Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18837 del 20/01/2017


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 18837 Anno 2017
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: GAI EMANUELA

SENTENZA

19 APR 2017
P
IERE
IL C

L

sul ricorso proposto da

cani

Contursi Leonardo, nato a Solofra il 23/07/1970

avverso la sentenza del 01/04/2016 della Corte d’appello di Salerno

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Emanuela Gai;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Lori
Perla, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del

10 aprile 2016, la Corte d’appello di Salerno ha

confermato la sentenza del Tribunale di Salerno con cui Contursi Leonardo era
stato condannato per il reato di cui agli artt. 81 comma 2 cod.pen. e art. 2 d.lgs
10 marzo 2000, n. 74, alla pena, previa concessione dell’attenuante di cui al
comma 3 dell’art. 2 cit., di mesi nove di reclusione, perché, al finedi evadere le
imposte sui redditi e sul valore aggiunto, contabilizzava la fattura n. 31 del
31/10/2008 dell’importo di C 108.750,00, relativa ad operazioni oggettivamente

Data Udienza: 20/01/2017

inesistenti, e disponeva la confisca per equivalente fino alla concorrenza della
predetta somma.

2. Avverso la sentenza ha presentato ricorso per cassazione, Contursi
Leonardo, a mezzo del difensore, e ne ha chiesto l’annullamento deducendo, con
un unico articolato motivo di ricorso, la violazione di legge e il vizio di
motivazione. La Corte d’appello con motivazione carente e in violazione dei
criteri di valutazione della prova di cui all’art. 192 cod.proc.pen., avrebbe

uso di fatture per operazioni inesistenti, sulla scorta delle dichiarazioni rese dai
funzionari dell’Agenzie delle Entrate e sulla fattura n. 31, dunque su meri indizi
non univoci e non convergenti, non essendo neppure stata acquisita la
dichiarazione in oggetto e la comunicazione Iva relativa al periodo di imposta del
2008, da cui la mancanza di prova della contabilizzazione della fattura e,
finanche, della data di consumazione del reato.

3. In udienza, il Procuratore generale ha chiesto che il ricorso sia dichiarato
inammissibile.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4.

Il ricorso è inammissibile attesa l’assoluta genericità del motivo,

limitandosi il ricorrente ad una generica critica alla motivazione della sentenza
impugnata.
Con esso il ricorrente denuncia una indimostrata assenza di motivazione e
una altrettanto indinnostrata violazione dei criteri di valutazione della prova
giungendo finanche a ritenere “indizio” e non “prova” la deposizione testimoniale
dei funzionari dell’Agenzie delle entrate, dalle quali – secondo la conforme
valutazione dei giudici di primo e secondo grado -, è emersa la responsabilità
penale del ricorrente.

5.

L’affermazione della responsabilità penale del Contursi, oggetto di

doppio accertamento conforme, si fonda sulle deposizione dei testimoni,
funzionari dell’Agenzia delle Entrate e sulla copiosa documentazione acquisita da
cui era risultata la contabilizzazione, nella dichiarazione annuale ai fini delle
imposte dirette e sul valore aggiunto, della fattura n. 31 del 31/10/2008, relativa
ad una operazione inesistente non essendo superabile il dato dell’inesistenza
dell’operazione dalla produzione degli assegni, stante l’incertezza della
provenienza e della data degli stessi. A fronte di siffatta argomentazione, il
ricorrente oppone una generica contestazione lamentando l’omessa acquisizione

2

ritenuto sussistente la condotta del reato di dichiarazione fraudolenta mediante

della dichiarazione dei redditi e dell’Iva, dato irrilevante a fronte della non
contestazione del fatto materiale della contabilizzazione, doglianza che non
supera il vaglio di ammissibilità.

6. Il requisito della specificità dei motivi implica non soltanto l’onere di
dedurre le censure che la parte intenda muovere in relazione ad uno o più punti
determinati della decisione, ma anche quello di indicare, in modo chiaro e
preciso, gli elementi che sono alla base delle censure medesime, al fine di
consentire al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare

228586; Cass. Il 8 luglio 1999, Albanese, RV 214249; Cass. V 21 aprile 1999,
Macis, RV 213812; Cass. I 31 gennaio 1996, Arra, RV 203513; Cass. I 5 marzo
1994, Settecase, RV 196795; Cass. VI 1° dicembre 1993, p.m. in c. Marongiu,
RV 197180).
La sanzione trova fondamento nell’esigenza di porre il giudice della
impugnazione in condizione di individuare i capi ed i punti del provvedimento che
si intendono censurare e presuppone che le censure stesse siano formulate con
specifico riferimento alla concreta situazione giudicata e non già con
prospettazioni che, per la loro astrattezza e genericità, si attagliano a qualsiasi
situazione.
L’assenza di specificità conduce alla declaratoria di inammissibilità ai norma degli
articoli 591, comma 1, lettera c), e 581, comma 1, lettera c), cod.proc.pen.

7. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente deve
essere condannato al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616
cod.proc.pen. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data
,cle’r 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il
ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma,
determinata in via equitativa, di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento di C 2.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 20/01/2017

il proprio sindacato (cfr., ex plurimis, Cass. IV 1° aprile 2004, Distante, RV

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