Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1877 del 24/10/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 4 Num. 1877 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: IZZO FAUSTO

SENTENZA
sul ricorso proposto dalla parte civile :
MORSTABILINI Francesco, n. a Sant’Oreste il 25\3\1954
nei confronti dell’imputato :
MADASCHI Giuseppe Pietro, n. a Carobbio degli Angeli il
23\3\1956

avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna
del 19\4\2012 (n. 564\2012);
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Fausto Izzo ;
udite le conclusioni del Procuratore Generale dr. Francesco
Aldo Poi/castro, che ha chiesto l’annullamento con rinvio della
sentenza, limitatamente agli effetti civili;
udite le conclusioni dell’Avv. Gianfranco Brancato, per la parte
civile, che ha chiesto raccoglimento del ricorso;
udite le conclusioni dell’Avv. Fulvia Trincia, per l’imputato,
che ha chiesto il rigetto del ricorso;

Data Udienza: 24/10/2013

RITENUTO in FATTO

2. Con sentenza del 19\4\2012 la Corte di Appello di Bologna, riformando la sentenza
di primo grado, assolveva l’imputato perché il fatto non costituisce reato. Osservava la
Corte :
– all’infortunio non aveva assistito alcun testimone;
– neanche la parte lesa aveva reso dichiarazioni, in ragione del fatto che, in
conseguenza del trauma, aveva patito un deficit cognitivo e non aveva memoria
dell’incidente;
– la ricostruzione dell’infortunio era frutto di accertamenti di P.G. che aveva presunto
che al momento di cadere il Morstabilini fosse salito sopra il carico;
– non poteva però essere escluso che, per fermare il carico, la parte lesa fosse salita
sulle sponde dell’autocarro, ad un’altezza quindi di mt. 1,95, inferiore ai due metri che
imponevano il rispetto delle norme sui lavori in “quota”;
– inoltre, la presenza di neve poteva avere agevolato la occasionalità dell’incidente.
Sulla base di tali valutazioni la Corte di merito pronunciava l’assoluzione dell’imputato.
3. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore della parte
civile, lamentando la erronea applicazione della legge ed il vizio di motivazione in
relazione alla assoluzione determinata dalla assenza di prove certe della dinamica
dell’incidente. Il sinistro poteva essere ricostruito in modo attendibile sulla base della
informativa dell’Unità Operativa di prevenzione e Sicurezza della Regione Emilia
Romagna del 7\4\2010. Dall’atto ispettivo emergeva che al momento del fatto
l’autocarro presentava la sponda del lato sinistro ancora aperta, a dimostrazione che
l’incidente era accaduto al momento delle operazioni di ancoraggio. Successivamente
al fatto il datore di lavoro aveva fornito agli autisti una forcella che consentiva di
apporre in lato sul carico gli angolari, senza dover salire sul pianale o sul carico. Ciò
dimostrava la consapevolezza da parte del Madaschi del mancato rispetto delle regole
di sicurezza che avrebbero evitato l’evento.
4. Con memoria depositata il 21\10\2013 il difensore dell’imputato eccepiva la
inammissibilità del ricorso della parte civile, per non aver il ricorrente fatto riferimento
nell’impugnazione agli interessi civili da perseguire; nonché per essere già stato
indennizzato dei danni da parte dell’INAIL e con il pagamento della provvisionale.
Quanto alle censure relative alla sentenza di assoluzione, richiamava gli argomenti
spesi dalla sentenza di appello, evidenziandone la coerenza e logicità.
CONSIDERATO in DIRITTO
5. Il ricorso deve essere accolto.
5.1. La formulata eccezione di inammissibilità del ricorso è priva di fondamento.
Va rammentato che le Sezioni Unite di questa Corte, con recente arresto, hanno
stabilito che “L’impugnazione della parte civile avverso la sentenza di proscioglimento
che non abbia accolto le sue conclusioni, è ammissibile anche quando non contenga
l’espressa indicazione che l’atto è proposto ai soli effetti civili” (cass. sez. u, Sentenza n.

2

1. Con sentenza del 14\6\2011 il Tribunale di Piacenza, in sede di giudizio abbreviato,
condannava Madaschi Giuseppe alla pena di legge per il delitto di lesioni colpose gravi
in danno del lavoratore Morstabilini Francesco. Veniva inoltre condannato al
risarcimento del danno in favore della parte civile da liquidare in separato giudizio.
All’imputato era stato addebitato che, in qualità di amministratore della soc.
Autotrasporti Madaschi s.r.I., aveva consentito che il predetto lavoratore, conducente
di un autocarro, in fase di carico del mezzo, lavorasse ad una notevole altezza (in
quota), per mettere in sicurezza il carico da trasportare, senza dotarlo di strumenti e
dispositivi idonei ad evitare la caduta (acc. i Lugagnano Val D’Arda il 22\12\2009).

riforma della sentenza di assoluzione, senza alcun esplicito riferimento agli affetti civili
da perseguire, è in grado di radicare una valida impugnazione.
Quanto poi alla circostanza che la parte lesa ha già ricevuto l’indennizzo da parte
dell’INAIL, essa è irrilevante, ben potendo il danneggiato voler dimostrare l’esistenza
di ulteriori danni che la sentenza di assoluzione gli inibisce di percepire.
Né rileva il pagamento della provvisionale, ciò non solo perché essa costituisce un
mero anticipo del risarcimento, ma anche perché l’assoluzione costituisce titolo per
una richiesta di ripetizione di quanto versato da parte dell’imputato.
Infine, la circostanza che la formula di assoluzione “perché il fatto non costituisce
reato” non inibisca l’azione risarcitoria in sede civile, non vieta alla parte civile, che ha
optato di coltivare l’azione in sede penale, di continuare il giudizio in tale sede.
5.2. Fondato è invece il ricorso proposto avverso la pronuncia di assoluzione.
Va premesso che le Sezioni Unite di questa Corte hanno stabilito il principio che “In
tema di motivazione della sentenza, il giudice di appello che riformi totalmente la
decisione di primo grado ha l’obbligo di delineare le linee portanti del proprio,
alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i più rilevanti
argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della
relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del provvedimento
impugnato” (Cass. Sez. U, Sentenza n. 33748 del 12/07/2005 Ud. (dep. 20/09/2005), Rv.
231679).

Nel caso di specie la sentenza di appello è venuta meno al rispetto di tali principi, non
solo in punto di motivazione, ma anche in punto di corretta applicazione della legge
penale.
5.3. Il tribunale, nel ricostruire le modalità dell’infortunio, ha dedotto da una pluralità
di convergenti indizi, che l’incidente era occorso durante il completamento delle
operazioni di carico del rimorchio ed, in particolare, mentre il Morstabilini, da solo, era
intento ad ancorare il carico di laterizi che era posizionato ad un’altezza da terra di
circa mt. 3,45, ben oltre il livello delle sponde del mezzo. Il giudice di primo grado ha
tratto tale convinzione da una pluralità di accertate circostanze di fatto :
– la gravità della lesione cranica patita, compatibile con una caduta dall’alto (“trauma
cranico, emorragia subaracnoidea, focolai contusivi, frattura teca cranica destra…”);
– la deposizione di tale Faimali, dipendente dell’azienda di laterizi che aveva
provveduto a caricare il rimorchio ed a cui il Morstabilini, mentre si allontanava, aveva
riferito che avrebbe provveduto ad ancorare il carico;
– la circostanza che effettivamente da un lato detto carico era stato ancorato, ma non
dall’altro;
– il rimorchio, al momento dell’interventò dei soccorritori, era stato trovato con una
delle sponde abbassate, operazione questa, giustificabile ritenendo essere stato il
varco attraverso cui la vittima era salita sul carico.
A fronte di tale logiche considerazioni il giudice di appello, nel motivare l’assoluzione,
si è trincerato dietro una impossibilità di ricostruire con certezza le modalità
dell’incidente, in considerazione dell’assenza di testi oculari e della perdita di memoria
della vittima, senza però disarticolare in modo convincente il ragionamento probatorio
del primo giudice.
In ogni caso ha osservato la Corte di merito che anche a voler ammettere la caduta,
essa poteva essere avvenuta o da un’altezza di mt. 1,35 (altezza del pianale del
rimorchio) od anche da un’altezza di mt. 1,95 (in caso di piedi posizionati sulla sponda
del rimorchio) e, quindi, non necessariamente da un’altezza di mt. 3,45 e cioè dalla
sommità del carico.

3

6509 del 20/12/2012 Ud. (dep. 08/02/2013), Rv. 254130). Pertanto, anche la sola richiesta di

5.4. Tale ragionamento palesa l’erronea applicazione della legge a cui si è fatto prima
cenno. Invero nel capo di imputazione al Madaschi non vengono formulati addebiti
limitati alla colpa specifica, ma gli viene contestata anche la colpa generica
(imprudenza, negligenza, imperizia), per avere consentito che il dipendàe svolgesse
un’attività comportate dei rischi di caduta, senza aver ricevuto istruzioni sulle modalità
di lavoro; senza aver ricevuto strumenti per svolgere in sicurezza l’operazione di
ancoraggio del carico (scale od altro); senza neanche avere valutato, nell’apposito
documento, il rischio di caduta.
La sentenza di appello, nel pronunciare l’assoluzione, non ha considerato la possibilità
che la responsabilità dell’imputato fosse ancorabile a generali regole di diligenza,
prudenza e perizia, indipendentemente dalla violazione di specifiche norme cautelari.
Si impone per quanto detto l’annullamento della sentenza impugnata, agli effetti civili,
con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello, che procederà ad
una nuova valutazione delle risultanze processuali sulla base dei rilievi sopra formulati
e nel rispetto dei principi di diritto sopra enunciati.
P.Q.M.
La Corte annulla la sentenza impugnata ai fini civili con rinvio al giudice civile
competente per valore in grado di appello cui rimette anche il regolamento delle spese
tra le parti del presente giudizio.
Così deciso in Roma il 24 ottobre 2013
Il Consisliere estensore

Il Presidente

Pertanto, poiché l’art. 107 del d.lgs. 81 del 2008 stabilisce che “…. si intende per
lavoro in quota: attività lavorativa che espone il lavoratore al rischio di caduta da una
quota posta ad altezza superiore a 2 mt. rispetto ad un piano stabile”, non vi era
alcuna certezza della violazione delle norme di prevenzione da parte del datore di
lavoro.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA