Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18796 del 25/01/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 18796 Anno 2018
Presidente: VESSICHELLI MARIA
Relatore: ZAZA CARLO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
VALORI VALERIO nato il 03/02/1963 a JESI

avverso la sentenza del 09/06/2016 della CORTE APPELLO di ANCONA

Data Udienza: 25/01/2018

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Carlo Zaza;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Pasquale Fimiani, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza
impugnata per essere estinti per prescrizione i reati di cui al capo A ad eccezione
dei reati di falso indotto in atto pubblico fidefacente commessi in epoca
successiva al 25 luglio 2005, al capo B ad eccezione dei reati di falso indotto in
atto pubblico fidefacente, al capo C limitatamente ai reati di cui agli artt. 483 e

l’aggravante di cui all’art. 476, comma 2, cod. pen., e al capo G ad eccezione dei
reati di falso indotto in atto pubblico fidefacente commessi in epoca successiva al
25 luglio 2005, per l’annullamento con rinvio limitatamente al trattamento
sanzionatorio e alla confisca per equivalente e per il rigetto del ricorso nel resto;
udito il difensore avv. Rodolfo Gamberini in sostituzione dell’avv. Remo Pannain,
che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Valerio Valori ricorre avverso la sentenza del 9 giugno 2016 con la quale
la Corte di appello di Ancona, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di
Ancona del 17 febbraio 2015, riteneva il Valori responsabile dei reati di falso
ideologico per induzione, falso commesso da privato in atti pubblici, truffa e
contrabbando commessi fino al 21 ottobre 2011, disponendo altresì, in
accoglimento dell’appello presentato dal pubblico ministero, la confisca per
equivalente di beni nella disponibilità del Valori fino all’importo di euro
132.300,67.
La sussistenza dei reati di falso ideologico e truffa era in particolare
confermata per il conseguimento dell’immatricolazione di autovetture, mediante
induzione in errore dei funzionari della motorizzazione civile sulla sussistenza del
presupposto dell’assolvimento degli obblighi IVA, e dell’ingiusto profitto costituito
dall’omesso versamento di detta imposta, in particolare con la presentazione agli
uffici della motorizzazione civile di Ancona, Macerata e Ascoli Piceno, dal 2002 al
2008, di false dichiarazioni sostitutive di atti notori, integranti anche il reato di
cui all’art. 483 cod. pen., attestanti l’assolvimento degli obblighi IVA per
l’acquisto intracomunitario di numerose autovetture (capo A), all’ufficio della
motorizzazione civile di Macerata, il 30 novembre 2009, di una falsa fattura
attestante il versamento dell’IVA per un’autovettura (capo B), agli uffici della
motorizzazione civile di Ancona e Macerata, dal 2009 al 2011, di dichiarazioni
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640 cod. pen., al capo D, al capo E, ritenuta insussistente l’aggravante

sostitutive di atti notori, integranti anche il reato di cui all’art. 483 cod. pen.,
falsamente attestanti che i clienti sottoscrittori avevano acquistato i veicoli
all’estero (capo C), all’ufficio della motorizzazione civile di Ancona, il 21 ottobre
2011, della bolletta doganale relativa a un’autovettura ceduta dal Valori a
Claudio Calvisi (capo F), che il 23 ottobre 2009 era stata sottratta al pagamento
dei diritti di confine indicando nella dichiarazione doganale per l’importazione un
valore inferiore a quello reale e inducendo in errore il funzionario doganale di
Livorno nel vistare la dichiarazione ed attribuire alla stessa il valore di bolletta

Bergamo, Treviso e Vicenza, dal 2006 al 2008, di false dichiarazioni e fatture
attestanti l’acquisto in Germania, da parte di un soggetto privato, di autovetture
invece acquistate dal Valori in Germania direttamente o tramite Mirco Miotto e
Gabriele Neri, ottenendo in questi casi l’immatricolazione e il mancato
pagamento dell’IVA e, parzialmente, del dazio, sul falso presupposto che
l’imposta non fosse dovuta, in presenza di acquisto effettuato da un privato, e
che il dazio fosse stato pagato nello Stato in cui i mezzi erano stato sdoganati
(capo G).

2. Il ricorrente propone undici motivi.
2.1. Con il primo motivo deduce violazione di legge sulla sussistenza, nei
contestati fatti di falsità ideologica, dell’ipotesi della condotta commessa su atto
fidefacente, erroneamente ritenuta in base alla considerazione per la quale l’atto
di immatricolazione presupporrebbe l’assolvimento degli obblighi IVA, in assenza
di norme che attribuiscano ai funzionari della motorizzazione civile funzioni
certificative della regolarità fiscale e della possibilità per gli stessi di verificare
direttamente il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto. Aggiunge, quanto
alla bolletta doganale la cui falsità è contestata al capo E, che la stessa veniva
altrettanto erroneamente ritenuta fidefacente sul valore dei beni dichiarato
dall’importatore, essendo invece destinata a provare il pagamento dei diritti di
confine e l’adempimento delle formalità sulle destinazioni doganali delle merci, e
non anche il prezzo di acquisto corrisposto nello Stato di provenienza.
2.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge sulla sussistenza, ai
fini della configurabilità dei reati di truffa, dell’elemento dell’atto di disposizione
patrimoniale, viceversa non ravvisabile nell’immatricolazione e nel rilascio della
carta di circolazione, in quanto attività compiute nell’esercizio di un pubblico
potere, e neppure nella mancata esazione dell’imposta sul valore aggiunto, che i
funzionari della motorizzazione non hanno competenza ad incassare.
2.3. Con il terzo motivo deduce vizio motivazionale sul mancato
assolvimento degli obblighi IVA ai fini della sussistenza dei reati di cui al capo A,
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doganale (capi D e E), ed agli uffici della motorizzazione civile di Ancona,

in quanto illogicamente ritenuto per la sola qualità di evasore totale del Valori,
che non escludeva il pagamento dell’imposta in Germania all’atto dell’acquisto
dei veicoli, in assenza di indagini sul punto.
2.4. Con il quarto e il quinto motivo deduce violazione di legge e vizio
motivazionale sull’affermazione di responsabilità per i reati di cui al capo B,
lamentando che la falsità della fattura era illogicamente ritenuta per la posizione
di evasore totale del Valori, non implicante tale falsità, e denunciando la
mancanza di una condotta di artifici o raggiri, non ravvisabile nella mancata

esistente.
2.5. Con il sesto e il settimo motivo deduce vizio motivazionale
sull’affermazione di responsabilità per i reati di cui al capo C, lamentando che il
mancato assolvimento degli obblighi IVA era illogicamente ritenuto in base alla
circostanza per la quale le autovetture erano acquistate dal Valori e non
dall’utilizzatore finale, la quale non escludeva il pagamento dell’imposta in
Germania, e denunciando omessa motivazione sull’attendibilità intrinseca e sui
riscontri delle dichiarazioni testimoniali dei clienti, che in quanto soggetti a nome
de, quali le autovetture erano immatricolate potevano essere indagati ed
avevano pertanto interesse ad evidenziare la loro estraneità alle operazioni di
immatricolazione.
2.6. Con l’ottavo motivo deduce vizio motivazionale sull’affermazione di
responsabilità per i reati di cui al capo F, richiamando le argomentazioni di cui ai
punti precedenti e lamentando omessa motivazione sulla ragioni a sostegno del
concorso dell’imputato in un’immatricolazione effettuata dal cliente finale Calvisi.
2.7. Con il nono motivo deduce violazione di legge e vizio motivazionale
sulla determinazione della pena, lamentando la mancata indicazione, nella
sentenza di primo grado confermata in appello sul punto, degli aumenti di pena
reiativi ai singoli reati satelliti nella ritenuta continuazione.
2.8. Con il decimo motivo deduce violazione di legge e vizio motivazionale
sull’omessa declaratoria di estinzione per prescrizione dei reati commessi fino al
dicembre del 2008, motivata sul mancato decorso del relativo termine in base ad
una recidiva che risulta contestata solo per il reato di cui all’art. 483 cod. pen, in
ordine al quale l’imputato veniva assolto in primo grado.
2.9. Con l’undicesimo motivo deduce violazione di legge e vizio
motivazionale sulla confisca, lamentando omessa motivazione in ordine
al,’impossibilità di ordinare la confisca diretta, che gli artt. 322 ter e 640 quater

cod. pen. prevedono come presupposto per la legittimità della confisca per
equivalente nella specie disposta, ed osservando che la determinazione del
valore confiscato avrebbe dovuto tenere conto della prescrizione dei reati di cui

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registrazione della fattura ove la stessa riportava un’operazione effettivamente

al punto precedente, e che risultava ancora sottoposto a sequestro preventivo un
immobile appartenente alla madre dell’imputato, la cui disponibilità in capo al
valori era esclusa con la sentenza di primo grado e dunque non assoggettabile a
confisca per equivalente.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il motivo dedotto sulla sussistenza, nei contestati fatti di falsità

ideologica, dell’ipotesi della condotta commessa su atto fidefacente, è
inammissibile.
La questione non risulta invero dedotta con i motivi di appello; e tanto,
secondo i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, ne preclude
l’esame in questa sede, avendo il giudice dell’appello correttamente omesso di
pronunciare su detta questione in quanto non devoluta alla sua cognizione (Sez.
2, n. 29707 del 08/03/2017, Galdi, Rv. 270316; Sez. 3, n. 16610 del
24/012/2017, Costa, Rv. 269632; Sez. 5, n. 28514 del 23/04/2013, Grazioli
Gauthier, Rv. 255577).

2. Il motivo dedotto sulla sussistenza, ai fini della configurabilità dei reati di
truffa, dell’elemento dell’atto di disposizione patrimoniale, è infondato.
Nella parte in cui contesta la ravvisabilità dell’atto dispositivo
nell’immatricolazione delle autovetture, il ricorso non si confronta con la
motivazione della sentenza impugnata, che non considerava assolutamente
l’immatricolazione a questi fini. La Corte territoriale indicava invece l’atto di
disposizione patrimoniale nella mancata esazione dell’imposta sul valore
aggiunto; e tale conclusione si sottrae alle censure del ricorrente, articolate in
un’argomentazione priva di rilevanza e in un richiamo giurisprudenziale non
pertnente. Quanto a quest’ultimo aspetto, la pronuncia di legittimità citata nel
ricorso (Sez. 2, n. 47701 del 17/11/2003, Vignali, Rv. 227591) escludeva la
ravvisabilità del reato di truffa, in un caso di importazione di autoveicoli con
indebita applicazione di un regime tariffario più favorevole ai fini dell’imposta sul
valore aggiunto, per la diversa ragione della specifica rilevanza penale del fatto
quale reato tributario, conformemente al principio poi stabilito dalla Sezioni Unite
della Corte in tema di esistenza del rapporto di specialità fra i reati di frode
fiscale e di truffa aggravata in danno dello Stato (Sez. U, n. 1235 del
28/10/2010, dep. 2011, Giordano, Rv, 248865). Per il resto, il rilievo del
ricorrente sull’estraneità dell’esazione dell’imposta alle competenze dei funzionari

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1.

della motorizzazione civile non esclude, come la Suprema Corte ha avuto modo
di affermare in un caso invece analogo a quello qui esaminato (Sez. 2, n. 39895
del 22/09/2015, Speronello, Rv. 264769), che l’immatricolazione in Italia di
veicoli importati dall’estero, conseguita con la produzione di falsa
documentazione sul pagamento dell’imposta, costituisca idoneo presupposto per
l’indebita sottrazione dei beni all’esazione del tributo da parte dell’autorità
competente, sottrazione costituente l’atto di disposizione patrimoniale che

3. 11 motivo dedotto sul mancato assolvimento degli obblighi IVA ai fini della
sussistenza dei reati di cui al capo A è infondato.
La sentenza impugnata era congruamente motivata sul punto in base
all’accertata posizione di evasore totale del Valori; e nessuna illogicità è
ravvisabile in questa argomentazione rispetto alle considerazioni del ricorrente
sulla possibilità del pagamento dell’imposta in Germania all’atto dell’acquisto dei
veicoli, oggetto di una prospettazione meramente ipotetica e, per altro verso,
neppure posta all’attenzione della Corte territoriale con i motivi di appello, il che
esclude la ravvisabilità di alcun vizio motivazionale nella mancata valutazione di
tale possibilità.

4. I motivi dedotti sull’affermazione di responsabilità per i reati di cui al capo
B sono infondati.
La falsità della fattura esibita ad attestazione del pagamento dell’IVA era
oggetto nella sentenza impugnata di una motivazione fondata anche in questo
caso sulla posizione di evasore totale dell’imputato, la cui coerenza è stata
evidenziata al punto precedente; e gli ulteriori rilievi del ricorrente, per i quali
tale posizione non implicherebbe di per sé la fittizietà della fattura e l’esibizione
di quest’ultima non avrebbe dato luogo ad una condotta di artifici o raggiri, oltre
a non risultare prospettati alla Corte territoriale con i motivi di appello, non si
confrontano con quanto comunque osservato dai giudici di merito in ordine alla
circostanza per la quale la fattura era esibita la fine di documentare non tanto
l’esistenza dell’operazione sottostante, quanto il pagamento della relativa
posta.

5. I motivi dedotti sull’affermazione di responsabilità per i reati di cui al capo
C sono infondati.
Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, non è ravvisabile alcuna
illogicità nell’argomentazione della sentenza impugnata, per la quale l’acquisto
delle autovetture da parte del Valori e non dell’utilizzatore finale dei veicoli era

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integra il reato di truffa.

circostanza dimostrativa del mancato pagamento dell’imposta sul valore
aggiunto. Ed anche in questo caso il riferimento del ricorso alla possibilità del
pagamento dell’imposta in Germania è oggetto di un’asserzione ipotetica e
peraltro non specificamente proposta con i motivi di appello. Per il resto, le
censure dedotte sul punto si risolvono in valutazioni di merito, non consentite in
questa sede, sull’attendibilità delle dichiarazioni testimoniali dei clienti.

6. Il motivo dedotto sull’affermazione di responsabilità per i reati di cui al

Il ricorrente riprende a questo proposito le censure proposte ai punti
precedenti, delle quali è stata rilevata l’infondatezza. E’ per il resto insussistente
il lamentato vizio di carenza motivazionale sul concorso dell’imputato
nell’immatricolazione effettuata dal cliente Carrisi, a fronte di quanto osservato
ne,la sentenza impugnata sugli accertamenti di polizia giudiziaria in ordine
all’alterazione della fattura in base alla quale era stata compilata la bolletta
doganale attestante il pagamento dell’IVA, in realtà non versata all’atto
dell’importazione del veicolo effettuata dal Valori, ed alla determinazione del
dazio in base ad un valore del mezzo inferiore a quello reale.

7.

E’ invece fondato, nei termini di seguito esposti, il motivo dedotto

sull’estinzione dei reati per prescrizione.
La questione è posta dal ricorrente con riguardo alla possibilità o meno di
computare, ai fini della quantificazione dei termini prescrizionali, la recidiva
reiterata, che nel ricorso si adduce essere contestata per il solo reato di cui
all’art. 483 cod. pen., in ordine al quale l’imputato era stato assolto in primo
grado.
Orbene, a prescindere dalla questione della riferibilità della contestazione
della recidiva, in effetti graficamente riportata nelle intestazioni delle sentenze di
merito in calce al capo di imputazione di cui all’art. 483 cod. pen.,
esclusivamente a detto capo ovvero, essendo lo stesso l’ultimo ad essere
riportato, anche a quelli precedenti, è dirimente la considerazione per la quale la
recidiva risulta comunque non essere stata in concreto applicata.
Nella sentenza di primo grado, la recidiva non veniva in effetti menzionata
nell’amb,to del giudizio di comparazione fra le circostanze; per il quale si
prendevano in esame unicamente le riconosciute attenuanti generiche e le
aggravanti speciali proprie dei reati contestati, mentre dei precedenti penali e
della capacità a delinquere dell’imputato si faceva cenno solo ai fini della
valutazione di equivalenza fra le circostanze e della determinazione della pena.
Tanto, in assenza di alcun espresso richiamo delle sentenze di merito alla

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capo F è infondato.

recidiva, non consente di considerare quest’ultima implicitamente ritenuta; ed
anzi depone in senso contrario il fatto che con la sentenza di primo grado sia
stata dichiarata l’estinzione per prescrizione dei reati, puniti con pena edittale
non superiore ai sei anni di reclusione, commessi fino all’il ottobre 2007, per i
quali, ove si fosse tenuto conto della recidiva, il termine prescrizionale sarebbe
scaduto nel 2017.
Deve pertanto concludersi che la recidiva non era ritenuta espressiva di
particolare pericolosità sociale dell’imputato, e quindi tale da dover essere

giurisprudenza di legittimità, rende la circostanza ininfluente ai fini della
determinazione del tempo necessario per la prescrizione del reato (Sez. 3, n.
9834 del 17/11/2015, dep. 2016, Cosentino, Rv. 266459; Sez. 2, n. 48293 del
26/11/2015, Carbone, Rv. 265382; Sez. 6, n. 43771 del 07/10/2010, Karmaoui,
Rv. 248714). Ne segue che i termini prescrizionali devono essere delimitati a
dodici anni e sei mesi per i reati di falso ideologico e a sette anni e sei mesi per
gli altri reati contestati, aggiungendovi i periodi di sospensione di detti termini
derivanti da rinvii del dibattimento di primo grado dal 16 luglio
2013 per

ottobre del

adesione dei difensori ad astensione dalle udienze proclamata

dall’organismo di categoria,

dal 17 settembre al 22 ottobre del 2014 per

legittimo impedimento dell’imputato e dall’Il al 17 febbraio 2015 in
accoglimento di una richiesta della difesa, per complessivi 108 giorni. Sono
pertanto prescritti i reati di falso indotto in atto pubblico fidefacente commessi
fino al 7 aprile 2005 e gli altri reati commessi fino al 7 aprile 2010, dei quali deve
essere dichiarata l’estinzione con annullamento senza rinvio della sentenza
impugnata sul punto.

8. La declaratoria di estinzione per prescrizione di parte dei reati contestati
impone la rideterminazione della pena per i reati residui. Non essendo tale
operazione praticabile in questa sede per la mancanza, nelle sentenze di merito,
dell’indicazione anche implicita dei criteri per la quantificazione degli aumenti a
titolo di continuazione, la sentenza deve essere annullata sul punto con rinvio
ala Corte di appello di Perugia; essendo di conseguenza assorbito il motivo
dedotto sul trattamento sanzionatorio.
Quanto al motivo relativo alla confisca per equivalente, il ricorso è generico
nella censura di carenza motivazionale sull’impossibilità di disporre la confisca
diretta, non essendo dedotta l’esistenza di beni assoggettabili a detta forma di
confisca. La parziale declaratoria di estinzione dei reati per prescrizione rende
peraltro necessaria la riduzione della misura della confisca per equivalente, che,
come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, non può essere applicata in

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valutata a fini sanzionatori; il che, secondo i principi affermati dalla

relazione a reati prescritti (Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, Lucci, Rv. 264435);
anche per questo aspetto la sentenza impugnata deve dunque essere annullata
con rinvio alla Corte di appello di Perugia.

P. Q. M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente ai reati di falso indotto

reati commessi fino al 7 aprile 2010, perché estinti per prescrizione.
Annulla aitresì la stessa sentenza con rinvio alla Corte di appello di Perugia

l ■ mitatamente alla confisca per equivalente e al trattamento sanzionatorio.
Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso il 25/01/2018

Il Consiglier estensore

eatIo

Il Presidente

in atto pubblico fidefacente commessi fino al 7 aprile 2005, nonché ai residui

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