Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18772 del 06/04/2018


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 18772 Anno 2018
Presidente: DIOTALLEVI GIOVANNI
Relatore: MONACO MARCO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CERA MICHELE nato il 01/03/1977 a TARANTO

avverso l’ordinanza del 12/12/2017 del TRIB. LIBERTA’ di LECCE
sentita la relazione svolta dal Consigliere MARCO MARIA MONACO;
sentite le conclusioni del PG ELISABETTA CENICCOLA per l’inammissibilità

RITENUTO IN FATTO

Il Tribunale della libertà di LECCE, con ordinanza in data 12/12/2017,
rigettava l’istanza di riesame proposta da CERA MICHELE, confermando

Data Udienza: 06/04/2018

l’ordinanza del GIP del Tribunale di LECCE, in data 27/11/2017, che aveva
applicato la misura cautelare della custodia cautelare in carcere.

1. Propone ricorso per cassazione l’imputato che, a mezzo del difensore,
deduce i seguenti motivi.
1.1. Violazione di legge quanto alla ritenuta competenza per territorio del
Tribunale di Lecce piuttosto che del Tribunale di Brindisi. La difesa rileva che il
Tribunale di Lecce avrebbe applicato erroneamente i criteri di cui agli artt. 8 e
seguenti cod. proc. pen. per determinare la competenza per territorio.

1

P-‘

1.2 Violazione di legge e sopravvenuta inefficacia della misura. Nel termine
di cui all’art. 309 comma 5 cod. proc. pen non è stato trasmesso l’interrogatorio
reso dall’indagato a seguito dell’applicazione della misura. Tale omissione
determinerebbe l’inefficacia della misura e le diverse conclusioni cui è pervenuto
il Tribunale sul punto, fondate su un argomento che

“creerebbe la reale

possibilità di omissioni nella trasmissione di atti, omissioni favorevoli ad una
parte processuale e in danno evidente dell’indagato”, sarebbero errate.
1.3 Violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla ritenuta

si fonderebbe su “i pochi fotogrammi presenti negli atti” che, d’altro canto,
invece, dimostrerebbero l’estraneità del ricorrente ai fatti. Sotto altro profilo, poi,
al Tribunale non sarebbero stati trasmessi i video da cui tali fotogrammi sono
stati estrapolati, omissione questa che, come la precedente, determinerebbe
l’inefficacia della misura.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.
I primi due motivi, carenti della specificità necessaria ex art. 581, lett. C),
c.p.p., perché meramente reiterativi, riproponendo censure già esaurientemente
esaminate e disattese dal Tribunale, con argomentazioni articolate e corrette che
il ricorrente non considera, sono manifestamente infondati.
Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi per il terzo motivo, formulato in
modo assertivo e generico.
1.1. Come già correttamente osservato dalla Tribunale di Lecce (pag. 2
dell’ordinanza impugnata), “nell’ipotesi di reati connessi, per la determinazione
della competenza per territorio, qualora non sia possibile individuare il luogo di
consumazione del reato più grave, non è consentito far ricorso alle regole
suppletive stabilite nell’art. 9 cod. proc. pen. – che, sia per la collocazione, sia

sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza. La valutazione della gravità indiziaria

per il contenuto letterale, si riferisce a procedimenti con reato singolo – ma si
deve avere riguardo al luogo di consumazione del reato che, in via decrescente,
si presenta come il più grave fra quelli residui (Sez. I, n. 40825 del 27/10/2010,
Rv. 248467)” (così da ultimo Sez. 2, n. 3850 del 21/10/2016, dep. 2017, Rv.
269246).
Il ricorrente non contesta la sussistenza della ritenuta connessione tra i
reati oggetto del procedimento, e ciò esonera da ulteriori rilievi.
1.2 II motivo relativo alla mancata trasmissione dell’interrogatorio c.d. di
garanzia, che non si confronta con l’articolata motivazione del provvedimento
impugnato, è generico.
2

A-

Il Tribunale di Lecce con motivazione attenta e puntuale, anche per i
riferimenti alla giurisprudenza di legittimità sul punto, ha evidenziato che le
Sezioni unite di questa Corte Suprema (Se. Un., n. 25 del 26/09/2000, dep.
2001, Rv. 217443) hanno da tempo chiarito che tra gli elementi sopravvenuti a
favore della persona sottoposta alle indagini non rientra necessariamente il
verbale dell’interrogatorio di garanzia, che, pertanto, va trasmesso al Tribunale
del riesame, a norma dell’art. 309 cod. proc. pen., comma 5, ultima parte, solo
se in concreto effettivamente li contenga.

Tribunale del riesame, a pena d’inefficacia dell’ordinanza, degli atti posti a
fondamento della richiesta e di quelli sopravvenuti e favorevoli alla persona
sottoposta alle indagini, non riguarda quegli atti (come l’interrogatorio di
garanzia), che sono nella disponibilità diretta della difesa che, quindi, può porli a
conoscenza del Tribunale (Sez. 2, n. 25985 del 03/05/2007, Rv. 237157). Tale
interrogatorio, infatti, non rientra – proprio in considerazione del momento in cui
è assunto – ex art. 309 cod. proc. pen., comma 5, tra gli “atti presentati a norma
dell’art. 291”, ne’ rientra tra “gli elementi sopravvenuti a favore della persona
sottoposta alle indagini”,

previsione questa che riguarda gli atti compiuti

successivamente e d’iniziativa del pubblico ministero nell’ambito della sua
attività investigativa (atti proprio per questo normalmente non conoscibili dalla
difesa) e non anche gli atti costituenti mezzo di difesa svolti (come appunto
l’interrogatorio) alla presenza del difensore.
Questi ultimi pertanto esulano dall’ambito applicativo della citata
disposizione di cui all’art. 309, comma 5, perché possono sempre essere prodotti
dall’interessato davanti al Tribunale del riesame ex art. 309 cod. proc. pen.,
comma 9. Lo stesso indagato, poi, può reiterare la sua linea difensiva
presenziando all’udienza di riesame e chiedendo di essere sentito (ex art. 309
c.p.p., comma 8, e art. 127 cod. proc. pen., comma 3).
Ne consegue che la mancata trasmissione del verbale de quo non
comporta la perdita di efficacia della misura ex art. 309 cod. proc. pen., comma
10 (cfr. Sez. 2, n. 12532 del 04/123/2013, dep. 2014).
Resta infine da evidenziare che la doglianza è generica anche sotto un
ulteriore profilo. La difesa non ha indicato il contenuto dell’interrogatorio né ha
evidenziato in sede di ricorso, né risulta che lo abbia fatto avanti al Tribunale
della libertà, quali sarebbero gli elementi favorevoli all’imputato emersi
dall’interrogatorio e quale sarebbe stata la decisiva incidenza degli stessi sulla
decisione del Tribunale.
1.3 Nel terzo ed ultimo motivo, sempre formulato in modo assertivo e
generico, la difesa critica, dapprima, la valutazione cui è pervenuto il Tribunale in
3

Come appunto indicato dal Tribunale di Lecce, l’obbligo di trasmissione al

relazione ai gravi indizi di colpevolezza e, successivamente, l’inefficacia della
misura determinata dall’omessa trasmissione (invero della radicale assenza nel
fascicolo del pubblico ministero) delle riprese video dalle quali sarebbero stati
estrapolati i fotogrammi posti a fondamento della valutazione del quadro
indiziario.
Entrambe le doglianze sono inammissibili.
La questione relativa alla presunta violazione dell’art. 309 comma 5 cod.
proc. pen., che non risulta essere stata dedotta in sede di riesame, è comunque

Il pubblico ministero, ai sensi dell’art. 291 comma 1 cod. proc. pen. non è
tenuto a presentare al giudice competente tutti gli elementi contenuti nel
fascicolo delle indagini preliminari.
Con la richiesta di applicazione della misura, infatti, l’organo dell’accusa è
tenuto, in base anche a scelte strategiche di natura investigativa, a presentare:
-“gli elementi su cui la richiesta si fonda”, cioè quelli che a suo giudizio
consentono di valutare positivamente la gravità indiziaria e la sussistenza delle
esigenze, in relazione a tali atti il pubblico ministero può operare, a suo rischio e
pericolo, una selezione per esigenze investigative;
-“tutti gli elementi a favore dell’imputato e le eventuali deduzioni e
memorie difensive già depositate in atti”,

cioè tutte le eventuali acquisizioni,

risultanze investigative, atti di parte, dai quali possa emergere una diversa e
contrastante ricostruzione, in relazione a tali atti (di cui la difesa potrebbe non
avere alcuna conoscenza) non è ammessa alcuna selezione.
Sulla base del dettato normativo, che appare sul punto inequivoco, la
decisione del pubblico ministero di presentare e depositare i soli fotogrammi
estrapolati e non l’intera sequenza delle videoriprese non è censurabile e non vi
è alcuna violazione nella mancata trasmissione degli stessi al Tribunale del
riesame, presso la cui cancelleria, infatti, ai sensi dell’art. 309 comma 5 cod.
proc. pen., devono essere trasmessi esclusivamente “gli atti presentati a norma
dell’articolo 291, comma 1, nonché tutti gli elementi sopravvenuti a favore della
persona sottoposta alle indagini”.
In tema di riesame di misure cautelari personali, quindi, l’inefficacia della
ordinanza cautelare per mancato invio al tribunale degli atti trasmessi al Giudice
per le indagini preliminari al momento della richiesta non si verifica se non
risulta che l’atto, che si asserisce non essere stato inviato, fosse stato trasmesso
unitamente alla richiesta della misura al giudice per le indagini preliminari (cfr.
Sez. 1, n. 4567 del 22/01/2009, Rv. 242818). In altri termini, la giurisprudenza
consolidata di questa Corte, anche a sezioni unite (v. per tutte Sez. Un., n. 21
del 20/11/1996, Rv 206954), è nel senso che la perdita di efficacia della misura
4

manifestamente infondata.

custodiale consegue solo al caso di mancato invio al tribunale di tutti gli atti a
suo tempo trasmessi al giudice per le indagini preliminari in sede di richiesta
della misura. La medesima sanzione non opera allorché quest’ultimo giudice
aveva ricevuto gli atti in maniera parziale, sia perché dal combinato disposto
dell’art. 309 c.p.p., commi 4 e 10 risulta che egli è tenuto ad esaminare gli atti
ricevuti (e non altri eventualmente in possesso del pubblico ministero), sia
perché non gli si può fare carico di un adempimento che non dipende da lui (in
questi termini Sez. 4, n. 18807 del 23/03/2017, Rv. 269885 che in specifico,

della misura, ha evidenziato:

“Né il P.M. ha l’obbligo di trasmettere i supporti

informatici contenenti le video riprese utilizzate ai fini dell’applicazione della
misura, quando gli esiti delle stesse siano contenuti nell’annotazione di Polizia
giudiziaria, come avvenuto nella specie (cfr. Sez. 1, n. 34651 del 27/05/2013,
Rv. 257440; Sez. 1, n. 33819 del 20/06/2014 Cc. -dep. 30/07/2014- Rv.
261092). Del resto non risulta neppure che la difesa abbia tempestivamente
proposto, rispetto alle cadenze temporali indicate dalle norme processuali, la
richiesta al P.M. di accedere alle registrazioni (cfr. Sez. Un., n. 20300 del
22/04/2010 Cc. -dep. 27/05/2010- Rv. 246908)”.
Le critiche circa la “validità indiziaria” sono generiche, aspecifiche e
pertanto manifestamente infondate.
La difesa, infatti, non si è in alcun modo confrontata con la motivazione,
puntuale, articolata, attenta ed approfondita del provvedimento impugnato.
Il Tribunale ha ricostruito l’intera vicenda analizzando ogni elemento in
atti ed è pervenuto a conclusioni coerenti e convincenti.
Per le suddette ragioni il ricorso è inammissibile e il ricorrente deve essere
condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di duemila alla
Cassa delle ammende, così equitativamente determinata la sanzione
amministrativa prevista dall’art. 616 cod. proc. pen., ravvisandosi nella condotta
processuale del ricorrente gli estremi della responsabilità ivi descritta.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro duemila alla cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 ter,
disp. att. c.p.p.
Così deciso il /04/2018
Il Consiglie
MARCO

ONACO

quanto alle videoriprese, che pure in quel caso erano state poste a fondamento

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