Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18777 del 12/01/2017


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 18777 Anno 2017
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: MICCICHE’ LOREDANA

SENTENZA

sutricorsd propostd,da:
TOMASSINI EROS N. IL 24/12/1961
UGOLINI PAOLA N. IL 30/08/1966
TOMASSINI LAURA N. IL 17/08/1986
TOMASSINI ELIO N. IL 03/12/1925
GORINI ZITA N. IL 07/06/1939
GALLI UNA N. IL 05/02/1929
nei confronti di:
BIANCHINI LUIGI MARIA N. IL 23/08/1947
BELARDINELLI NATASCIA N. IL 17/03/1958
FRONZONI MAURIZIO N. IL 06/05/1955
PIERINI GIOVANNI N. IL 27/12/1946
avverso la sentenza n. 1465/2011 CORTE APPELLO di ANCONA, del
15/06/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/01/2017 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LOREDANA MICCICHE’
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per
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Data Udienza: 12/01/2017

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Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

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RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 5 maggio 2015 la Corte d’Appello di Ancona, confermando la
sentenza emessa dal locale tribunale, assolveva Bianchini Luigi Maria, Belardinelli
Natascia, Fronzoni Maurizio e Pierini Giovanni, medici addetti al reparto di neurologia
dell’Ospedale di Pesaro, dal reato di cui agli artt. 113, e 589 cod. pen. commesso in

danno di Tommasini Francesco, deceduto il 4 marzo 2006.
2. Ai predetti imputati era stato contestato che, per colpa consistita in un inadeguato
trattamento della complessa patologia da cui era affetto il Di Tommaso, portatore di esiti
di meningocele operato con idrocefalo in atto, con più condotte concorrenti e per colpa
consistita in negligenza, imprudenza e imperizia, avevano omesso di ipotizzare una
compressione delle strutture del tronco encefalico da parte della erniazione tonsillare
discendente, omettendo quindi di eseguire i necessari accertamenti clinici e strumentali,
quali una risonanza magnetica dell’encefalo ed omettendo di chiedere il coinvolgimento di
centri di alta specializzazione neurochirurgica, avevano effettuato un errato approccio
diagnostico e terapeutico,non rilevando la fatale riacutizzazione dell’idrocefalo, così
cagionando la morte del paziente, avvenuta dopo dieci giorni dal ricovero in ospedale.
3. Gli eventi sono stati così ricostruiti dai giudici di merito. Nel pomeriggio del 17 febbraio
2006 Francesco Tommassini, di 22 anni di età, giungeva al pronto soccorso dell’ospedale
di Pesaro a seguito di crisi epilettica convulsiva e di cefalea nucale persistente da qualche
giorno. I familiari rappresentavano le patologie da cui era affetto il giovane, operato di
spina bifida a pochi mesi di vita, con idrocefalo trattato con drenaggio ventricoloperitoneale, residua paralisi agli arti inferiori e vescica neurologica. Dopo un primo
intervento di pacemaker presso il reparto di cardiologia, regolarizzatosi il battito del
cuore, a causa della reiterazione delle crisi epilettiche il Tommassini veniva trasferito
presso il reparto di neurologia il 22 febbraio 2006. Il 4 marzo 2006 il paziente veniva
trasferito d’urgenza in Rianimazione, per insufficienza respiratoria acuta e, alle 20.00 del
medesimo giorno, decedeva per arresto cardio – circolatorio.
4.Riteneva la Corte territoriale, confermando la sentenza di primo grado, che non fosse
emersa la colpa degli imputati per non aver ipotizzato una compressione delle strutture
del tronco encefalico. Contrariamente a quanto asserito dai periti in sede di incidente
probatorio, il medico legale che aveva eseguito l’autopsia aveva confermato, in sede
testimoniale, che le due TAC eseguite sul paziente non evidenziavano con chiarezza i
sintomi della ipertensione endocranica, poiché il lieve rialzo pressorio all’interno dei
ventricolo poteva essere percepito solo da un professionista con esperienza specifica,
quale un neuro radiologo; né detti sintomi emergevano dall’esame delle cartelle cliniche
del paziente, che presentavano un decorso altalenante, anche con momenti

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miglioramento. Per di più, il paziente non aveva riportato i sintomi tipici e rivelatori della
ipertensione endocranica, quali il vomito e la brachicardia, anzi, al contrario, il paziente
presentava tachicardia. Doveva altresì considerarsi la circostanza che il Tommassini era
affetto da una situazione di costante idrocefalo in atto, a causa delle gravi patologie di cui
soffriva, situazione normalmente compensata; mentre, nel caso di specie, si era
verificata una riacutizzazione dell’idrocefalo, causa della compressione encefalica, il che
rendeva particolarmente complesso distinguere i sintomi di una riacutizzazione rispetto a
quelli di idrocefalo. Né poteva rimproverarsi ai sanitari di non aver eseguito una

e cd catetere di Raimondi, che avrebbe esposto il paziente a gravissimi rischi; e di non
aver disposto il trasferimento del ragazzo presso il nosocomio di Bologna, in quanto, su
parere concorde dei medici bolognesi, in assenza di sintomi e refertazioni radiologiche
indicativi di uno scompenso dell’idrocefalo, non ne era stato ritenuto necessario.
5. Propongono ricorso per Cassazione, per il tramite del difensore di fiducia, le parti civili
Tomassini Eros, Ugolini Paola e Tomassini Laura, rispettivamente genitori e sorella di
Francesco Tomassini; Elio Tomassini, Zita Morini e Lina Galli, rispettivamente nonni
paterni e nonna materna di Francesco Tomassini.
6. Con unico e articolato motivo i ricorrenti lamentano violazione dell’art. 606, comma 1,
lett.b) cod proc pen in relazione all’art. 589 cod pen nonché violazione dell’art. 606,
comma 1, lett, e), per travisamento della prova e omessa motivazione. La Corte
d’appello, confermando la sentenza di primo grado, aveva errato, valutando il compendio
probatorio acquisito agli atti, nell’escludere l’esistenza di elementi obiettivi dai quali
desumere i sintomi di ipertensione endocranica in soggetto portatore di idrocefalo. In
particolare la Corte, facendo interamente propria la motivazione del primo giudice, che
risultava in alcuni brani integralmente sovrapponibile, non aveva risposto ai motivi di
gravame, riguardanti la significatività del corredo sintonnatologico risultante dalla
documentazione sanitaria acquisita agli atti (cartelle cliniche) dalle quali emergevano, nel
decorso clinico del paziente sin dal momento del ricovero al pronto soccorso, epilessia,
forte dolore nucale, crisi comiziali, puntate ipertensive. In particolare, la concorde
valutazione dei periti del GUP, nonché dei consulenti del PM, era nel senso che la cefalea,
l’epilessia, l’instabilità cardiocircolatoria sono tutti sintomi univoci di compressione
endocranica. Ancora, i giudici di merito avevano rilevato, nella motivazione delle
pronunce, che il Tomassini avrebbe presentato un quadro clinico altalenante, e che la
trasformazione delle crisi epilettiche da tipo convulsivo a crisi di assenza evidenziava una
minore intensità delle crisi predette, quando, invece, detto giudizio non era rinvenibile in
alcun atto processuale. Anzi, proprio la modificazione delle manifestazioni epilettiche era
stata ritenuta dai periti elemento sintomatico di una sofferenza neurologica, senza che vi
fosse stato alcun miglioramento ma, al contrario, un progressivo peggioramento. Inoltre,
aveva errato la Corte d’appello nell’affermare che la tachicardia del paziente avrebbe

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risonanza magnetica, assolutamente controindicata nel paziente portatore di pacennaker

rivelato l’assenza dei sintomi tipici della compressione endoencefalica, quando invece
costituiva sintomo specifico – come dichiarato dai periti – la instabilità pressoria; né la
Corte aveva affermato una circostanza rispondente agli atti processuali quando aveva
considerato che le crisi di assenza erano dovute alla terapia con Valium, posto che il
paziente presentava dette crisi al momento dell’arrivo al pronto soccorso, allorquando il
farmaco non era stato ancora somministrato. Infine, non poteva costituire elemento
decisivo, nel giudizio di esclusione della colpa medica, il fatto che le Tac eseguite durante
il ricovero non avessero evidenziato una condizione di idrocefalo acuto, poiché -come

curanti, stante la consapevolezza della pregressa malformazione dell’encefalo del
paziente. Né la Corte d’appello di Ancona, affermando che il trasporto all’ospedale di
Bologna era stato escluso a seguito di consulto della dott.ssa Belardelli con il predetto
nosocomio in quanto il giovane Francesco non presentava refertazioni che evidenziassero
il riacutizzarsi dell’idrocefalo, aveva adeguatamente risposto ai rilievi dell’atto di appello,
secondo cui il consulto della dott.ssa Belardelli era avvenuto all’atto del ricovero e che,
secondo le dichiarazioni delle parti offese, la dottoressa non aveva riferito nulla circa
l’assenza di refertazioni indicative di uno scompenso, avendo solo appreso, nel corso
della telefonata, che il reparto di neurologia si era trasferito dall’Ospedale Sant’Orsola
all’Ospedale Bellaria. Non era vero, infine, che erano stati effettuati tre consulti
neurochirurgici, ma soltanto uno, in data 27 febbraio e, in ogni caso, la correttezza degli
esiti del consulto competeva direttamente ai medici curanti, i quali avrebbero dovuto
riconoscere che era in atto, presumibilmente, un patologico aumento della pressione
endocranica in soggetto portatore di idrocefalo.
Alla luce degli elementi sopra evidenziati, dunque, i medici avrebbero dovuto e potuto
formulare una diagnosi di ipertensione endocranica; adottando, quale comportamento
alternativo conforme, il trasferimento del paziente presso strutture di alta
specializzazione neurochirurgica.
7. Gli imputati hanno presentato memoria difensiva ex art. 611 cod proc pen, con la
quale hanno richiamato i limiti alla deducibilità del vizio di travisamento della prova in
caso di pronuncia doppia conforme; hanno rilevato la assoluta correttezza della
valutazione operata dalla Corte d’Appello in ordine alla prova scientifica acquisita; hanno
evidenziato la difficoltà, se non la impossibilità, di individuare con probabilità prossima
alla certezza l’esatta causa del decesso. Hanno quindi insistito per il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO
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A,211Z •

1. 2.t/ ricors4, f4tWr
idat,t nei limiti e sulla base delle considerazioni che seguono.

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affermato dai periti – il dato non poteva costituire elemento dirimente per i medici

2. Lamentano i ricorrenti che la Corte d’appello, facendo interamente propria la motivazione
del primo giudice, che risultava in alcuni brani integralmente sovrapponibile, non aveva
risposto ai motivi di gravame, riguardanti la significatività del corredo sintonnatologico
risultante dalla documentazione sanitaria acquisita agli atti. Va precisato come questa
Corte abbia affermato, e più volte ribadito, che è viziata da difetto di motivazione la
sentenza di appello che, in presenza di specifiche censure su uno o più punti della
decisione impugnata, motivi “per relationem”, limitandosi a richiamare la sentenza di
primo grado

(Sez. 6,

n. 17912 del 07/03/2013, Rv.255392, Adduci; Sez. 3, n. 27416

relationem è ammissibile per le parti della sentenza non impugnate o in presenza della
manifesta infondatezza o dell’aspecificità del motivo di appello ma non nella ipotesi, come
nella specie sussistente, in cui le parti civili, svolgendo precise analisi, hanno rivolto
specifiche censure verso uno o più punti della prima pronuncia, dolendosi espressamente
di un deficit motivazionale in ordine al primo verdetto. In tali casi, il Giudice di appello
non può limitarsi a richiamare gli esiti del primo giudizio, ma deve rispondere alle singole
doglianze prospettate, venendo altrimenti meno la funzione del doppio grado di
giurisdizione. Vero è che, in tema di ricorso per cassazione, quando ci si trova, come
nella specie, dinanzi ad una “doppia conforme” e cioè ad una doppia conforme decisione
(di assoluzione, nel caso di specie), le sentenze di primo e di secondo grado vanno
apprezzate nel loro complesso, onde valutarne la conformità al diritto ed alla logica, sì da
poterne saggiare la tenuta in sede di legittimità. Un siffatto principio è tuttavia valido
nella misura in cui le rispettive motivazioni si integrino perfettamente a vicenda o almeno
nella misura in cui la motivazione del primo giudice sia autosufficiente rispetto alle
censure che le sono mosse con i motivi di gravame, risolvendosi questi ultimi nella mera
riproposizione di questioni già esaurientemente valutate e decise, senza che venga
richiesto un concreto vaglio critico sulla ratio decidendi della sentenza gravata. Quando,
invece, le soluzioni adottate dal giudice di prime cure siano state oggetto di specifica
censura dell’appellante, il giudice del gravame non può limitarsi a disattenderle
richiamando la contestata motivazione in termini apodittici o meramente ripetitivi, senza
farsi carico alcuno di adeguatamente e logicamente argomentare sulla inconsistenza,
inadeguatezza o infondatezza dei motivi di impugnazione proposti, incorrendo in tal caso
nel vizio di motivazione di cui all’art.606, comma 1, lette) c.p.p. E’ stato acutamente
osservato (Sez. 4, n. 6779 del 18/12/2013, Rv 259216, Balzamo) che, in simili ipotesi,
non potrebbe invero nemmeno parlarsi di motivazione “per relationem”, trattandosi
all’evidenza della violazione dell’obbligo di motivare, previsto a pena di nullità dall’art.
125 c.p.p., comma 3, e direttamente imposto dall’art. 111 Cost., comma 6, che fonda
l’essenza della giurisdizione e della sua legittimazione sull’obbligo di “rendere ragione”
della decisione, ossia sulla natura cognitiva e non potestativa del giudizio. Nè può
ritenersi precluso al giudice di legittimità l’esame dei motivi di appello (nel caso di specie

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01/04/2014, Rv 259666). Tale orientamento fonda sul rilievo che la motivazione per

richiamati espressamente al ricorso), al fine di accertare la congruità e la completezza
dell’apparato argomentativo adottato dal giudice di secondo grado con riferimento alle
doglianze mosse alla decisione impugnata, rientrando nei compiti attribuiti dalla legge
alla Corte di Cassazione la disamina della specificità o meno delle censure formulate con
l’atto di appello quale necessario presupposto dell’ammissibilità del ricorso proposto
davanti alla stessa Corte.

3.Nel caso in esame, la sentenza impugnata non risponde ai motivi d’appello inerenti sia

giudice, ad una compressione bulbare conseguente ad un aumento della pressione
endocranica, così come sostenuto dalle parti civili) sia alla corretta valutazione dei
sintomi della riacutizzazione della patologia idrocefalica, presente nel paziente ma
normalmente compensata. Il motivo di gravame, su detti snodi argomentativi, era stato
– in ossequio ai principi sopra riportati – articolato in modo specifico, con ampie citazioni
del materiale probatorio acquisito al giudizio, asseritamente non valutato dal primo
giudice, materiale costituito dai riscontri deponenti per la certa riconducibilità del decesso
ad un aumento della pressione endocranica, emergenti dalle indicazioni offerte dai rilievi
autoptici, dalle conclusioni dei periti e dei consulenti tecnici del Pubblico Ministero, i cui
passaggi erano stati analiticamente riportati nell’atto di appello. Sempre con i motivi di
gravame, le parti civili avevano lamentato l’erroneità della sentenza impugnata in ordine
alla colposa errata valutazione della sintomatologia, emergente, secondo la
prospettazione degli appellanti, dai dati delle cartelle cliniche, anche questi
minuziosamente citati, dall’accertata natura delle crisi insorte nel corso del ricovero, di
chiara origine non cardiaca, come acclarato dai periti nominati dal GUP, dalle inequivoche
affermazioni dei periti e dei consulenti tecnici del PM rese nel corso del dibattimento,
secondo cui la sintomatologia del povero ragazzo deponeva per uno scompenso
dell’idrocefalo in atto di cui i medici curanti, specialisti in neurologia, avrebbero dovuto
avvedersi. Sempre nell’atto di gravame le parti civili avevano lamentato l’omessa
valutazione delle sommarie informazioni testimoniali rese da esse parti ( genitori del
deceduto) in ordine al consulto della dott.ssa Belardinelli con i medici dell’ospedale di
Bologna, ove il ragazzo era stato operato da piccolo.

4. La Corte territoriale, dopo aver ricostruito i fatti di cui al processo, non fornisce alcuna
motivazione in ordine al punto riguardante la causa della morte del Tommasini, mentre,
quanto all’addebito di colpa, riprende integralmente, riportandone le testuali parole, la
pronuncia di primo grado (cfr. pagg. 8-11 della sentenza d’appello e pag 29-30 della
sentenza di primo grado). Anche in ordine al motivo riguardante l’omessa valutazione del
materiale probatorio in ordine al consulto dei medici dell’Ospedale di Bologna, la

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all’accertamento della causa della morte ( non ricollegabile con certezza, secondo il primo

motivazione è del tutto sovrapponibile a quella del primo giudice (cfr. pag. 31 della
sentenza di primo grado e pagg. 12 e 13 della sentenza di appello).

5.Può dunque affermarsi che la sentenza impugnata presenta i vizi prospettati nei motivi
di ricorso. Si impone pertanto l’annullamento, agli effetti civili, della pronuncia in esame,
restando demandata alla Corte d’Appello in sede civile la valutazione – in base ai motivi
di gravame – se la causa che aveva condotto a morte il giovane Tommasini sia
ricondicibile all’aumento della pressione intracranica; se vi sia stata condotta imperita dei

positivo, se il trasferimento del paziente presso una struttura neurochirurgica di alta
specializzazione avrebbe evitato l’evento infausto.
6. Va a questo punto rammentato che nel caso di accoglimento del ricorso per
cassazione della parte civile avverso una sentenza di assoluzione, nel conseguente
giudizio di rinvio, ai fini dell’accertamento del nesso di causalità, come pure dei profili di
ascrivibilità colposa della condotta, il giudice civile è tenuto ad applicare le regole di
giudizio del diritto penale e non quelle del diritto civile, essendo in questione, ai sensi
dell’art. 185 cod. pen., il danno da reato e non mutando la natura risarcitoria della
domanda proposta, ai sensi dell’art. 74 cod. proc. pen., innanzi al giudice penale (Sez.
4, n. 27045 del 04/02/2016 – dep. 01/07/2016, P.C. in proc. Di Flaviano, Rv. 267730).
7. Il giudice del rinvio dovrà dunque accertare se, sulla base delle evidenze processuali,
ipotizzandosi come avvenuta l’azione doverosa omessa (o al contrario non compiuta la
condotta commissiva) assunta a causa dell’evento, esclusa l’interferenza di decorsi
causali alternativi, l’evento, con elevato grado di credibilità razionale prossima alla
certezza, non si sarebbe verificato, oppure sarebbe avvenuto molto dopo, o avrebbe
comunque avuto minore intensità lesiva. Com’è noto, detto giudizio non deve essere
espresso sulla base delle leggi statistiche, ma sulla base delle circostanze del fatto
concreto e dell’evidenza disponibile, così che, all’esito del ragionamento che abbia altresì
escluso l’interferenza di fattori alternativi, risulti giustificata la conclusione che la
condotta dell’imputato è stata condizione necessaria dell’evento lesivo con alto o elevato
grado di credibilità razionale o probabilità logica prossime alla certezza. dall’accusa (cfr.
per tutte S. U. n. 30328 del 10/07/2002, Franzese, Rv.22139 e S.U, n. 38343 del
24/04/2014, Espenhahn, Rv. 261103).
8. Seguono le statuizioni di cui al dispositivo.

7

neurologi nel non averla tempestivamente diagnosticata e, in caso di accertamento

PQM

Annulla la sentenza impugnata agli effetti civili e rinvia per nuovo esame al giudice civile
competente per valore in grado di appello al quale rimette il regolamento delle spese tra
le parti anche per questo giudizio.

Il Consigliere estensore

Il Presid n e

Lored na M ccichè

Vincenz

Romis
A,e11U‘r)

Roma, 12 gennaio 2017

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