Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18821 del 15/02/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 18821 Anno 2018
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: SCARLINI ENRICO VITTORIO STANISLAO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI
COSENZA
nei confronti di:
ARLIA CIOMMO FRANCESCO nato il 30/06/1976 a AMANTEA

avverso l’ordinanza del 23/10/2017 del TRIB. LIBERTA di COSENZA
sentita la relazione svolta dal Consigliere ENRICO VITTORIO SCARLINI;
sentite le conclusioni del PG GIOVANNI DI LEO, che conclude per l’annullamento
con rinvio
Udito il difensore, avvocato BOVE ANTONIO del foro di COSENZA, che si riporta
alla memoria depositata ed insiste per l’inammissibilità o per il rigetto del ricorso
del PM .

Data Udienza: 15/02/2018

t
RITENUTO IN FATTO

1 – Con ordinanza del 23 ottobre 2017, il Tribunale di Cosenza, decidendo
sull’istanza di riesame presentata da Arlia Ciomnno Francesco avverso il decreto
di conversione del sequestro probatorio in sequestro preventivo emesso dal
Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Paola il 26 settembre 2017, in
parziale accoglimento della stessa, annullava il decreto, limitatamente alla
somma di euro 29.900 di cui ordinava la restituzione all’Arlia.

rinvenuta nella sua abitazione ad esito di una perquisizione disposta per
rinvenire elementi di prova del delitto previsto dall’art. 603 bis cod. pen. (nella
formulazione prevista dalla legge 29 ottobre 2016, n. 199). Il sequestro
probatorio era stato poi convertito in sequestro preventivo, finalizzato alla
confisca prevista dall’art. 603 bis.2 cod. pen., ritenendo tale somma profitto del
delitto contestato. Le indagini esperite avevano, infatti, consentito di appurare
che il prevenuto aveva impiegato, presso la propria ditta individuale, sei
lavoratori extracomunitari, senza sottoscrivere con essi alcun contratto, facendoli
operare in condizioni di assoluto degrado.
I predetti erano stati allontanati dal prevenuto e dal fratello ancor prima
dell’intervento dell’autorità e sul posto, un fondo agricolo, erano rimasti solo dei
lavoratori rumeni, anch’essi irregolarmente impiegati.
Il Tribunale del riesame aveva condiviso la conclusione del Gip circa la
sussistenza del fumus dell’ipotizzato delitto, deducendolo dalle deposizioni dei
lavoratori extracomunitari in ordine alle condizioni di impiego, connotate da
chiare condotte intimidatorie (la continua sorveglianza e l’evocazione di un
possibile intervento del fratello poliziotto).
Quanto al periculum in mora il Tribunale aveva, invece, ritenuto che il Gip,
nell’impugnata ordinanza, non avesse adeguatamente motivato sulla derivazione
dell’intera somma dall’attività imprenditoriale del prevenuto, piuttosto che da
altre fonti.
Limitava così il sequestro alla somma di euro 50.000 equivalente a quella
che lo stesso Arlia aveva indicato come conseguente alla sua attività lavorativa
(come emergeva anche dalle fatture prodotte). Ordinando pertanto la
restituzione del residuo, pari ad euro 29.900.
2 – Propone ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di
Paola, articolando le proprie censure in cinque motivi.
2 – 1 – Con il primo ed il secondo motivo deduce la violazione di legge, ed in
particolare degli artt. 321, 322, 324 cod. proc. pen. e 603 bis.2 cod. pen., e
l’omessa motivazione, posto che il sequestro preventivo dell’intera somma era
1

Al prevenuto era stata sequestrata la somma in contanti di euro 79.000,

stato disposto ai fini di pervenire alla confisca della medesima, obbligatoria ai
sensi del citato art. 603 bis.2 cod. pen., che la prevede per tutti i proventi
derivanti dall’attività illecita descritta dal precedente art. 603 bis.
Visto che l’unica attività, fonte di guadagno per il prevenuto, era quella che
era stata condotta consumando gli ipotizzati delitti, ne discendeva che era
l’intera somma a dover essere sequestrata.
2 – 2 – Con il terzo e quarto motivo lamenta la violazione di legge, per non
avere, il Tribunale, valutato le esigenze di cautela, il periculum in mora, verifica

stata fatta dal primo giudice.
2 – 3 – Con il quinto motivo deduce la violazione di legge per avere, il
Tribunale, disposto la revoca di un sequestro preventivo in un caso in cui i beni
avrebbero dovuto essere sottoposti a confisca obbligatoria.
3 – Il difensore dell’indagato ha presentato una memoria con la quale chiede
che il ricorso promosso dal pubblico ministero sia dichiarato inammissibile o,
comunque, sia rigettato.
Il ricorso è inammissibile perchè non era stato presentato dal Procuratore
della Repubblica presso il Tribunale di Genova, l’unico pubblico ministero che
aveva preso parte al giudizio di riesame.
Il ricorso comunque andava rigettato in quanto la consumazione del reato
era stata ipotizzata in relazione ad un solo giorno e, così, il profitto che ne era
derivato doveva considerarsi minimo. Il vincolo era stato confermato sulla
somma di euro 50.000 che doveva considerarsi idonea allo scopo tanto più che il
valore dell’intera azienda era stimato in euro 1.500.000.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso promosso dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di
Paola è inammissibile per difetto di legittimazione del pubblico ministero che l’ha
proposto.
1 – L’art. 325 cod. proc. pen., in tema di ricorso per cassazione avverso i
provvedimenti di sequestro preventivo di beni dei quali la confisca è facoltativa o
obbligatoria, dispone che, contro le ordinanze emesse in sede di riesame o di
appello, possa proporre ricorso (oltre all’imputato al suo difensore ed all’avente
diritto alla restituzione) il “pubblico ministero”, senza alcuna ulteriore
specificazione. Senza così riprodurre il dettato del primo comma dell’art. 311
codice di rito, in tema di ricorso per cassazione avverso i provvedimenti, di
riesame e di appello, sulle misure cautelari personali, che legittima a proporlo sia
il pubblico ministero presso il Tribunale che ha pronunciato l’ordinanza
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che avrebbe dovuto compiere anche qualora, come aveva affermato, non fosse

impugnata, sia il pubblico ministero che ha chiesto l’applicazione della misura di
cautela (consentendo, peraltro, a quest’ultimo, seppure solo nel caso di riesame,
ai sensi del comma 8 bis dell’art. 309, di partecipare all’udienza in camera di
consiglio in luogo del rappresentante della pubblica accusa presso il tribunale
distrettuale).
Come si è detto, analoga norma non è stata dettata nel caso delle misure
cautelari reali così che la costante giurisprudenza di questa Corte ha affermato
che è inammissibile il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del tribunale per

probatorio, in quanto la legittimazione spetta al solo ufficio requirente presso
l’organo la cui decisione viene impugnata (da ultimo, Sez. 3, n. 47142 del
07/11/2012, Cuffaro, Rv. 253869; prima ancora, Sez. 3, n. 25882 del
26/05/2010, Giacobi, Rv. 248055, Sez. 4, n. 36882 del 23/05/2007, Palena, Rv.
237232, Sez. 3, n. 2245 del 15/06/1999 Sculco, Rv. 214797), dovendosi
applicare la regola generale della legittimazione ad impugnare dell’organo della
pubblica accusa presso l’organo giudiziario che ha pronunciato il provvedimento.
Anche considerando il fatto che lo stesso art. 325, nel richiamare le regole di
procedurk dettate nell’art. 311, fa riferimento ai soli commi 3, 4 e 5
(quest’ultimo a seguito della recente modifica apportata dall’art. 1, comma 60, L.
23 giugno 2017, n. 103), e non al comma 1 che, come si è detto, consente il
ricorso in cassazione al pubblico ministero che ha chiesto la misura.
2 – Ne deriva che il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Paola
non era legittimato a ricorrere per cassazione avverso l’indicata ordinanza del
Tribunale di Cosenza.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma il 15 febbraio 2018.

il riesame proposto dal pubblico ministero che ha disposto il sequestro

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