Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18810 del 19/01/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 18810 Anno 2018
Presidente: VESSICHELLI MARIA
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
STOJANOVIC DRAGO nato il 06/05/1965
JEVREMOVIC VESNA nato il 01/09/1962
VELARDI VLADA nato il 30/08/1982 a TORINO
JEVREMOVIC ADRIANO nato il 18/07/1986 a TORINO
HUDOROVIC BRANCO nato il 31/05/1984 a DOLO

avverso il decreto del 15/03/2017 della CORTE APPELLO di TORINO
sentita la relazione svolta dal Consigliere ALFREDO GUARDIANO;
lette//sefitite le conclusioni del PG

p.., pux:A-La

Data Udienza: 19/01/2018

FATTO E DIRITTO

1. Con il decreto di cui in epigrafe la corte di appello di Torino riformava
solo parzialmente il provvedimento con cui il tribunale di Torino, in data

Velardi Vlada, Ievremovic Adriano, Duric Diana e Hudorovic Branco, la
misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica
sicurezza e la misura di prevenzione patrimoniale della confisca di una
pluralità di beni, in esso specificamente indicati.
2.

Avverso il decreto della corte territoriale, di cui chiedono

l’annullamento, hanno proposto tempestivo ricorso per cassazione lo
Stojanovic, la Jevremovic Vesna, il Velardi, lo Jevremovic Adriano e lo
Hudorovic Branco, tutti lamentando violazione di legge e vizio di
motivazione in ordine alla sussistenza dei presupposti di legge che
giustificano l’applicazione delle indicate misure di prevenzione.
3.

Con requisitoria depositata il 19.12.2017 il sostituto procuratore

generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione, chiede che i
ricorsi siano dichiarati inammissibili.
4. I ricorsi vanno dichiarati inammissibili per le seguenti ragioni.
5. Come correttamente rilevato dal pubblico ministero nella menzionata
requisitoria scritta, con riferimento alle posizioni di Velardi Vlada e
Jevremovic Vesna (quest’ultima proponente di due ricorsi, datati
29.3.2017 e 31.3.2017), il cui appello è stato dichiarato inammissibile, il
dato oggettivo, riconosciuto dagli stessi ricorrenti, dell’intervenuta
confisca amministrativa, con conseguente passaggio dei beni oggetto
della misura di prevenzione al patrimonio del comune di Piossasco,
rende il ricorso inammissibile, per carenza di interesse, con riferimento
alla misura di prevenzione patrimoniale avente ad oggetto i suddetti
beni.
Quanto ai rilievi formulati in relazione all’ordine di sgombero ex art. 21,
co. 2, d.lgs. n. 159 del 2011, a prescindere dalla manifesta infondatezza
dell’assunto difensivo, non costituendo certamente valido titolo per
l’occupazione dell’immobile le semplici richieste di autorizzazione

6.9.2016, aveva applicato a Stojanovic Drago, Jevremovic Vesna,

allegate al ricorso, va rilevato che si tratta di un provvedimento non
suscettibile di impugnazione in questa sede.
Inammissibile appare anche il ricorso presentato nell’interesse dello
Stojanovic, in quanto fondato su motivi meramente reiterativi delle

territoriale con la cui motivazione, sulla attualità della pericolosità
sociale del proposto e sulla sussistenza dei presupposti di legge per
l’applicazione delle misure di prevenzione personale e patrimoniale (cfr.
pp. 13-15), il ricorrente non si confronta, sicché i motivi in questione
devono considerarsi non specifici, ed anzi, meramente apparenti, in
quanto non assolvono la funzione tipica di critica puntuale avverso la
sentenza oggetto di ricorso (cfr. Cass., sez. IV, 18.9.1997 – 13.1.1998,
n. 256, rv. 210157; Cass., sez. V, 27.1.2005 – 25.3.2005, n. 11933, rv.
231708; Cass., sez. V, 12.12.1996, n. 3608, rv. 207389).
Identiche considerazioni valgono per il ricorso del Velardi (nella parte
relativa alla misura di prevenzione personale ed alla misura di
prevenzione patrimoniale, avente ad oggetto beni diversi da quelli
acquisiti al patrimonio del comune di Piossasco), dello Jevremovic
Adriano e dello Hudorovic, le cui posizioni hanno formato oggetto di
specifica ed approfondita motivazione da parte della corte territoriale
(cfr., rispettivamente, pp. 16-19; 19-21 e 21-22) con cui i ricorrenti del
pari non si confrontano, reiterando le medesime doglianze già disattese.
Vanno, altresì, ribaditi i principi affermati dal consolidato orientamento
della giurisprudenza del Supremo Collegio, secondo cui in materia di
misure di prevenzione il ricorso per cassazione può essere proposto
soltanto per violazione di legge, in cui sono compresi i vizi di mancanza
della motivazione e di motivazione apparente, sicché è inammissibile il
ricorso con cui vengano denunciati i vizi di contraddittorietà o di illogicità
manifesta della motivazione ovvero diretto a far valere vizi che non
rendano la motivazione del tutto carente e priva dei requisiti minimi di
coerenza e di logicità tale da risultare meramente apparente (cfr.,

ex

plurimis, Cass., sez. I, 17.1/2011, n. 5838; Cass., sez. I, 12.1.2011, n.
5117; Cass., sez. I, 10.12.2010, n. 580).

2

doglianze prospettate con i motivi di appello, già disattesi dalla corte

Tale orientamento ha ricevuto l’avallo delle Sezioni Unite di questa
Corte, che, in un recente arresto, hanno affermato il principio secondo
cui nel procedimento di prevenzione il ricorso per cassazione è ammesso
soltanto per violazione di legge, secondo il disposto dell’art. 4 legge 27

legge 31 maggio 1965, n. 575; ne consegue che, in tema di sindacato
sulla motivazione, è esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di
legittimità l’ipotesi dell’illogicità manifesta di cui all’art. 606, lett. e),
c.p.p., potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso, poiché
qualificabile come violazione dell’obbligo di provvedere con decreto
motivato imposto al giudice d’appello dal nono comma del predetto art.
4 legge n.1423 del 56, il caso di motivazione inesistente o meramente
apparente.
In motivazione, peraltro, il Supremo Collegio ha ribadito che non può
essere proposta come vizio di motivazione mancante o apparente la
deduzione di sottovalutazione di argomenti difensivi che, in realtà, siano
stati presi in considerazione dal giudice o comunque risultino assorbiti
dalle argomentazioni poste a fondamento del provvedimento impugnato
(cfr. Cass, sez. U., 29.5.2014, n. 33451, rv. 260246).
Orbene, la corte di appello di Torino, lungi dall’adottare una motivazione
inesistente o apparente, ha puntualmente disatteso le singole doglianze
difensive riportate nei motivi di ricorso, sottolineando, con approfondita
ed articolata motivazione, corredata da pertinenti richiami
giurisprudenziali, la sussistenza, nel caso in esame, di tutti i presupposti
di legge per l’applicazione delle indicate misure di sicurezza nei confronti
dei ricorrenti, le cui censure risultano in gran parte assorbite dalle
argomentazioni poste a fondamento del provvedimento impugnato.
6. Alla dichiarazione di inammissibilità segue la condanna dei ricorrenti,
ai sensi dell’art. 616, c.p.p., ciascuno al pagamento delle spese del
procedimento, nonché in favore della cassa delle ammende di una
somma a titolo di sanzione pecuniaria, che appare equo fissare in euro
2000,00, tenuto conto della circostanza che l’evidente inammissibilità
dei motivi di impugnazione, non consente di ritenere i ricorrenti

3

dicembre 1956, n. 1423, richiamato dall’art. 3 ter, secondo comma,

medesimi immuni da colpa nella determinazione delle evidenziate
ragioni di inammissibilità (cfr. Corte Costituzionale, n. 186 del
13.6.2000).
P.Q.M.

pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di
duemila euro in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 19.1.2018.

dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti ciascuno al

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