Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18814 del 25/01/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 18814 Anno 2018
Presidente: VESSICHELLI MARIA
Relatore: PEZZULLO ROSA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CIRILLO FRANCESCO nato il 21/11/1974 a CASERTA

avverso il decreto del 20/09/2016 della CORTE APPELLO di NAPOLI
sentita la relazione svolta dal Consigliere ROSA PEZZULLO;
lette/sentite le conclusioni del PG

Data Udienza: 25/01/2018

RITENUTO IN FATTO
1.Con decreto del 20.09.2016 la Corte d’Appello di Napoli riduceva ad anni due e mesi sei il
periodo di sottoposizione di Cirillo Francesco alla misura di prevenzione della sorveglianza
speciale di pubblica sicurezza, impostagli con decreto n. 94/15, pronunziato dal Tribunale di S.
Maria Capua Vetere in data 13.5/10.7.2015, confermando nel resto il decreto impugnato.
1.1. La predetta misura di prevenzione personale era stata imposta al Cirillo, perché
condannato per concorso in un’ estorsione risalente al 2002 nei confronti di tal Noviello e

deliberato dal clan dei Casalesi per punire il Noviello del suo rifiuto di piegarsi alla volontà del
sodalizio), nonché condannato per il tentato omicidio nel 2008 di un familiare di Carrino Anna,
collaboratrice di giustizia, punita per la sua scelta collaborativa. Il Cirillo, veniva poi assolto dal
delitto di concorso nell’omicidio volontario del Noviello, atteso che uno dei due collaboratori di
giustizia, le cui dichiarazioni si riscontravano reciprocamente con quelle dell’altro collaboratore,
integrando così un grave quadro indiziario, era stato ritenuto inattendibile.
2. Avverso il suddetto decreto ha proposto ricorso il Cirillo, a mezzo del suo difensore di
fiducia, lamentando, con un unico motivo di ricorso, la violazione degli artt. 606, primo
comma, lett. b) e c) c.p.p., 4, comma 1, lett. a), 6 e 10 del decreto legislativo 129/2011, 125
c.p.p.; invero, sussiste l’assoluta carenza di motivazione in merito alla sussistenza di indizi di
appartenenza al sodalizio denominato clan dei Casalesi, nonché al profilo di attualità della
pericolosità sociale ed in particolare, quanto al primo aspetto, la Corte, facendo leva
sull’autonomia dei criteri di valutazione che guidano il giudizio di prevenzione, ha considerato
le dichiarazioni di Alfiero Massimo attendibili, omettendo qualsivoglia motivazione sul punto, ed
idonee a dimostrare l’effettiva disponibilità del Cirillo a prendere parte agli attentati deliberati
dal clan, ma l’autonomia dei criteri di valutazione che guidano il giudizio di prevenzione non
può tradursi in automatismo probatorio, tanto più a fronte di una sentenza di assoluzione,
sopravvenuta nel caso di specie; quanto, invece, al profilo relativo all’attualità della pericolosità
sociale, la Corte territoriale dopo aver evidenziato che il clan camorristico non risulta che si sia
disarticolato e che il ruolo del proposto era di particolare rilievo ha radicato la soluzione
adottata su di una presunzione di non autenticità del comportamento serbato dal Cirillo nel
periodo successivo ai fatti indizianti, disattendendo la valutazione dei giudici di merito nella
sentenza del 5.3.2013 in merito alla sua esaustiva ammissione di colpa.
3. Il Procuratore Generale in sede, in persona del Sostituto Procuratore Generale dr.
Antonietta Picardi, ha depositato requisitoria scritta, concludendo per il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, siccome generico, nonché proposto per motivi non consentiti,
deducendo in sostanza vizi di logicità della motivazione.

1

successivamente nell’omicidio volontario dello stesso, con il ruolo di basista (omicidio questo

1. A tal proposito vanno innanzitutto richiamati i principi costantemente affermati da questa
Corte, sulla base del chiaro tenore delle norme, secondo cui nel procedimento di prevenzione il
ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge, ai sensi del disposto degli
artt. 10 e 27 D.I.vo n. 159/2011; ne consegue che, in tema di sindacato sulla motivazione, è
esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimità l’ipotesi dell’illogicità manifesta di cui
all’art. 606, lett. e), cod. proc. peri., potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso, poiché
qualificabile come violazione dell’obbligo di provvedere con decreto motivato imposto al giudice
d’appello, il caso di motivazione inesistente o meramente apparente (Sez. U,

n. 33451 del

legittimità alla violazione di legge non consente di dedurre il vizio di motivazione, sicché il
controllo del provvedimento consiste solo nella verifica della rispondenza degli elementi
esaminati ai parametri legali, imposti per l’applicazione delle singole misure e vincolanti, in
assenza della quale ricorre la violazione di legge sub specie di motivazione apparente (Sez. 5,
n. 19598 del 08/04/2010).
2. Orbene, alla stregua di tali principi, non può ritenersi motivazione assente, o meramente
apparente, quella relativa alla ricorrenza dei presupposti legittimanti l’applicazione della misura
di prevenzione personale disposta nei confronti del Cirillo e, segnatamente, della pericolosità
attuale. Il proposto si duole in primis del tutto genericamente dell’insussistenza dei presupposti
per l’applicazione della misura di prevenzione, essendo stato assolto dall’omicidio del Noviello.
In proposito deve, invece, evidenziarsi come i plurimi elementi posti a fondamento della
misura di prevenzione (estorsione risalente al 2002 nei confronti del Noviello, il suo
coinvolgimento nell’omicidio di quest’ultimo, alla luce delle dichiarazioni di un collaborante ed il
tentato omicidio nel 2008 di un familiare di Carrino Anna, collaboratrice di giustizia, punita con
tale azione per la sua scelta collaborativa), valutati nel loro complesso, siano senz’altro idonei
a dar conto della pericolosità “qualificata” del proposto.

Sul punto è sufficiente riportare il

chiaro principio affermato di recente dalle S.U. di questa Corte

(Sez.

U, n. 111 del

30/11/2017), secondo cui il concetto di “appartenenza” ad una associazione mafiosa, rilevante
per l’applicazione delle misure di prevenzione, comprende la condotta che, sebbene non
riconducibile alla “partecipazione”, si sostanzi in un’azione, anche isolata, funzionale agli scopi
associativi, con esclusione delle situazioni di mera contiguità o di vicinanza al gruppo criminale.
Orbene, nella fattispecie in esame, senza dubbio, sia l’estorsione, che il tentato omicidio del
parente della collaboratrice di giustizia, Carrino Anna, danno esaurientemente conto del
compimento da parte del Cirillo di azioni funzionali agli scopi associativi e, quindi, della sua
“partecipazione” al clan dei casalesi, nel senso descritto nella pronuncia delle S.U. suddetta.
3.

Quanto all’attualità della pericolosità- richiesta ai fini dell’applicazione di misure di

prevenzione anche nei confronti di indiziati di appartenere ad associazioni di tipo mafioso (cfr.
in proposito sempre SU, n. 111 del 30/11/2017)- la Corte territoriale ha fornito adeguata
motivazione della sussistenza di essa, in relazione alla ripetitività dell’apporto del Cirillo al clan,
2

29/05/2014; Sez. 1, n. 6636 del 07/01/2016). In particolare, la riserva del sindacato di

della

permanenza

di

determinate

condizioni

di vita

ed

interessi

in

comune.

All’uopo, infatti, i giudici d’appello, hanno messo in risalto che: il clan camorristico dei
casalesi non risulta che sia stato disarticolato; il ruolo del Cirillo di appartenente al clan dei
casalesi è da ritenersi di particolare rilievo, dal momento che tra il 2002 ed il 2008 si è
prestato alla commissione di plurimi gravi atti deliberati nell’ambito del controllo del territorio
da parte del clan, che intendeva con essi garantirsi i proventi delle estorsioni e punire coloro
che avevano deciso di collaborare; la disponibilità del Cirillo, non occasionale, ma reiterata nel
tempo, a compiere personalmente atti illeciti nell’interesse del sodalizio e la fiducia dimostrata

piano ed il periodo non eccessivo di detenzione dall’ultimo fatto indiziante che non danno
conto di una recisione dei legami del Cirillo con il sodalizio in questione.
Tali elementi, complessivamente valutati, sono stati ritenuti, con ragionamento immune da
vizi, espressione dell’attualità della pericolosità del proposto in considerazione del livello del
coinvolgimento del proposto nella pregressa attività del gruppo criminoso, dalla tendenza del
gruppo di riferimento a mantenere intatta la sua capacità operativa / nonché dell’assenza da
parte del proposto di comportamenti denotanti l’abbandono delle logiche criminali in
precedenza condivise.
4. In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile e il ricorrente va condannato al
pagamento delle spese processuali, nonché, trattandosi di causa di inammissibilità
riconducibile a colpa della ricorrente al versamento, a favore della cassa delle ammende, di
una somma che si ritiene equo e congruo determinare per ciascuno in Euro 2000,00, ai sensi
dell’art. 616 c.p.p.

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali,
nonché al versamento di euro 2000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 25.1.2018
Il Consigliere estensore

Depositato in Canceil
Roma, lì …….

Il Presidente

dai vertici del sodalizio nei suoi confronti nell’incaricarlo proprio di tali atti; il ruolo di primo

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