Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18761 del 09/02/2018


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 18761 Anno 2018
Presidente: DIOTALLEVI GIOVANNI
Relatore: DI PAOLA SERGIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BONE Radoin nato il 10/6/1987 in MAROCCO

avverso l’ordinanza del 25/9/2017 della Corte d’Appello di Milano
sentita la relazione svolta dal Consigliere Sergio Di Paola;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale Dr.ssa Marilia di Nardo
che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO

1. Con ricorso del 24.10.2017 la difesa di BONE RADOIN ha impugnato
l’ordinanza della Corte d’Appello di Milano del 25 settembre 2017, con cui era
stata rigettata l’istanza di restituzione nel termine per proporre l’impugnazione
avverso la sentenza del Tribunale di Milano del 9.3.2016.
2.

Ha dedotto il ricorrente la violazione di legge, in riferimento

all’applicazione dell’art. 175 cod. proc. pen., nonché il vizio di motivazione del
provvedimento, nella parte in cui aveva fissato il momento in cui il Bone veniva a
conoscenza dell’esistenza della sentenza del Tribunale di Milano nella data
dell’avvenuta notifica (11/3/2017) al Bone del provvedimento di esecuzione di
pene concorrenti, dal quale risultava che la sentenza su indicata era passata in
giudicato, mentre l’effettiva conoscenza era intervenuta in un momento
successivo, quando la difesa di fiducia era venuta in possesso della copia della
sentenza, inviata dal difensore di ufficio.

Data Udienza: 09/02/2018

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato; dall’esame degli atti (consentito in
questa sede per valutare l’esistenza della lamentata violazione delle regole
processuali, presidiate dalla decadenza della parte dal diritto di essere restituita
nel termine per proporre l’impugnazione) risulta che: 1) l’odierno ricorrente è
stato condannato dal Tribunale di Milano con sentenza del 9 marzo 2016, in
relazione ad un procedimento nel quale l’imputato era assistito da un difensore

sentenza di condanna a suo carico in occasione della notifica del provvedimento
di esecuzione di pene concorrenti avvenuta 1’11 marzo 2017; 3) la difesa di
fiducia del Bone entrava in possesso di copia della sentenza del Tribunale di
Milano soltanto ,f11. maggio 2017, quando veniva inviata la copia della sentenza
dal difensore di ufficio; 4) l’istanza di restituzione nel termine per proporre
l’impugnazione veniva depositata il 10 maggio 2017.
2.

Il principio che va applicato è quello più volte ribadito dalla

giurisprudenza di legittimità, a tenore del quale «In tema di restituzione nel
termine per impugnare una sentenza contumaciale, la effettiva conoscenza del
provvedimento presuppone la sicura consapevolezza della sua esistenza e la
precisa cognizione dei suoi estremi (autorità, data, oggetto), collegata o alla
comunicazione di un atto formale o allo svolgimento di un’attività procedimentale
che consenta di individuare senza equivoci il momento in cui detta conoscenza si
é verificata e di far così decorrere, da quest’ultimo, il termine di trenta giorni per
la proposizione dell’istanza di restituzione» (Sez. 6, n. 26834 del 24/03/2015,
Kobernyk, Rv. 263992), con la precisazione che la «necessità di certezza
nell’individuazione del dies a quo

che verrebbe frustrata ove si dovesse avere

riguardo al momento in cui l’interessato, secondo scansioni cronologiche
modulate su esigenze proprie, abbia deciso di prendere cognizione del
provvedimento emesso a suo carico – deriva direttamente dalla natura
eccezionale dell’istituto, strettamente collegato alla decorrenza dei termini per
impugnare e dunque necessariamente soggetto alla stessa logica, la quale
pretende la individuazione certa di un momento di conoscenza dell’esistenza
dell’atto, a prescindere dalla cognizione completa del suo contenuto e dei suoi
eventuali vizi, nonché la concessione di un termine perentorio per effettuare le
relative verifiche e proporre le opportune doglianze» (così nella motivazione Sez.
2, n. 5443 del 22/01/2010, Sadraoui, Rv. 246436).
3.

Nella fattispecie in esame, risulta dal contenuto della notifica del

provvedimento di esecuzione di pene concorrenti emesso dalla Procura della
Repubblica presso il Tribunale di Milano che i dati rilevabili da quel

2

di ufficio; 2) il ricorrente era, quindi, venuto a conoscenza dell’esistenza di una

provvedimento erano relativi all’autorità che aveva emesso la sentenza, alla data
in cui era stata pronunciata la sentenza, alla data dell’irrevocabilità della
sentenza, ai titoli di reato per cui era stata pronunciata la condanna. Pertanto,
già in quel momento la parte aveva conoscenza dei dati essenziali per procedere
alle verifiche e alle successive valutazioni in ordine alle eventuali impugnazioni
da proporre.
4. All’ inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i

ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che si
ritiene equa, di euro duemila a favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro duemila in favore della Cassa delle
ammende.

f

Così deciso il 9/2/2018

Il Consiglier
Sergio

tensore

aola

profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal

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