell’iva, che è tenuto ad accantonare in vista del versamento,
indicata nella fattura commerciale. Proprio per il meccanismo dell’imposizione
dell’iva, l’obbligazione tributaria sorgerebbe solo con riferimento all’iva incassata
e non con riferimento a quella indicata nella fattura non pagata. Nel caso in
esame non vi sarebbe stato alcun omesso versamento dell’iva e ciò in ragione
del fatto che la società del ricorrente non avrebbe mai incassato l’iva con il
pagamento delle fatture. Si sarebbe in presenza di una crisi di liquidità,
derivante dal mancato pagamento delle fatture emesse nel periodo di imposta,
che avrebbe come conseguenza quella di scriminare la condotta di reato.
L’intervenuto fallimento della società, dichiarato nel 2014, avrebbe impedito al
ricorrente di produrre le scritture contabili, consegnate al curatore, ragion per cui
i partitari esaminati dal consulente tecnico di parte, costituirebbero valida prova
documentale, di analisi di ogni voce contabile, per dimostrare il mancato
pagamento della fatture emesse.
2.2. Con il secondo motivo deduce la violazione della legge penale in relazione al
dolo del reato. La società S.M.S. DISTRIBUZIONI s.r.I., infatti, si sarebbe trovata
in grosse difficoltà economica e finanziaria a cui aveva cercato di porre rimedio
con la riduzione dei costi che, tuttavia, non aveva sortito effetto permanendo un
importante indebitamento e, stante la mancata ricapitalizzazione dei soci, la
società controllante, di cui il ricorrente era Presidente del Consiglio di
amministrazione, aveva ceduto l’integrale partecipazione alla BEST di Gianfranco
Morani e & s.a.s che aveva assunto l’impegno di assolvere tutti i debiti del 2013,
accordo cui si accompagnava l’impegno di quest’ultima a prestare fideiussione a
garanzia dell’adempimento. Sicchè il ricorrente si sarebbe trovato in una

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2.1. Con il primo motivo deduce l’inosservanza o erronea applicazione della legge

evidente crisi di liquidità dovuta sia all’impossibilità di ottenere il pagamento
della fatture che avrebbe comportato la mancata riscossione delle somme per le
quali gli si imputa il mancato versamento dell’i.v.a. ed avrebbe posto in essere
tutte le misure necessarie e in suo potere, per porre rimedio alla situazione
verificatasi, cedendo a terzi la società con impegno al pagamento dei debiti,
situazione comportante la forza maggiore idonea ad escludere il dolo del reato.
3. Il Procuratore Generale ha depositato requisitoria scritta con cui ha chiesto

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso è infondato.
In via preliminare, questa Corte osserva che, in tema di ricorso per cassazione
proposto avverso provvedimenti cautelari reali, l’art. 325 cod. proc. pen.
consente il sindacato di legittimità soltanto per motivi attinenti alla violazione di
legge. Nella nozione di “violazione di legge” rientrano, in particolare, gli
in iudicando” o “in procedendo”,

“errores

e anche i vizi della motivazione così radicali da

rendere l’apparato argomentativo a sostegno del provvedimento del tutto
mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza,
come tale apparente e, pertanto, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario
logico seguito dal giudice (Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, Gabriele, Rv.
254893; Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009, Bosi, Rv. 245093). Non può, invece,
essere dedotta l’illogicità manifesta della motivazione, la quale può denunciarsi
nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico ed autonomo motivo di cui
alla lett. e) dell’art. 606, stesso codice (v., per tutte: Sez. U, n. 5876 del
28/01/2004, P.C. Ferazzi in proc. Bevilacqua, Rv. 226710; Sez. U, n. 25080 del
28/05/2003, Pellegrino S., Rv. 224611).
Tenuto conto dell’ambito cognitivo, il ricorso sollecita alla Corte una nuova e
diversa valutazione degli stessi elementi in fatto già valutati dal Tribunale del
riesame (con riguardo alla crisi patrimoniale e alla situazione di illiquidità che
avrebbe colpito la s.r.l. nell’anno di interesse), invocandone una lettura
alternativa e più favorevole in punto di fumus commissi delicti e, in particolare,
di dolo del reato, ritenuto insussistente in ragione della situazione dedotta. Tale
valutazione non è, però, consentita in questa sede, atteso quanto appena sopra
riportato.
La doglianza deve essere disattesa alla luce della motivazione con cui Tribunale
del Riesame ha ritenuto sussistente il fumus con motivazione logica, coerente
alle emergenze processuali. Al riguardo, incontestata l’omissione del versamento

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l’inammissibilità del ricorso.

i.v.a., è sufficiente, qui, richiamare, in primis, che l’accordo contrattuale con il
terzo, che si era assunto il debito fiscale non vale a costituire causa di forza
maggiore per escludere la responsabilità in capo al ricorrente atteso che non era
stata documentata né la solidità finanziaria della società acquirente né il livello di
affidabilità al rispetto degli impegni assunti, e, per quanto riguarda il profilo del
mancato pagamento delle fatture di cui l’i.v.a. esposta non è stata versata, ha
evidenziato che alcuna prova circa il mancato incasso della fatture poteva farsi
discendere dalle allegazioni, partitari, che non sostituiscono le scritture contabili

Peraltro, se è vero che, nella valutazione del

fumus commissi delicti quale

presupposto del sequestro preventivo di cui all’art. 321, comma 1, c.p.p., il
giudice del riesame non può avere riguardo alla sola astratta configurabilità del
reato, ma deve tener conto, in modo puntuale e coerente, delle concrete
risultanze processuali e dell’effettiva situazione emergente dagli elementi forniti
dalle parti, indicando, sia pure sommariamente, le ragioni che rendono allo stato
sostenibile l’impostazione accusatoria (tra le altre, Sez. 3, n. 26197 del
05/05/2010, Bressan, Rv. 247694), dall’altro lato, il giudizio in ordine alla misura
cautelare reale resta correlato con la fase delle indagini preliminari nella quale,
come è noto, la delibazione che viene compiuta è diversa da quella piena della
fase del giudizio.
Nella fase delle indagini preliminari, nella quale si inserisce la fase incidentale del
riesame del provvedimento cautelare, il giudizio che viene compiuto è un giudizio
di apprezzamento della plausibile sussistenza del fatto che non può tradursi in
una anticipata decisione sulla responsabilità del soggetto indagato in ordine al
reato oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di compatibilità tra
la fattispecie concreta e quella legale ipotizzata, mediante una valutazione
prioritaria della antigiuridicità penale del fatto (per tutte, Sez. 2, n. 26457 del
22/06/2005, P.M. in proc. Farnitano, Rv. 231959; Sez. U. n. 6 del 27/03/1992,
Midolini, Rv. 191327; Sez. 5, n. 6252 del 19/11/1998, Pansini, Rv. 212511).
Ciò non di meno, secondo il costante orientamento della Corte di cassazione,
l’imputato ben può invocare la situazione di crisi economica che determina
l’impossibilità di adempimento dell’obbligazione, quale causa di esclusione della
responsabilità penale, purché assolva agli oneri di allegazione riguardanti sia il
profilo della non imputabilità a lui medesimo della crisi economica, sia l’aspetto
della impossibilità di fronteggiare la crisi di liquidità tramite il ricorso a misure
idonee da valutarsi in concreto (Sez. 3, n. 20266 dell’8/4/2014, Zanchi, Rv.
259190).
In altri termini, l’indagato deve allegare la prova che non sia stato altrimenti
possibile per il contribuente reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto
e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo posto in essere

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obbligatorie in possesso del curatore.

tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, dirette
a consentirgli di recuperare, in presenza di una improvvisa crisi di liquidità,
quelle somme necessarie ad assolvere il debito erariale, senza esservi riuscito
per cause indipendenti dalla sua volontà e a lui non imputabili (Sez. 3, n. 5467
del 5/12/2013, Mercutello, Rv. 258055).
Nel caso in esame, in cui all’indagato è contestato l’omesso versamento
dell’i.v.a., l’onere probatorio è ancor più rigoroso poiché il tributo da versare
(l’i.v.a.) è costituito da una somma che il contribuente ha comunque ricevuto
dalla controparte dell’operazione commerciale, e che avrebbe dovuto

E’ noto che in tema di omesso versamento IVA, il reato omissivo a carattere
istantaneo, previsto dall’art. 10-ter d.lgs 10 marzo 2000, n. 74 consiste nel
mancato versamento all’erario delle somme dovute sulla base della dichiarazione
annuale che, tranne i casi di applicabilità del regime di “IVA per cassa”,

è

ordinariamente svincolato dalla effettiva riscossione delle somme-corrispettivo
relative alle prestazioni effettuate (Sez. 3, n. 19099 del 06/03/2013, Di Vora,
Rv. 255327).
Dalla lettura del provvedimento impugnato risulta che l’onere allegativo e
ei&

probatorio non è stato pienamente assolto non avendo dimostrato l’as.se-rito di
non aver ottenuto il pagamento delle fatture e di non aver incassato l’i.v.a.
Al riguardo il ricorrente neppure allega di avere i requisiti e di essersi avvalso

et: 24011,-

della possibilità di avvalersi diarc.d. regime dell’i.v.a. per cassa, ai sensi dell’art.
32 bis del D.L. 83 del 2012.
Ed ancora, correttamente, il Tribunale del riesame non ha ritenuto hva
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l’assunto sulla base della consulenza tecnica di parte fondata sui partitari, e ciò
per la stringente ragione che a questi la legge non riconosce una affidabilità
come alle scritture contabili obbligatorie, oltretutto neppure è dimostrato che le
scritture fossero state istituite e correttamente tenute.
Parimenti è rimasta priva di allegazione e prova l’aspetto della impossibilità di
fronteggiare la crisi di liquidità tramite il ricorso a misure idonee da valutarsi in
concreto.
L’ordinanza impugnata è, quindi, sorretta da una motivazione adeguata, logica e,
come tale, tutt’altro che assente o meramente apparente. Ne consegue
l’insussistenza del vizio denunciato.
2. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato e il ricorrente deve essere
condannato al pagamento delle spese processuali.

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accantonare in vista della scadenza del debito erariale.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali

Così deciso il 20/01/2017

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