Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18831 del 22/02/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 18831 Anno 2018
Presidente: MOGINI STEFANO
Relatore: AGLIASTRO MIRELLA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
TRESSANTE DOMENICO, nato il 04/09/1969 a Cerignola,
nel procedimento a carico di quest’ultimo,
avverso la sentenza del 30/05/2017 della CORTE di APPELLO di MILANO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere MIRELLA AGLIASTRO;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale
SIMONE PERELLI, il quale ha concluso per l’inammissibilità.

Data Udienza: 22/02/2018

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Milano con sentenza del 30/5/2017 confermava la
sentenza del Tribunale di Milano in data 11/4/2016 nei confronti di Tressante
Domenico che era stato condannato alla pena di anni uno di reclusione per il
reato di evasione, perché – essendo ristretto agli arresti domiciliari con
provvedimento del Tribunale Ordinario Sezione Direttissime – si allontanava

2. Ricorre per cassazione Tressante Domenico per il tramite del difensore di
fiducia per i seguenti motivi:
1)

inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità con

riferimento a quanto previsto dall’art. 178 comma 1 lett. c) cod. proc. pen. per
omessa notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza di convalida dell’arresto al
difensore di fiducia, ai sensi dell’art. 450 comma 5 cod. proc. pen., in quanto il
difensore di fiducia non era stato posto in condizioni di presenziare all’udienza
del 20/8/2016: egli, infatti, aveva ricevuto avviso, dapprima per la data del
21/4/2016 per evidente refuso di chi aveva redatto l’avviso, e poi per la data del
21/8/2016 che cadeva quell’anno di domenica, ed invece la convalida
dell’arresto era stata fissata ed aveva avuto luogo il giorno precedente, ossia il
sabato 20/8/2016.
2) erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 385 cod. pen.
ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. b) cod. proc. pen.: al momento della
commissione del fatto, il Tressante non si trovava in stato di “arresti domiciliari”
bensì in stato di “detenzione domiciliare” ai sensi dell’art. 656 comma 10 cod.
proc. pen., essendo la sentenza a suo carico divenuta definitiva, così mancando
l’elemento materiale del delitto di evasione;
3) erronea applicazione della legge penale art. 606 comma 1 lett. b) e
mancanza o manifesta illogicità della motivazione, ai sensi della lett. c) cod.
proc. pen., in relazione alle disposizioni di cui agli artt. 132, 133, 62 bis, 99 cod.
pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e va respinto.
2.

Con il primo motivo si eccepisce la nullità dell’udienza di convalida per
omesso avviso al difensore.
2.1 La Corte di appello ha rigettato la sopraindicata eccezione considerando

che non risultano impugnati né il decreto di convalida, né l’ordinanza cautelare

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senza motivo da detta abitazione. In Milano 19/8/2016.

frutto di tale fase con i rimedi apprestati dall’ordinamento. E pertanto l’omessa
impugnazione della fase della convalida preclude, nelle successive fasi, la
proposizione della eccezione verificatasi a seguito della irrituale costituzione delle
parti. Sotto altro profilo, la Corte di appello considera che non si tratta di una
nullità che rende invalidi gli atti successivi ai sensi dell’art. 185 comma 1 cod.
proc. pen., poiché nella successiva udienza fissata per il giudizio, il difensore di
fiducia ancorchè ricercato anche telefonicamente, non è stato reperito ed alla
udienza ancora successiva in cui è stato presente, è stata avanzata richiesta di

impugnare i provvedimenti della fase di convalida presso la corte di cassazione
(a norma dell’art. 391, comma 4 cod. proc. pen., per fare valere l’invalidità), non
potendo rimediare attraverso la proposizione della eccezione relativa. La
sentenza ha concluso affermando che l’invalidità pertiene esclusivamente al
procedimento di convalida e pur non ammettendosi sanatorie o decadenze
all’interno di esso, non può essere rilevata dopo la definitività di quel
procedimento né dedotta se non attraverso l’attivazione del rimedio
specificamente previsto dalla legge.
3. Orbene, appare necessario preliminarmente procedere, a norma dell’art.
619 cod. proc. pen., alla rettificazione dell’errore di diritto in cui è incorsa la
Corte d’appello, errore che pur non riverberando influenza nella decisione
impugnata, deve essere emendato attraverso le specificazioni che vengono di
seguito esposte.
4. Come la Corte di legittimità ha avuto modo di affermare, il rituale avviso
al difensore di fiducia è “dovuto” per legge e la relativa omissione dà luogo a
nullità, ai fini del compiuto esercizio del diritto di difesa costituzionalmente
presidiato dall’art. 24 della Carta Fondamentale. Il patrono fiduciario ha pieno
diritto, assistito da comminatoria di nullità, ad essere avvisato della data fissata
per l’udienza, là dove la facoltà di prendere parte al giudizio presuppone che
questi sia stato posto in grado di esercitarla mediante una regolare notifica
dell’avviso (Sez. 6, n.37532 del 7/7/16 Rv 268154): notifica rituale che – nella
specie – è mancata.
4.1 Quale naturale corollario di tale principio, le Sezioni Unite hanno
affermato che la mancata notifica al difensore di fiducia – del quale è necessaria
la partecipazione e, perciò, obbligatoria la presenza – dell’avviso di udienza in
camera di consiglio determina una nullità di ordine generale, assoluta e
insanabile dell’udienza, nondimeno tenuta in presenza del difensore d’ufficio, e
degli atti successivi, compresa l’ordinanza conclusiva, ai sensi degli artt. 178,
comma 1, lett. c) e 179 cod. proc. pen., in quanto la nomina fiduciaria non può
essere surrogata dalla designazione ex officio da parte del giudice di un altro

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definizione del giudizio con rito abbreviato. Il ricorrente avrebbe dovuto

avvocato, di cui è irrilevante l’assistenza effettiva (Sez. U., n. 24630 del
26/03/2015, Maritan, Rv. 263598). Nella ricordata pronuncia, le Sezioni Unite
hanno evidenziato che ove, in presenza di una rituale e tempestiva nomina
fiduciaria effettuata dall’interessato, il giudice proceda irritualmente alla
designazione di un difensore d’ufficio, viene ad essere leso il diritto dell’imputato
“ad avere un difensore di sua scelta”, riconosciuto dall’art. 6, comma 3 lett. c),
della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
4.2 La sussidiarietà della difesa d’ufficio comporta che essa opera

d’ufficio si pone non quale alternativa, bensì come ipotesi subordinata alla reale
mancanza del difensore di fiducia (Sez. U, n. 39414 del 30/10/2002, Arrivoli, Rv.
222554; Sez. U, n. 41280 del 17/10/2006, Clemenzi, Rv. 234905; Sez. U, n.
39060 del 16/07/2009, Aprea, Rv. 244187).

5. Giudica nondimeno il Collegio che i motivi proposti vadano respinti,
perché infondati.
5.1 Occorre prendere le mosse dalla disciplina del procedimento di convalida
dell’arresto, che è scandito dalla seguenti fasi: a) la fase della convalida che si
conclude, formalmente, con un’ordinanza con la quale il giudice accoglie o
respinge la richiesta del Pubblico Ministero, impugnabile con ricorso per
cassazione, b) la fase in cui il giudice applica, eventualmente, una misura
cautelare, ove ne sussistano i presupposti di cui agli artt. 273-274 cod. proc.
pen.: contro la suddetta ordinanza può essere proposta istanza di riesame ai
sensi dell’art. 309 cod. proc. pen.; c) la fase del processo per direttissima, ai
sensi dell’art. 449/3 cod. proc. pen., se l’arresto è convalidato.
5.2 In ordine ai rapporti fra le suddette fasi processuali, ognuna delle quali è
scandita formalmente da un’ordinanza (anche se, normalmente, il giudice
provvede con un unico provvedimento: Cass. 42074/2008 Rv. 241498), la
giurisprudenza di questa Corte ha reiteratamente enunciato il principio di diritto,
ormai consolidatosi, secondo il quale l’ordinanza di convalida dell’arresto di
polizia giudiziaria è provvedimento del tutto autonomo ed indipendente rispetto
agli altri susseguenti e rispetto alla stessa ordinanza applicativa della misura
coercitiva, sicchè le eventuali nullità di una fase non si comunicano all’altra, in
deroga, quindi, alla generale regola di cui all’art. 185/1 cod. proc. pen.:

ex

plurimis Cass. 852/1993 Rv. 196324; Cass. 6761/2013 Rv. 258993; Cass.
46597/2007 rv 238706, secondo la quale «l’impugnazione della convalida ha

natura del tutto autonoma rispetto a quella che riguarda una sentenza in esito a
giudizio direttissimo e quindi l’impugnazione della sentenza non può estendersi al
provvedimento di convalida e viceversa. Ne consegue che il rimedio del ricorso

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subordinatamente all’assenza di un’opzione fiduciaria e la presenza del difensore

per cassazione, esperibile contro il provvedimento del giudice che procede alla
convalida dell’arresto, non è consentito con l’impugnazione della sentenza
pronunziata nel giudizio direttissimo».
5.3 In particolare, quanto all’autonomia fra le varie fasi, va osservato che
l’ordinanza di convalida è costituita da due provvedimenti: con il primo, il giudice
decide sulla legittimità dell’arresto convalidando o meno l’arresto; con il secondo,
conseguente al primo, ove convalidi l’arresto, dà impulso, incardinandolo, al
processo per direttissima (processo che, quindi, è obbligatorio non rientrando
nella facoltà del giudice stabilire se disporlo o meno come si desume dallo stesso

tenore testuale dell’art. 449/3 cod. proc. pen.), altrimenti restituisce gli atti al
Pubblico Ministero.
5.4 Si tratta, come può notarsi, di due provvedimenti che hanno finalità del
tutto diverse: con il primo, che si può qualificare di natura sostanziale, il giudice
accerta se un cittadino sia stato o meno legittimamente arrestato e, quindi,
privato della propria libertà personale; con il secondo, di natura processuale, il
giudice dà corso al processo per direttissima.
5.5 II primo provvedimento, incidendo sulla libertà personale, può, quindi,
essere autonomamente impugnato con l’immediato ricorso per cassazione ai
sensi dell’art. 391/4 cod. proc. pen., rimedio che non costituisce altro che
l’applicazione del combinato disposto degli artt. 13 e 111 comma 7 Cost. (Cass.
6910/1992 riv 190551; Corte Cost. 229/2010).
5.6 L’instaurazione del giudizio direttissimo a seguito di arresto
definitivamente convalidato dal G.I.P. rende indiscutibile, nelle fasi del giudizio di
merito, la sussistenza del presupposto di ammissibilità del giudizio medesimo,
sicché non dovrà e non potrà essere il giudice del dibattimento o quello delle
impugnazioni a poter giudicare (ed eventualmente escludere) la legittimità
dell’arresto ormai definitivamente sancita nella sede propria e dal giudice a ciò
deputato: Cass. 2105/1998 rv 211561; Cass. 17442/2009 riv 244348; Cass.
40924/2011 riv 251065; Cass. 6245/2012 riv 252422.
5.7 Si può quindi affermare che, essendo il giudizio di convalida autonomo
dal processo direttissimo ed avendo ad oggetto il solo status libertatis, l’esito
favorevole dell’eventuale impugnazione non può in alcun modo interferire sulla
legittimità di un provvedimento di natura esclusivamente processuale (ordine di
procedersi al giudizio direttissimo) e, quindi, sull’esito di un processo che ha un
diverso oggetto e cioè l’accertamento o meno della responsabilità penale
dell’imputato circa i fatti addebitatigli (Sez. 2, sentenza n. 45302 del 3/11/2015
Rv. 265240).
6. Nel caso di specie, va rilevato che non è stato utilizzato nel giudizio
l’interrogatorio che aveva avuto luogo in sede di convalida dell’arresto, oltre la

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+

fase che attiene al procedimento convalidatorio. Inoltre, nella fase di merito,
dopo due rinvii di udienza del procedimento direttissimo, il difensore ha espletato
il suo mandato nel pieno del contraddittorio, ottenendo il rito abbreviato e
pervenendo alla fase definitoria del processo, nel corso della quale ha potuto
svolgere le legittime argomentazioni difensive.
7. Il secondo motivo di ricorso è aspecifico. Invero, la detenzione domiciliare
non consegue de iure dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna, ma
ha inizio, ex art. 100, comma 1 d.P.R. n.230/2000, dalla notifica del

provvedimento quest’ultimo, del quale il ricorrente non allega in alcun modo né
l’esistenza, né l’eventuale decorrenza.
8. Il terzo motivo di impugnazione è infondato, atteso che la Corte di
Appello ha adeguatamente e specificamente motivato sia in ordine alla
quantificazione della pena, sia in ordine alla denegata prevalenza delle
circostanze attenuanti generiche, peraltro già concesse, avuto riguardo alla
personalità dell’imputato e alla condotta illecita posta in essere, essendosi
allontanato dal luogo di restrizione in stato di ubriachezza e compiendo condotte
di danneggiamento. Anche questo motivo, pertanto, deve essere disatteso.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Così deciso il 22/2/2018

provvedimento esecutivo, che la dispone ai sensi dell’art.47 ter L.n.354/1975,

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