Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18786 del 25/01/2018
Penale Sent. Sez. 5 Num. 18786 Anno 2018
Presidente: VESSICHELLI MARIA
Relatore: MOROSINI ELISABETTA MARIA
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
1. TIBERIO MICHELE, nato a VASTO il 02/07/1981
2. DI NARDO DANIELE, nato a MILANO il 05/09/1981
avverso la sentenza del 02/03/2016 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Elisabetta Maria Morosini;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Pasquale
Fimiani, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio.
Data Udienza: 25/01/2018
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di L’Aquila ha confermato la
condanna, all’esito di giudizio abbreviato, di Tiberio Michele e Di Nardo Daniele, in
ordine al reato di cui agli artt. 110, 56, 624 bis, 625 n. 2 cod. pen., per aver
tentato di commettere un furto all’interno di un bar.
2. Avverso la sentenza ricorrono gli imputati, per il tramite del loro comune
difensore, articolando un unico motivo, con cui denunciano violazione di legge.
I ricorrenti deducono che il fatto sarebbe stato erroneamente qualificato ai
orario di chiusura — non presentava caratteristiche che consentissero di ricondurlo
alla nozione di privata dimora.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
1. I giudici di merito hanno inquadrato la condotta degli imputati nel reato di
cui all’art. 624 bis cod. pen, ritenendo che i locali di un bar, fuori dall’orario di
apertura e comunque di chiusura al pubblico — possono essere utilizzati dal titolare
per svolgere attività attinente alla propria sfera privata.
Tale motivazione è carente rispetto ai criteri autorevolmente stabiliti dalla
Corte di cassazione a Sezioni Unite.
Tuttavia la decisione è, nel caso specifico, giuridicamente corretta.
2. Le Sezioni Unite hanno stabilito che: «rientrano nella nozione di privata
dimora esclusivamente i luoghi nei quali si svolgono non occasionalmente atti della
vita privata, e che non siano aperti al pubblico né accessibili a terzi senza il
consenso del titolare, compresi quelli destinati ad attività lavorativa o
professionale» (Sez. U, n. 31345 del 23/03/2017, D’Amico, Rv. 270076).
Nel caso sottoposto al loro esame le Sezioni Unite hanno escluso l’ipotesi
prevista dall’art. 624 bis cod. pen. con riferimento a un furto commesso all’interno
di un ristorante, sul presupposto che non risultava dagli atti che fosse stato
interessato un locale in cui si potessero svolgere atti della vita privata del titolare,
in modo riservato e senza possibilità di accesso da parte di estranei (Sez. U, n.
31345 del 23/03/2017, D’Amico, in motivazione).
Nella specie il dato, valorizzato dai giudici di merito, che il furto è stato
commesso in un bar in orario di chiusura non è, quindi, di per sé significativo ai
fini della sussistenza del reato di cui all’art. 624 bis cod. pen.
2
sensi dell’art. 624 bis cod. pen., mentre in realtà il luogo del furto — un bar in
3. In realtà, ai fini dell’inquadramento giuridico del fatto, soccorrono altre
circostanze comunque ricavabili dal corpo motivazionale della sentenza.
Gli imputati «avvalendosi di un piede di porco con il quale avevano forzato la
porta di ingresso di un condominio sito in Vasto viale D’Annunzio e dopo aver fatto
ingresso nel predetto stabile ed essere scesi al piano seminterrato, avevano
scardinato la porta che consentiva l’accesso al bar “da Noi3″» (pagina 1 sentenza
impugnata).
all’interno del bar, sono penetrati in un edificio destinato, almeno in parte a privata
dimora e nelle pertinenze di essa.
Invero un condominio — inteso nel senso comune di fabbricato adibito a una
pluralità di abitazioni — risponde ai requisiti di cui all’art. 624 bis cod. pen. stante
la presenza di quegli elementi che secondo le Sezioni Unite connotano una privata
dimora: a) utilizzazione del luogo per lo svolgimento di manifestazioni della vita
privata (riposo, svago, alimentazione, studio), in modo riservato ed al riparo da
intrusioni esterne; b) durata apprezzabile del rapporto tra il luogo e la persona, in
modo che tale rapporto sia caratterizzato da una certa stabilità e non da mera
occasionalità; c) non accessibilità del luogo, da parte di terzi, senza il consenso
del titolare (Sez. U, n. 31345 del 23/03/2017, D’Amico, in motivazione).
Gli autori del tentato furto, per raggiungere il loro obiettivo, si sono introdotti
in un luogo di privata dimora. Tanto basta a qualificare la condotta in rassegna ai
sensi dell’art. 624 bis cod. pen., rendendo superfluo verificare ulteriormente se il
tentativo di ingresso nel bar abbia interessato o meno, all’interno dell’esercizio
commerciale, luoghi adibiti non occasionalmente allo svolgimento di atti della vita
privata, non aperti al pubblico né accessibili a terzi senza il consenso del titolare.
4.
In definitiva la decisione è corretta nell’esito, seppur fondata su
motivazione non conferente.
Tale errore però non è denunciabile nel giudizio di legittimità in quanto non
può sussistere ragione alcuna di doglianza quando le questioni di diritto siano state
esattamente risolte, anche se in maniera immotivata o contraddittoriamente od
illogicamente motivata (Sez. 2, n. 19696 del 20 maggio 2010, Maugeri, Rv.
247123; Sez. U., n. 155 del 29 settembre 2011, dep. 2012, Rossi, in motivazione).
5. In sede di conclusioni i ricorrenti insistono per la concessione delle
circostanze attenuanti generiche, ma la richiesta è inammissibile perché non
raccordata ad alcun motivo di ricorso.
3
I ricorrenti, quindi, nel tentativo di impossessarsi di cose mobili esistenti
6. Al rigetto del ricorso consegue la condanna di ciascun ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento.
Il Consigliere estensore
Elisabetta Mar
orosini
Il Presidente
Maria Vessichelli
‘•
i
I
ti,
ULt,
Depositato in Cancelleria
Roma, lì „,…..11.244A6r
Così deciso il 25/01/2018