Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18826 del 19/01/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 18826 Anno 2018
Presidente: FIDELBO GIORGIO
Relatore: DE AMICIS GAETANO

SENTENZA
sui ricorsi proposti da

Catalano Giovanni, nato il 19/12/1990 a Acireale
Manca Antonino, nato il 04/10/1978 a Acireale
Caniglia Luciano Salvatore, nato il 23/09/1987 a Catania

avverso la sentenza del 30/11/2016 della Corte di Appello di Catania

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Gaetano De Annicis;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Maria
Francesca Loy, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;
udito il difensore, Avvocato Giovanna Aprile, per Manca Antonino, e quale
sostituto processuale dell’Avvocato Giuseppe Ragazzo, per Catalano Giovanni,
nonché dell’Avvocato Mario Cardillo, per Caniglia Luciano Salvatore, che ha
concluso per l’accoglimento dei motivi di ricorso.

Data Udienza: 19/01/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 30 novembre 2016 la Corte di appello di Catania
ha parzialmente riformato la decisione di condanna emessa all’esito del
giudizio abbreviato svoltosi in primo grado, rideterminando in anni
quattro di reclusione ed euro 3.000,00 di multa la pena irrogata a
Catalano Giovanni per il concorso nel tentativo di estorsione aggravata ai
danni dell’impresa edile di Truscelli Salvatore (capo sub A) e riducendo ad

Francesco, con la conferma nel resto della sentenza impugnata, che
condannava quest’ultimo alla pena di anni nove e mesi quattro di
reclusione – per i reati di traffico illecito di sostanze stupefacenti del tipo
cocaina (capo sub C), estorsione continuata (capo sub H) ed illecita
detenzione di armi da fuoco (capo sub G) – e Caniglia Luciano Salvatore
alla pena di anni sette di reclusione ed euro 3.000,00 di multa per il su
indicato reato di tentata estorsione aggravata ai danni dell’impresa del
Truscelli (in concorso con il Catalano) e per quelli dì concorso nel traffico
illecito di sostanze stupefacenti del tipo cocaina e marijuana (capo sub
D), furto in abitazione (capo sub E) e illecita detenzione di armi da fuoco
(capo sub F), oltre al risarcimento dei danni (per il Caniglia ed il
Catalano) in favore della costituita parte civile.

2. Avverso la decisione sopra indicata hanno proposto ricorso per
cassazione i difensori dei predetti imputati, che hanno rispettivamente
dedotto i motivi di doglianza qui di seguito sinteticamente riassunti.

3. Il difensore del Caniglia ha proposto ricorso deducendo, con il
primo motivo, la mancanza di motivazione circa la richiesta di
riqualificazione del reato di traffico di sostanze stupefacenti di cui al capo
sub D) nella meno grave ipotesi prevista dall’art. 73, comma 5, d.P.R. n.

309/1990, attesa la natura (marijuana) e la modesta quantità di droga
cui si fa riferimento nelle conversazioni oggetto di intercettazione.
3.1. Con il secondo motivo, inoltre, si censurano vizi della
motivazione in punto di accertamento della penale responsabilità con
riferimento al reato di tentata estorsione aggravata di cui al capo sub A),

i

euro 21.600,00 di multa la pena pecuniaria irrogata a Manca Antonino

in considerazione della non credibilità del teste (Vincenzo Rodriguez) al
riguardo esaminato e dell’assenza di qualsivoglia elemento di
collegamento con i fatti verificatisi prima della data del 29 marzo 2011,
cui viene fatta risalire l’unica sua apparizione presso il cantiere della
persona offesa.
3.2. Con il terzo motivo si deducono violazioni di legge e vizi della
motivazione in relazione al mancato riconoscimento dell’ipotesi di

risale alla su indicata data del 29 marzo 2011 e che in seguito non è stato
possibile riscontrare alcun fatto, episodio o contatto significativo in merito
all’eventuale prosecuzione dell’azione delittuosa, sebbene egli
conservasse il pieno controllo nello sviluppo della vicenda storico-fattuale
presa in esame, tenuto altresì conto del fatto che la perquisizione
domiciliare da lui subita nel giugno 2011 – e dalla Corte di merito
valorizzata per escludere nel caso di specie la desistenza – è
temporalmente collocabile a distanza di oltre due mesi dalla sua unica
visita nel cantiere dell’impresa Truscelli.
3.3. Con il quarto ed il quinto motivo di doglianza, infine, si
lamentano, rispettivamente, l’erroneo riconoscimento dell’aggravante di
cui all’art. 7 della legge n. 203/1991, data l’assenza di condizionamenti di
tipo mafioso nel caso di specie riscontrabili, e la mancata concessione
delle attenuanti generiche.

4. Il difensore del Catalano ha proposto ricorso deducendo con il
primo motivo violazioni di legge e vizi della motivazione in punto di
accertamento della penale responsabilità con riferimento al reato di
tentata estorsione aggravata di cui al capo sub A), non avendo l’imputato
fornito alcun contributo causale in termini di facilitazione o di
rafforzamento dell’azione delittuosa. La relativa condotta dovrebbe
ritenersi sussumibile, semmai, nell’alveo della desistenza volontaria di cui
al terzo comma dell’art. 56 cod. pen., essendosi egli limitato in una sola
occasione ad accompagnare il Caniglia nel cantiere del Truscelli, non
certo incoraggiandolo ad azioni illecite, ma, anzi, cercando di dissuaderlo
dall’intento criminoso.

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desistenza volontaria, atteso che l’unico episodio addebitato all’imputato

4.1. Con il secondo motivo si censura l’erroneo riconoscimento
dell’aggravante di cui all’art. 7 della legge n. 203/1991, sul rilievo che
l’imputato, anziché assecondare il Caniglia al fine di ingenerare uno stato
di timore nella persona offesa, si è limitato ad invitarlo a desistere e ad
allontanarsi, senza dar seguito all’unica visita effettuata al cantiere e
senza avanzare alcuna richiesta estorsiva per conto di sodalizi criminali di
tipo mafioso.
4.2. Con il terzo motivo, infine, si lamenta la mancata concessione

volontariamente desistito dal commettere il reato, cessando la condotta
prima che lo stesso si perfezionasse.

5. Il difensore di Manca Antonino ha proposto ricorso deducendo vizi
della motivazione in punto di accertamento della penale responsabilità
con riferimento ai reati di cui ai capi sub C) e G), per non avere la Corte
d’appello risposto alle obiezioni difensive che investivano i seguenti
profili: a) il carattere anonimo della fonte della notizia di reato;

6) il

mancato espletamento di attività di osservazione e sequestro di droga; c)
la mancata identificazione degli acquirenti delle sostanze stupefacenti in
oggetto e del ruolo assunto dall’imputato; d) l’incerto contenuto delle
conversazioni intercettate e la mancata individuazione di movimenti o
disponibilità di denaro;

e) la mancata dimostrazione della effettiva

disponibilità dell’arma da fuoco (una pistola) oggetto di contestazione.
Ulteriori censure investono poi il trattamento sanzionatorio, sia sotto
il profilo della eccessività della pena aumentata a titolo di continuazione,
sia in ragione della mancata concessione delle attenuanti generiche.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi proposti dal Caniglia e dal Catalano in relazione al reato di
tentata estorsione aggravata di cui al capo sub A) sono infondati e vanno
rigettati per le ragioni qui di seguito esposte.

2.

Emerge con chiarezza, dalla motivazione della pronuncia

impugnata, come la Corte territoriale abbia, con lineari sequenze

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delle attenuanti generiche, trattandosi di persona incensurata che ha

argomentative, puntualmente esaminato e logicamente disatteso le
deduzioni ed i rilievi critici dalla difesa mossi nel giudizio di appello e in
questa sede successivamente reiterati, giustificando la valutazione di
responsabilità degli imputati sulla base di un complesso di convergenti ed
inequivoche risultanze probatorie – costituite, in particolare, dalle
dichiarazioni testimoniali rese dai dipendenti della ditta Vincenzo
Rodriguez e Giuseppe Lauricella, sì come riscontrate dai verbali delle

menzionate, dalle immagini del servizio di videosorveglianza installato
presso il cantiere ove l’impresa di Salvatore Truscelli stava effettuando
lavori edili, dagli esiti delle perquisizioni domiciliari e dall’accertata
disponibilità (in capo al Caniglia) dell’autovettura più volte osservata in
loco – il cui analitico e globale apprezzamento ha consentito ai giudici di

merito di ritenere accertata la realizzazione a titolo concorsuale della
contestata condotta delittuosa.
Al riguardo, infatti, le conformi decisioni di merito hanno posto in
rilievo – con argomenti linearmente illustrati e non smentiti o incrinati, nel
loro coerente sviluppo logico e nella conseguenzialità del relativo epilogo
decisorio, dalla formulazione delle doglianze nei ricorsi prospettate – sia
le ragioni per le quali la tardiva ritrattazione in sede dibattimentale delle
dichiarazioni del teste Rodriguez (a distanza di quattro anni da quelle
rese nell’immediatezza dei fatti ed in contrasto con l’intero complesso
delle emergenze probatorie) non poteva sotto alcun profilo ritenersi
credibile, sia la sequenza dei passaggi ricostruttivi della vicenda oggetto
del tema d’accusa enunciato nella correlativa imputazione, e
segnatamente: a) che a partire dal 15 marzo 2011 era stata formulata,
ad opera di persona rimasta ignota, una richiesta estorsiva ai danni
dell’impresa Truscelli, rivolgendo al geometra Lauricella, in assenza del
titolare della ditta, una richiesta di pagamento di una somma di denaro,
accompagnata dall’espressione

“qua sapete come si usa, dobbiamo

mangiare tutti, dovete pagare” e dall’annuncio di una visita per la

successiva settimana, al fine di parlare direttamente con il titolare; b) che
ulteriori richieste in tal senso vennero avanzate nei giorni 22 e 28 marzo
2011; c) che il 29 marzo 2011 il Caniglia ed il Catalano si presentarono
nel cantiere dell’impresa avanzando al dipendente Vincenzo Rodriguez la

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relative individuazioni fotografiche, dalle intercettazioni in atti

medesima pretesa e ribadendo la necessità che il titolare desse corso al
pagamento di una somma di denaro se “voleva stare tranquillo” ed
evitare che qualche escavatore potesse

“essere dato alle fiamme o

addirittura rubato”; d) che la consegna della somma richiesta non ebbe

luogo per la ferma intenzione della persona offesa di non sottostare al
ricatto, sporgendo denuncia in data 21 marzo 2011, ossia subito dopo la

3. Sulla base della ricostruzione della vicenda storico-fattuale dai
giudici di merito compiutamente illustrata nella motivazione della
sentenza impugnata, deve ritenersi corretta la qualificazione giuridica
della condotta nei termini ivi descritti del concorso in un tentativo di
estorsione aggravata dall’utilizzo del metodo mafioso di cui alla
circostanza prevista nell’art. 7 della legge n. 203/1991, atteso che le
modalità di realizzazione del reato – posto in essere attraverso una
richiesta di pagamento avanzata per garantire la “sicurezza del cantiere”,
accompagnata dalla formulazione di una minaccia direttamente riferita
alle “prassi” in loco invalse per la “tranquilla” gestione delle attività
economiche e seguita, poi, dall’esplicito accenno al possibile
danneggiamento di beni qualora la vittima avesse opposto resistenza sono risultate chiaramente evocative, anche in ragione della stabile
operatività di associazioni criminali di stampo mafioso radicate in quel
determinato contesto territoriale, del

modus operandi

tipico degli

appartenenti a siffatti sodalizi, mirando ad ottenere, con il riferimento alle
consuetudini di zona, al carattere collettivo della richiesta ed alla
possibilità di atti ritorsivi tesi a danneggiare i beni aziendali, proprio
quell’effetto di maggiore coartazione della volontà del soggetto passivo
che la previsione dell’aggravante de qua tende a punire come elemento di
maggior disvalore della condotta.
3.1. Rilevante, all’interno di tale motivata ricostruzione dei fatti, è
stato ritenuto il contributo concorsuale offerto dal Catalano, cha ha
spalleggiato il Caniglia, rafforzandone l’azione e potenziando l’effetto
intimidatorio logicamente connesso all’evocazione di un gruppo ovvero di
una pluralità di persone da favorire attraverso l’indebito versamento di
somme di denaro.

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prima richiesta estorsiva.

Valutazione, questa, dai giudici di merito formulata in piena coerenza
con i principi al riguardo stabiliti da questa Corte (Sez. 2, n. 47598 del
19/10/2016, Loielo, Rv. 268284), secondo cui concorre nel delitto di
tentata estorsione aggravata ai sensi dell’art. 7 del decreto legge n. 152
del 1991, convertito nella legge n. 203 del 1991, colui che, pur
rimanendo sempre silente, accompagni altri incaricati di formulare la
richiesta di “pizzo”, assista alla espressa richiesta e si allontani con
l’autore della stessa, poiché tale condotta svolge un contributo materiale

pretesa estorsiva ed alla rappresentazione dell’esistenza di un gruppo
organizzato.
3.2. Correttamente esclusa deve altresì ritenersi la prospettata
ipotesi della desistenza volontaria, che ricorre, come insegnato da questa
Suprema Corte, solo qualora l’agente abbia ancora l’oggettiva possibilità
di consumare il reato in quanto ancora nel pieno dominio dell’azione in
corso (Sez. 6, n. 40678 del 11/10/2011, Rinaldi, Rv. 251058; Sez. 2, n.
44148 del 07/07/2014, Guglielmino, Rv. 260855), con il logico corollario
che, ove tale possibilità non vi sia più, per la non realizzabilità fisicomateriale della consumazione stessa oppure, anche soltanto sul piano
soggettivo, per una non realizzabilità erroneamente ritenuta dal soggetto
agente, ricorre l’ipotesi del delitto tentato (Sez. 1, n. 9015 del
04/02/2009, Petralito, Rv. 242877).
Alle diverse implicazioni logicamente sottese a tale quadro di principi
si sono uniformati i giudici di merito nei passaggi motivazionali ove hanno
delineato una successione di atti – rappresentati dalla ferma opposizione
manifestata dalla persona offesa a fronte delle reiterate pretese
estorsive, dall’immediata denuncia dei fatti presentata in data 21 marzo
2011, ossia subito dopo la prima richiesta, e dal conseguente avvio delle
attività d’indagine, poi culminate nella perquisizione domiciliare subita dal
Caniglia e dal Catalano nel giugno 2011, ossia a distanza di circa due
mesi dal loro intervento nei luoghi di lavoro della persona offesa, con il
sequestro, in tale circostanza, degli indumenti da loro indossati al
momento del fatto – ritenuti univocamente sintomatici dell’inesistenza, in
punto di fatto, di quella “sfera di dominio autonomo” che consenta
all’agente di invertire, in termini di sostanziale continuità temporale, il

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e morale in relazione al rafforzamento dell’effetto intimidatorio della

decorso causale di una situazione, già concretizzatasi e penalmente
rilevante, di cui egli ha la piena disponibilità, scegliendo se proseguire o
meno verso la piena realizzazione della condotta delittuosa.
Nel caso in esame le decisioni di merito, contrariamente all’assunto
dai ricorrenti prospettato, hanno puntualmente evidenziato il fatto che gli
imputati avevano già formulato la richiesta estorsiva e che le indagini
erano in pieno corso di svolgimento, laddove la desistenza può aver luogo

una volta che siano posti in essere gli atti da cui origina il meccanismo
causale idoneo a produrre l’evento, rispetto ai quali, semmai, potrebbe
operare la diminuente per il cd. recesso attivo, qualora il soggetto evenienza, questa, sotto alcun profilo configurabile – tenga una condotta
attiva che valga a scongiurare l’evento (ex multis, Sez. 2, n. 24551 del
08/05/2015, Supino, Rv. 264226; Sez. 5, n. 50079 del 15/05/2017,
Mayer, Rv. 271435).
Al riguardo, pertanto, va ribadito il principio secondo cui, in tema di
estorsione, va considerata integrata l’ipotesi tentata ed esclusa la
desistenza quando la consegna della somma di denaro, costituente
oggetto di una richiesta effettuata con violenza o minaccia, non abbia
avuto luogo non per autonoma volontà dell’imputato, bensì per la ferma
resistenza opposta dalla vittima (Sez. 2, a n. 41167 del 02/07/2013,
Tammaro, Rv. 256728).
3.3. Le su esposte doglianze difensive non possono ritenersi idonee,
in definitiva, ad infirmare la significatività dei dati oggettivi e la
ragionevolezza del complessivo risultato probatorio tratto dalla
ricostruzione della vicenda storico-fattuale operata nelle due conformi
decisioni di merito, per la semplice ragione che esse tendono a
sollecitarne una rivalutazione alternativa, ovvero ad invalidare elementi di
dettaglio e contorno dei fatti ivi rappresentati, lasciando inalterata la
sostanza delle ragioni giustificative addotte a sostegno della pronuncia di
responsabilità.

4. Parimenti infondate devono ritenersi, infine, le censure dai predetti
ricorrenti formulate in ordine alla mancata concessione delle invocate
attenuanti generiche, avendo la Corte d’appello motivatamente esposto le

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solo nella fase del tentativo incompiuto e non è pertanto configurabile

ragioni del diniego sulla base di argomenti immuni da vizi logico-giuridici
rilevabili nel giudizio di legittimità, poichè incentrati sull’apprezzamento
dell’allarmante disvalore dei fatti in contestazione, oltre che sul rilievo
coerentemente attribuito, per quel che attiene alla posizione del Caniglia,
ai gravi ed anche specifici precedenti penali a carico.
Nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche,
infatti, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli

ma è sufficiente, come è avvenuto nel caso in esame, che egli faccia
riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti
gli altri disattesi o superati da tale valutazione (Sez. 3, n. 28535 del
19/03/2014, dep. 2014, Lule, Rv. 259899).

5. Fondato, di contro, deve ritenersi il primo motivo di ricorso dedotto
dal Caniglia (v., in narrativa, il par. 3), avendo la Corte territoriale
omesso di valutare le ragioni addotte a sostegno della censura dalla
difesa puntualmente formulata nell’atto di appello circa la richiesta di
riqualificazione giuridica del fatto di reato – concorso nel traffico illecito di
sostanze stupefacenti del tipo cocaina e marijuana – a lui contestato nel
capo sub D).
Limitatamente al profilo di doglianza or ora indicato il ricorso del
Caniglia deve essere pertanto accolto, imponendosi l’annullamento della
sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio, e per la eventuale
rideterminazione della pena, ad altra Sezione della Corte d’appello in
dispositivo indicata.

6. Infondate, sino a lambire il margine dell’inammissibilità, devono
ritenersi le doglianze formulate nel ricorso del Manca.
6.1. La sentenza impugnata è esente dai vizi denunciati poiché ha
specificamente indicato, con puntuale e logica motivazione, basata sulle
inequivoche risultanze probatorie offerte dal contenuto delle
conversazioni intercettate, l’attivo e consapevole contributo dal ricorrente
fornito alla realizzazione della reiterata, e non occasionale, attività di
illecita detenzione e cessione di sostanze stupefacenti oggetto del tema
d’accusa enucleato nel capo

sub C): dalle numerose conversazioni

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elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti,

richiamate ed analizzate nelle conformi decisioni di merito emerge,
infatti, che l’imputato ha in più occasioni proceduto al taglio della
sostanza, valutandone anche la quantità, ha quindi gestito i rapporti con
gli acquirenti, coordinandosi con i complici, ed ha infine sollecitato i
pagamenti, riscuotendo le somme ed affrontando le varie questioni
determinate dall’organizzazione e dallo svolgimento della relativa attività
delittuosa.

principi stabiliti da questa Suprema Corte (Sez. 2, n. 53615 del
20/10/2016, Buonvicino, Rv. 268710), secondo cui la prova dei reati di
traffico e di detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti può
essere desunta non soltanto dal sequestro o dal rinvenimento delle
sostanze, ma anche dal contenuto delle conversazioni intercettate.
Nel caso in esame, uniformandosi a tale regula iuris,

la Corte

territoriale ha offerto, con una motivazione esaustiva ed immune da vizi
logici, una lettura del linguaggio convenzionale utilizzato nelle
conversazioni ambientali oggetto di intercettazione (con riferimento a
“grammi”, “pesatura”, “pezzi di roba”, ecc.), che risulta, da un lato,
pienamente coerente con il significato normalmente attribuibile alle
espressioni ivi utilizzate, e, dall’altro lato, univocamente dimostrativa per il complessivo tenore dei dialoghi, per l’analogia dei termini ivi
utilizzati dagli altri interlocutori e per l’assenza di verosimili
interpretazioni alternative – della fondatezza dell’ipotesi di reato
enucleata nella correlativa imputazione.
Analoghe considerazioni investono, inoltre, le doglianze, dal
ricorrente solo genericamente formulate, in ordine al reato di illegale
detenzione dell’arma da fuoco di cui al capo sub G), la cui natura e le cui
caratteristiche sono state logicamente desunte dai precisi ed inequivoci
termini del dialogo oggetto della dettagliata conversazione intercorsa fra
l’imputato ed il Caniglia a bordo dell’autovettura di quest’ultimo.
6.2. Parimenti infondate, infine, devono ritenersi le censure difensive
prospettate in relazione alla determinazione del trattamento
sanzionatorio e al diniego delle invocate circostanze attenuanti generiche,
poiché la Corte distrettuale ha correttamente indicato, con motivazione
congrua ed immune da vizi logico-giuridici, le ragioni giustificative del suo

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Al riguardo, invero, i giudici di merito hanno fatto buon governo dei

apprezzamento, confermativo di quello già espresso dal primo Giudice e
specificamente incentrato su una valutazione di merito riguardo al grave
disvalore dell’azione delittuosa ed ai gravi, e specifici, precedenti penali a
carico un insieme di valutazioni, quelle or ora menzionate, frutto
dell’esercizio di un potere discrezionale congruamente argomentato,
rispettoso dei parametri normativi e, in quanto tale, non assoggettabile a
sindacato in questa Sede, ponendosi, di contro, le deduzioni difensive sul
punto formulate nella mera prospettiva di accreditare una diversa

giustificherebbero un esito decisorio alternativo nella definizione dei su
indicati profili del trattamento sanzionatorio.

7. Al rigetto dei ricorsi proposti dal Manca e dal Catalano consegue,
ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei predetti ricorrenti al
pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata nei confronti di Caniglia Luciano
Salvatore limitatamente al capo D) e rinvia per nuovo giudizio su tale
capo ad altra Sezione della Corte d’appello di Catania. Rigetta nel resto il
ricorso. Rigetta i ricorsi di Catalano Giovanni e Manca Antonino
Francesco, che condanna al pagamento delle spese processuali.
Così deciso 11 19 gennaio 2018

Il Consigliere estensore

Il Pre idente

Gaetano De Amicis

Giorgio F elbo

valutazione in ordine alla sussistenza dei presupposti fattuali che

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