Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18777 del 25/03/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 18777 Anno 2014
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: BELTRANI SERGIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ANDRESANI GIORGIO N. IL 09/10/1953 parte offesa nel
procedimento
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IGNOTI
avverso il decreto n. 1236/2013 GIP TRIBUNALE di PARMA, del
29/05/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SE_RQI0 BELTRANI;
lette/site le conclusioni del PG Dott. Ele„

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Data Udienza: 25/03/2014

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RITENUTO IN FATTO
1. Il G.I.P. del Tribunale di Parma ha disposto l’archiviazione del
procedimento a carico di ignoti, per il reato di cui all’art. 644 c.p.,
dichiarando

inammissibile

l’opposizione

della

p.o.

GIORGIO

ANDRESANI, osservando che «l’opponente ha chiesto lo svolgimento
di indagini suppletive consistenti nello svolgimento di una consulenza
tecnica sulle vicende oggetto della denuncia [e] nell’assunzione di s.i.t.

palesemente irrilevanti tenuto conto delle risultanze delle indagini
svolte dal P. M. e dell’insussistenza dell’elemento soggettivo del reato

2. Avverso tale decreto, la p.o. ha proposto ricorso per cassazione,
con l’ausilio di un difensore iscritto nell’apposito albo speciale,
deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente
necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1,
disp. att. c.p.p.:
I – mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della
motivazione per avere il GIP ritenuto le investigazioni suppletive
irrilevanti;
Il – inosservanza o erronea applicazione dell’art. 409, comma 2,
c.p., per avere il GIP emesso de plano decreto di archiviazione senza
fissare la camera di consiglio;
III – contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in
relazione all’art. 43 c.p., per avere il GIP ritenuto insussistente
l’elemento soggettivo del reato senza identificare i soggetti indagati
per avere il GIP ritenuto le investigazioni suppletive irrilevanti.
Con requisitoria scritta depositata in data 17 gennaio 2014, il P.G.
ha concluso come riportato in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.

dalla dott.ssa MAURA PICCOLI. Trattasi di investigazioni suppletive

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1. Costituisce principio pacifico in giurisprudenza (cfr., tra le prime,
Sez. VI, ordinanza n. 2704 del 6 giugno 1994, CED Cass. n. 199147)
che i provvedimenti di archiviazione, quale che ne sia la forma
(ordinanza, decreto), sono ricorribili per cassazione soltanto quando
sussistono le nullità previste dall’art. 127, comma 5, c.p.p. (art. 409,
comma 6, c.p.p.).
L’art. 127, comma 5, c.p.p., contiene, a sua volta, un rinvio ai

commi 1, 3 e 4 dello stesso articolo, contenenti disposizioni inerenti
unicamente all’instaurazione del contraddittorio.
Si ritiene, in particolare, ricorribile per cassazione il provvedimento
con il quale il giudice abbia emesso il decreto di archiviazione
nonostante l’opposizione della persona offesa presentata a norma
dell’art. 410, comma 2, c.p.p., ove quest’ultima sia stata
illegittimamente dichiarata inammissibile, in quanto il diritto al
contraddittorio della persona offesa viene in questo modo
illegittimamente violato per la mancata adozione del rito camerale (per
tutte, Sez. VI, sentenza n. 47457 del 3 noivembre 2003, CED Cass. n.
227829).
Deve, pertanto, ritenersi che la violazione del contraddittorio sia
l’unico vizio denunziabile con il ricorso avverso il provvedimento di
archiviazione, sia se adottato de plano sia se emesso a seguito di
rituale fissazione e celebrazione dell’udienza camerale a seguito
dell’opposizione della p.o. alla richiesta di archiviazione del P.M.
camera di consiglio.
1.1. Il principio può ritenersi pacifico per la giurisprudenza di
questa Corte Suprema, a parere della quale

«L’ordinanza di

archiviazione è impugnabile soltanto nei rigorosi limiti fissati dal
comma 6, art. 409 cod. proc. pen.; e tali limiti sussistono, quale che
sia il procedimento a conclusione del quale essa sia stata pronunciata.
La citata norma, nel fare espresso e tassativo richiamo ai casi di nullità
previsti dall’art. 127 c.p.p., comma 5, legittima il ricorso per
cassazione soltanto nel caso in cui le parti non siano state poste in

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grado di esercitare le facoltà ad esse attribuite dalla legge, e cioè
l’intervento in camera di consiglio per i procedimenti da svolgersi
dinanzi al tribunale» (Cass. pen., Sez. un., 9 giugno 1995, n. 24,
Bianchi, rv. 201381; conformi, fra le altre, sez. 1, 3 febbraio 2010, n.
9440, P.o. in proc. Di Vincenzo ed altri, rv. 246779; sez. 1, sez. 1, 7
febbraio 2006, n. 8842, P.o. in proc. Laurino ed altri, rv. 233582; sez.
5, 21 ottobre 1999, n. 5052, Andreucci, rv. 215629).
principio di tassatività dei mezzi d’impugnazione non

consente una diversa lettura delle predette disposizioni e, d’altro
canto, non può ritenersi che l’ampliamento del novero dei vizi
denunziabili mediante ricorso per cassazione sia costituzionalmente
imposto: la natura dell’archiviazione, «interlocutoria e sommaria …
finalizzata ad un controllo di legalità sull’esercizio dell’azione penale e
non a un accertamento sul merito dell’imputazione» (Corte cost.,
ordinanze nn. 54 del 2003, 153 del 1999, 150 del 1998, e sentenza n.
319 del 1993), e la ratio, «esclusivamente servente il controllo di
legalità e obbligatorietà dell’azione penale, che tradizionalmente si
riconosce assistere lo ius ad loquendum e gli strumenti di tutela
dell’offeso» (Cass. pen., sez. 1, 3 febbraio 2010, n. 9440, P.o. in
proc. Di Vincenzo ed altri, rv. 246779), «negli stretti limiti in cui ciò
risponda a tale funzione di controllo» (Corte cost., ordinanza n. 95
dei 1998), consentono di affermare che, nonostante i limiti alla facoltà
di ricorso, la pretesa sostanziale del denunziante/querelante sia,
comunque, adeguatamente garantita, da un lato, dalla possibilità di
sollecitare una riapertura delle indagini anche sulla scorta di indagini
difensive, dall’altro, dall’intatta facoltà esercitare i propri diritti
d’azione e difesa, ampiamente e senza preclusione alcuna, in sede
civile.
2. Deve, pertanto, ribadirsi che la p.o. non può ricorrere per
cassazione per denunziare la nullità del provvedimento di archiviazione
per vizi che non si risolvano in violazioni del contraddittorio.

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1.2. Il

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2.1. Ciò evidenzia le ragioni dell’indeducibilità di doglianze aventi
ad oggetto presunti vizi della motivazione [ex art. 606, lett. E), c.p.p.]
del provvedimento impugnato.
3. Nel caso di specie, peraltro, come correttamente osservato dal
P.G., lo stesso G.I.P., nel valorizzare la ritenuta

insussistenza

dell’elemento soggettivo del reato, ne ha implicitamente ammesso la
configurabilità sotto il profilo oggettivo,

«e le investigazioni

accertamento anche sotto il profilo dell’elemento soggettivo. Sul punto
basterà rilevare che il precedente citato nel provvedimento di
archiviazione rinvia a condotte risalenti agli anni tra il 1997 ed il 2002,
mentre quelle oggetto di contestazione si collocano [in] un periodo
decisamente successivo, con un diverso quadro di riferimento quanto
alla regolamentazione ed al contrasto interpretativo».
Può, pertanto, conclusivamente convenirsi con il P.G. che « le
argomentazioni con le quali il GIP ha ritenuto di dover pervenire alla
dichiarazione di inammissibilità dell’opposizione implicano
necessariamente una valutazione di superfluità dell’accertamento
richiesto che può essere operata solo dopo una sua valutazione in
contraddittorio».
Invero, i profili inerenti all’elemento psicologico del reato possono
essere valutati unicamente dopo che sia stata compiutamente
accertata la materialità del reato, oltre che l’identità del soggetto o dei
soggetti cui esso sia in astratto attribuibile, e non può, pertanto,
essere ritenuta la superfluità di indagini suppletive inerenti alla
materialità del reato (ma anche, implicitamente, all’elemento
soggettivo) sol perché si ritenga allo stato lo stesso (ancora attribuito
a soggetti non identificati) non configurabile per difetto dell’elemento
psicologico.
4.

Il provvedimento impugnato va, pertanto, annullato senza

rinvio, con trasmissione degli atti al Tribunale di Parma per il corso
ulteriore.

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suppletive richieste, in linea di principio, non sono estranee al suo

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P.Q.M.
Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato e dispone la
trasmissione degli atti al Tribunale di Parma per il corso ulteriore.

Così deciso in Roma, udienza camerale 25 marzo, 2014.

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