Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18777 del 18/12/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 18777 Anno 2015
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: MICCOLI GRAZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI FERMO
nei confronti di:
GIACOMOZZI ROSARIA (AMM. LUCA MODE S.R.L.) N. IL
22/04/1958
MARZATICO GIUSEPPE (AMM. DELLA LUCA MODE S.R.L.) N.
IL 09/11/1972
POMPOZZI SIMONE (RAPPRE.TE DELLA FASCHION MODA
S.R.L.) N. IL 06/10/1984
avverso l’ordinanza n. 33/2014 TRIB. LIBERTA’ di FERMO, del
24/09/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GRAZIA MICCOLI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 18/12/2014

Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, dott. Aurelio GALASSO, ha concluso
chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 24 settembre 2014 il Tribunale di Fermo ha rigettato l’appello proposto
dal Procuratore della Repubblica presso lo stesso Tribunale avverso l’ordinanza di sequestro
preventivo emessa dal G.I.P. in data 8 agosto 2014, nella parte in cui ha affidato i beni
sequestrati in custodia all’indagato Simone POMPOZZI, con facoltà di utilizzarli per le finalità

2. Ha proposto ricorso in Cassazione il Procuratore della Repubblica di Fermo, deducendo la
violazione di legge in relazione agli artt. 92, 104, 104 bis disp att. cod. proc. pen. e art. 321
cod. proc. pen., “in ragione della nomina del custode giudiziario, in un sequestro preventivo
impeditivo, da parte del Gip, nella persona dell’indagato concorrente nel reato di bancarotta
fraudolenta e per la concessione della facoltà di uso dei beni sequestrati”.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato e, di conseguenza, ne va dichiarata l’inammissibilità.
Il ricorrente ha appellato il provvedimento di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le
indagini preliminari del Tribunale di Fermo contestando la competenza dello stesso giudice a
nominare il custode e deducendo la incompatibilità del sequestro preventivo con
l’autorizzazione dell’indagato all’uso dei beni sequestrati per finalità produttive.

1. Giova in primo luogo evidenziare che questa Corte ha da tempo affermato il principio
secondo il quale, in tema di sequestro preventivo, la disposizione di cui all’art. 322-bis cod.
proc. pen., che prevede la generale appellabilità delle ordinanze adottate in materia, non trova
applicazione per quei provvedimenti aventi natura sostanzialmente amministrativa che
intervengono nella fase dell’esecuzione della misura cautelare e che si concretizzano in
provvedimenti di autorizzazione al compimento di atti giuridici di natura privatistica
concernenti le vicende e la gestione ordinaria dei beni sequestrati sottoposti ad
amministrazione, nonché la nomina o la revoca del custode (sez. 3, n. 39181 del 28/05/2014,
Rubino e altro, rv. 260381).
In applicazione di tale principio questa Corte ha, per esempio, negato che possa essere
impugnato il provvedimento di affidamento agli organi di polizia dei beni mobili iscritti in
pubblico registro appartenenti all’imputato e sequestrati nel corso di operazioni di polizia
giudiziaria antidroga, avendo tale provvedimento l’esclusivo effetto di individuare il soggetto
cui è rimesso l’ufficio di custode giudiziale dei veicoli sequestrati, fatta salva la necessità di
garantire il contraddittorio qualora i beni appartengano a terzi (sez. 6, 21 febbraio 2013, n.
9727, rv. 255723; sez. 4, 12 giugno 2007, n. 28123, rv. 237099).
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produttive della FASHION MODA s.r.l.

Più in generale, fra gli atti aventi natura amministrativa, riconducibili alla categoria
dell’ordinaria amministrazione devono essere compresi, oltre alla nomina e revoca del custode
dell’amministratore, tutti quegli atti che non riguardano direttamente la consistenza o la
sopravvivenza del bene, così da non incidere su posizioni di diritto soggettivo della parte.
Mentre tra le «ordinanze in materia di sequestro preventivo» verso le quali è esperibile
l’appello previsto dall’art. 322 bis devono essere incluse quelle con le quali il custode dei beni
sequestrati venga autorizzato a compiere atti eccedenti l’ordinaria amministrazione (sez. 5, 24
aprile 2001, n 29391).

dal Pubblico Ministero in relazione a profili del provvedimento di sequestro preventivo che
hanno natura sostanzialmente amministrativa ed intervengono nella fase dell’esecuzione della
misura cautelare, quali la nomina del custode e le statuizioni di autorizzazione al compimento
di atti giuridici di natura privatistica concernenti le vicende e la gestione ordinaria dei beni
sequestrati.

2. Sebbene quanto sopra precisato in ordine alla impugnabilità del provvedimento di sequestro
sia assorbente, è utile precisare che manifestamente infondato è il motivo con il quale si
sostiene la competenza del Pubblico Ministero per la nomina del custode per l’amministrazione
dei beni sottoposti a sequestro preventivo.
Correttamente il Tribunale ha rilevato che rientrano nella competenza del G.I.P., in quanto
“autorità giudiziaria” che ha disposto il sequestro, e non del Pubblico Ministero, la nomina del
custode per l’amministrazione dei beni sottoposti a sequestro preventivo e la determinazione
delle modalità di esecuzione del medesimo (sez. 2, n. 23572 del 06/05/2009, rv. 244217;
Sez. 6, n. 13067 del 08/02/2005, Borra, rv. 232270).

3. Giova altresì rilevare anche la manifesta infondatezza dell’altro motivo di doglianza del
ricorrente.
Il testo previgente dell’art. 104 disp. att. cod.proc.pen. rinviava, ai fini dell’esecuzione del
sequestro preventivo, alle norme dettate dalle medesime disposizioni di attuazione per
l’esecuzione del sequestro probatorio. Tale rinvio è stato eliminato nella nuova formulazione
della norma introdotta dalla legge n. 94 del 2009, con conseguenze di cui la giurisprudenza di
questa Corte si è già occupata (si veda, ex multis, sez. 5, n. 25118 del 08/05/2012,
Minischetti, rv. 253223).
Il previgente testo del citato art. 104 si limitava a stabilire che al sequestro preventivo si
applicassero le disposizioni relative all’esecuzione del sequestro probatorio (artt. 81 e 88 delle
medesime disposizioni di attuazione) ed aveva dato luogo a non pochi problemi in sede
applicativa.
Per quanto qui di interesse tali interrogativi riguardavano non tanto la possibilità di affidare i
beni sequestrati ad un custode, quanto piuttosto quella di affidare al custode l’amministrazione
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Tornando al caso in esame, deve quindi ritenersi l’inammissibilità della impugnazione proposta

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”attiva” di tali beni, in quanto ne’ l’art. 104 ne’ le norme da esso richiamate disponevano
alcunché in proposito.
Sulla questione la giurisprudenza di legittimità si è orientata prevalentemente nel ritenere che,
pur nel silenzio del legislatore, all’autorità giudiziaria fosse data la possibilità, in ragione di una
scelta discrezionale, di affidare al custode anche l’amministrazione dei beni sequestrati in
quanto finalizzata alla loro conservazione (sez. 5 n. 34645 del 9 luglio 2001, Pane, rv 220207;
sez. 2 n. 46850 del 5 novembre 2004, Pallesca, rv 230444; sez. 3 n. 18790 del 5 marzo 2008,
Chiodi, rv 239891; sez. 5 n. 30596 del 17 aprile 2009, Cecchi Gori, rv 244477).

disciplina prevista dall’art. 259 comma 2 cod.proc.pen., concernente il sequestro probatorio,
doveva ritenersi applicabile anche al sequestro preventivo, con la conseguenza che sul custode
gravasse esclusivamente l’obbligo di conservare le cose sequestrate e di presentarle ad ogni
richiesta dell’autorità giudiziaria, non potendo pertanto, vedersi imporre dall’autorità giudiziaria
l’onere di provvedere ad ulteriori attività di gestione patrimoniale (sez. 6 n. 35103 del 26
giugno 2003, Miceli, rv 226899).
Sotto altro profilo la giurisprudenza aveva invece escluso la possibilità di trascrivere nei registri
immobiliari il provvedimento di sequestro preventivo di un bene immobile, sottolineando che
detta formalità esulava dalle previsioni normative, essendo espressamente prevista
esclusivamente per il sequestro eseguito ai sensi della L. 7 agosto 1992, n. 356, art. 12 sexies
e dall’art. 317 cod.proc.pen. per quello conservativo (sez. 6 n, 3148 del 15 ottobre 1996,
Coscia, rv 206496; sez. 6 n. 3191/01 del 27 novembre 2000, Palini, rv 219622).
Il vuoto normativo aveva condotto a sollevare anche una questione di legittimità costituzionale
sul presupposto che la non trascrivibilità precludeva al sequestro preventivo il raggiungimento
dello scopo per il quale era previsto dalla legge (evitare che la disponibilità di una cosa
pertinente al reato aggravasse o protraesse le conseguenze del reato o agevolasse la
commissione di altri reati), atteso che la semplice esecuzione nelle forme previste per il
sequestro probatorio non incideva sulla libera disponibilità del bene, che -pur sequestratoavrebbe potuto essere ceduto a terzi di buona fede.
La Corte Costituzionale, con ordinanza n. 48 depositata il 5 marzo 1998, aveva dichiarato la
questione manifestamente infondata, ma solo in considerazione del parametro evocato; il
giudice rimettente aveva denunciato infatti unicamente la violazione dell’art. 97 Cost., comma
1, trascurando di considerare che il principio del buon andamento della P.A. non riguarda
l’esercizio della funzione giurisdizionale nel suo complesso ed i diversi provvedimenti che ne
costituiscono espressione.
In questo contesto interpretativo il legislatore, con la legge n. 94 del 2009, ha provveduto a
modificare l’art. 104 disp. att. cod.proc.pen., disciplinando in modo dettagliato l’esecuzione del
sequestro preventivo e, soprattutto, con riguardo ai beni immobili e mobili registrati, che ne
costituiscano oggetto, imponendo la trascrizione del provvedimento presso i competenti uffici.

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Viceversa, secondo una pronunzia rimasta isolata, in virtù del rinvio operato dall’art. 104, la

La norma indica altresì le modalità di esecuzione del sequestro preventivo sui mobili e sui
crediti (secondo le forme prescritte dal codice di procedura civile per il pignoramento presso il
debitore o presso il terzo in quanto applicabili), sulle azioni e sulle quote sociali (con
l’annotazione nei libri sociali e con l’iscrizione nel registro delle imprese), sugli strumenti
finanziari dematerializzati, ivi compresi i titoli del debito pubblico (con la registrazione
nell’apposito conto tenuto dall’intermediario).
Infine, la nuova disposizione prevede che il sequestro preventivo sui beni aziendali (organizzati
per l’esercizio di un’impresa) sia eseguito, oltre che con le modalità previste dalla natura del

l’iscrizione del provvedimento nel registro delle imprese presso il quale è iscritta l’impresa).
Il nuovo art. 104 riproduce, inoltre, il richiamo, già contenuto nel precedente testo, alla
disposizione di attuazione contenuta nell’art. 92, la quale prevede che l’ordinanza che dispone
il sequestro preventivo debba essere immediatamente trasmessa, a cura della cancelleria del
giudice, all’organo che deve provvedere all’esecuzione ovvero, nel corso delle indagini
preliminari, al pubblico ministero che ne ha fatto richiesta, il quale ne cura l’esecuzione.
La novella ha poi introdotto nelle succitate disposizioni di attuazione l’inedito art. 104 bis, il
quale stabilisce che, nel caso in cui il sequestro preventivo abbia per oggetto aziende, società
ovvero beni di cui sia necessario assicurare l’amministrazione (esclusi que In destinati ad
affluire nel Fondo unico giustizia, di cui al D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 61, comma 23,
convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2008, n. 133), l’autorità giudiziaria deve
nominare un amministratore giudiziario. Questi deve essere scelto nel costituendo Albo
Nazionale degli Amministratori Giudiziari, ma è data tuttavia possibilità all’autorità giudiziaria
di affidare la “custodia” a soggetti diversi da quelli sopra indicati.
Nel caso in esame il ricorrente afferma, per quanto qui di interesse, che il Giudice per le
indagini preliminari non avrebbe potuto disporre “l’amministrazione attiva” dei beni da parte
del custode, peraltro individuato nella persona di uno degli indagati.
La tesi è manifestamente priva di fondamento, in quanto, in primo luogo, smentita proprio
dalle modalità con cui il legislatore ha inteso intervenire per colmare le lacune evidenziatesi
nella prassi in riferimento al previgente assetto.
Infatti la stessa introduzione di una disciplina dell’amministrazione dei beni in sequestro
dimostra che la finalità dell’art. 104 è esclusivamente quella di assicurare la pubblicità del
provvedimento cautelare a garanzia della sua efficacia ed a tutela dei terzi di buona fede e non
già quella di salvaguardare la conservazione fisica del bene.
Ed in tal senso, per esempio e come già ricordato da questa Corte, ai fini della esecuzione del
sequestro preventivo, le modalità di trascrizione del relativo provvedimento presso i
competenti uffici non sostituiscono tale incombente alle ordinarie modalità di apprensione del
bene e della sua custodia, atteso che la finalità della su indicata disposizione è quella di
disciplinare l’apposizione del vincolo in modo da renderlo opponibile a terzi (sez. 4 n. 22569 del
25 maggio 2010, Gasacela, rv 247818).
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singolo bene sequestrato, con l’immissione dei beni in possesso dell’amministratore (e con

L’elisione del rinvio alle norme che disciplinavano le modalità di esecuzione del sequestro
probatorio non comporta l’automat ica sottrazione di quello preventivo all’operatività della
disposizione generale contenuta nell’art. 259 cod.proc.pen., che in realtà non è mai stata
oggetto di espresso rinvio da parte dell’art. 104 proprio in forza della sua valenza generale.
Peraltro, la riforma del 2009 non ha in alcun modo sottratto al giudice il potere di decidere se
privare o meno il titolare della materiale disponibilità del bene, provvedendo in tal caso alla
nomina di un custode, salvo ritenere che non sia necessario procedervi quando il bene non

garantite anche qualora lo stesso rimanga nella disponibilità di colui che lo detiene (sia esso
l’indagato o un soggetto terzo).
A riprova della correttezza di tali conclusioni soccorre del resto proprio il tenore letterale
dell’art. 104 bis, che fa espresso riferimento all’istituto della custodia e dunque implicitamente
proprio alla disciplina del citato art. 259.
La normativa, poi, facoltizza la gestione attiva, tra l’altro, dei “beni di cui sia necessario
assicurare l’amministrazione”, rimettendo all’evidenza al giudice il compito di individuare in
concreto quali beni richiedano un tale tipo di intervento; circostanza che è esattamente quanto
avvenuto nel caso in esame.

4. In definitiva, l’esecuzione del sequestro, al di là del dato testuale, che allude ad attività di
mera attuazione, implica necessariamente anche l’adozione da parte del G.I.P. di tutti quei
provvedimenti funzionali a porre in essere e a rendere operativo il vincolo cautelare, tra cui la
nomina del custode giudiziario, tra l’altro espressamente prevista dall’art. 259 cod.proc.pen.,
come si è visto, applicabile al sequestro preventivo in ragione del rinvio contenuto nell’art. 104
disp. att..
Alla nomina consegue, come indicato dall’art. 259 cod.proc.pen., il conferimento di compiti di
gestione, che di solito sono di mera conservazione, ma possono essere, come nel caso in
esame, di amministrazione o, in senso lato, di uso finalizzato a non far cessare l’attività di una
azienda (sez. 5, n. 28336 del 07/05/2013, Scalera, rv. 256775), non potendo trascurarsi che
tale uso, nel caso in cui (come nella specie) il sequestro intervenga in una situazione di
fallimento di una impresa, può solo comportare vantaggi proprio alla curatela e a chi vanta
crediti nei confronti della impresa fallita..
L’attribuzione al custode dei pertinenti poteri o la nomina di un amministratore giudiziario
rientrano quindi certamente nella sfera della mera discrezionalità del giudice (sez. 5, n. 30596
del 17/04/2009, Cecchi Gori, rv. 244478).
Va, infine, detto che nessuna norma vieta che il Giudice per le indagini preliminari nomini
custode lo stesso indagato, così come avvenuto nella specie, peraltro con motivazione esente
da vizi logici e di metodo, in quanto ha evidenziato che l’utilizzo dei beni da parte di uno degli
indagati (per concorso nel reato di bancarotta) consente di perseguire la duplice finalità di

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presenti particolari esigenze di conservazione e le esigenze cautelari risultino ugualmente

evitare la dispersione dei beni e salvaguardare le esigenze lavorative dei dipendenti della
impresa di cui è legale rappresentante lo stesso indagato.

P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso del Pubblico Ministero.
Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2014
Il Presidente

Il consi liere estensore

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