Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18768 del 12/03/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 18768 Anno 2013
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: PRESTIPINO ANTONIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
Murina Carmelo Consolato
n. il 9.5.1975
avverso l’ORDINANZA del tribunale della Libertà di Reggio Calabria
del 15.10.2012
.Udita la relazione fatta dal consigliere
Antonio Prestipino
Sentito il Procuratore Generale in persona del dr. Aldo Policastro che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.

Data Udienza: 12/03/2013

Ritenuto in fatto
Con l’ordinanza in epigrafe il giudice del riesame ha rigettato l’appello proposto da Murino
Carmelo Consolato contro il provvedimento del tribunale di Reggio Calabria del 19.7.2012, che
aveva a sua volta respinto l’istanza di revoca della misura cautelare della custodia in carcere
applicata nei suoi confronti per il reato di associazione mafiosa.
Con l’interposto ricorso la difesa eccepisce il vizio di violazione della legge processuale e il difetto
di motivazione dell’ordinanza in punto di valutazione della gravità indiziaria, ricordando il
significativo elemento di novità sottoposto con l’appello al giudizio del Tribunale della Libertà,
consistente nel nuovo orientamento giurisprudenziale secondo il quale a fronte di accuse di
partecipazione ad un sodalizio mafioso assolutamente generiche, sarebbe necessario individuare
l’apporto concretamente offerto dall’incolpato all’organizzazione criminale.
L’impugnazione non avrebbe quindi posto un problema di nuovo apprezzamento probatorio degli
stessi elementi assunti nell’ordinanza cautelare a sostegno del giudizio di gravità indiziaria, essendo
piuttosto i rilievi difensivi intesi a sottolineare la “nuova concezione dinamica e funzionale del
concetto di partecipazione” e la corrispondente inadeguatezza delle fonti dichiarative a carico del
ricorrente a sostenere nei termini realmente adeguati il giudizio di intraneità del ricorrente al
sodalizio mafioso. Le argomentazioni difensive sostenute dal riferimento alle sentenze di questa
Corte nr. 7951 e 7952 del 2.2.2012.
Considerato in diritto
Il ricorso è generico e manifestamente infondato.
Le argomentazioni difensive sugli indirizzi giurisprudenziali “innovativi” che avrebbero
determinato una revisione dei criteri di apprezzamento della gravità indiziaria in ordine al reato di
partecipazione ad associazione mafiosa, travestono appena il tentativo di rivisitazione del quadro
probatorio già cristallizzato nelle precedenti valutazioni del quadro cautelare, in assenza di
qualunque reale e concreto elemento di novità, e ciò, senza dire della poco perspicua sottolineatura
dello stesso, presunto novum giurisprudenziale, non essendo affatto riscontrabile la precedente
codificazione di canoni interpretativi legittimanti valutazioni disinvolte e superficiali sulla base di
indicazioni di prova assolutamente generiche.
In ogni caso, il principio di diritto secondo cui la convergenza di plurime dichiarazioni, ancorché
attendibili, che si limitino ad affermare la conosciuta appartenenza ad un sodalizio criminoso
configura meri indizi di colpevolezza non idonei a supportare una misura privativa della libertà
personale , posto che la convergenza di plurime dichiarazioni attestanti la conosciuta appartenenza
al sodalizio criminoso integra la gravità indiziaria solo quando almeno una di tali attendibili
dichiarazioni indichi specifici fatti-comportamenti evocativi di apporto al perseguimento degli
interessi del gruppo malavitoso, è stato affermato con arresti di legittimità anche anteriori a quelli
indicati in ricorso (cfr., tra le altre Cass. Sez. 6, 25.10.2011, n. 40520, Falcgrie) che non
costituiscono quindi, propriamente, un elemento di novità nemmeno sotto il profilo “storico”, come
in qualche misura la stessa difesa finisce per ammettere quando ricollega piuttosto la novità al
“consolidamento” dell’indirizzo più “garantista” ma in termini a questo punto decisamente più
evanescenti.
Ma è vero anche che il giudicato cautelare già formatosi sulla gravità indiziaria, al quale
opportunamente si riferisce il giudice del riesame, non solo nella specie non è in nessun modo
“indebolito” dagli arresti di legittimità invocati dal ricorrente, che andrebbero peraltro parametrati
alla fattispecie concreta (mentre la difesa non va oltre la soltanto assertiva affermazione
dell’assoluta genericità delle propalazioni accusatorie a carico del Murina, senza rievocarne in
qualunque modo il contenuto), ma è piuttosto rafforzato dal rinvio a giudizio del ricorrente, come
non manca ancora di sottolineare il tribunale.
Alla stregua delle precedenti considerazioni il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con la
conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della
somma di euro 1000,00 alla cassa delle ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello

stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità; la cancelleria dovrà
provvedere agli adempimenti di cui all’art. 94 disp. Att. C.p.p.;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al
versamento della somma di euro 1000,00 alla cassa delle ammende. Si provveda a norma dell’art.
94 disp. Att. c.p.p.
Così deciso in Roma, il 12.3. 2013.

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