Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18807 del 15/02/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 18807 Anno 2018
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: SCARLINI ENRICO VITTORIO STANISLAO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
GIROLAMI DINO nato il 14/06/1942 a FIRENZE

avverso la sentenza del 08/07/2016 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ENRICO VITTORIO SCARLINI
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore GIOVANNI DI
LEO, che ha concluso per l’inammissibilita’
Udito il difensore

Data Udienza: 15/02/2018

I

RITENUTO IN FATTO

1 – Con sentenza dell’8 luglio 2016, la Corte di appello di Milano, in parziale
riforma della sentenza del locale Tribunale, assolveva Dino Girolami dal delitto
ascrittogli ai sensi dell’art. 485 cod. pen., perché non più previsto dalla legge
come reato, confermandone la responsabilità per gli ulteriori addebiti ascrittigli ai
sensi degli artt. 56, 640, 497 bis e 494 cod. pen., per essersi presentato, nel
settembre/ottobre 2010, con le false generalità di Maurizio Bigazzi (persona

dell’intermediazione di Stefano Losco, al fine di concludere un contratto di
cessione di credito, ottenendo così in corrispettivo un’anticipazione pari al 60 %
del credito, dagli amministratori della spa Generalfinance, non riuscendo nel suo
intento per l’intervento dei carabinieri chiamati dal personale di quest’ultima
società.
La Corte rideterminava la pena in anni 1 mesi 4 di reclusione ed euro 900 di
multa (in prime cure era stata irrogata nella misura di anni 1 mesi 6 di
reclusione ed euro 1.000 di multa), confermando la sussistenza della contestata
recidiva specifica in considerazione dei precedenti penali e della complessità del
disegno truffaldino concepito dall’imputato. Riteneva la stessa coerente con i
criteri di legge, prendeva atto che il primo giudice aveva considerato come reato
più grave il delitto di tentata truffa (tanto da avere applicato alla pena base la
diminuzione prevista dall’art. 56 cod. pen., non essendo stati contestati al
prevenuto altri reati tentati), eliminava l’aumento per il delitto depenalizzato e
fissava così la pena nella misura sopra indicata.
2 – Propone ricorso personalmente l’imputato, articolando le proprie censure
in due motivi.
2 – 1 – Con il primo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione
in riferimento alla errata individuazione del reato più grave.
Secondo le Sezioni unite (sentenza n. 25939/2013) il reato più grave va,
infatti, individuato in quello che risulti tale in rapporto alle singole circostanze ed
all’eventuale giudizio di comparazione delle stesse.
Si era così errato nel considerare tale la tentata truffa la cui pena edittale
era da 6 mesi a 3 anni di reclusione piuttosto che l’art. 497 bis cod. pen. che
prevede una pena detentiva da 1 a 4 anni di reclusione.
2 – 2 – Con il secondo motivo lamenta la violazione di legge ed il vizio di
motivazione in ordine al mancato giudizio di prevalenza delle circostanze
attenuanti generiche con la contestata recidiva (reiterata specifica ai sensi
dell’art. 99 comma 4, cod. pen.).
Sul punto la motivazione della Corte non era esaustiva.
1

realmente esistente), esibendo una falsa carta di identità, avvalendosi

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso proposto nell’interesse di Dino Girolami è inammissibile.
1 – Il primo motivo, speso sulla individuazione da parte del primo giudice
del delitto più grave, è inammissibile in quanto la difesa non ha argomentato
quale sia il suo interesse a richiedere la revisione di un trattamento sanzionatorio
in senso più sfavorevole all’imputato, posto che la sua doglianza mira a
richiedere che la pena complessiva sia rideterminata muovendo da una pena

relazione al quale è stata, invece, fissata.
2 – Il secondo motivo è inammissibile perché del tutto generico e perché le
statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze,
implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al
sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di
ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo
ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a
ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto
(Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, Contaldo, Rv. 245931).
3 – All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e, versando il medesimo in colpa, della
somma di euro 2.000,00 a favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 2.000,00 a favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma il 15 febbraio 2018.
Il Presidente

Il Consigliere estensore
Enrico Vi,ttorio Stanislao Scarlini

Maurizio Fumo
A

Depositato in Cancellatisi
Roma, lì

2

base per un delitto che prevede limiti edittali maggiori di quelli del delitto in

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