Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18755 del 16/04/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 18755 Anno 2015
Presidente: ROTUNDO VINCENZO
Relatore: DE AMICIS GAETANO

Data Udienza: 16/04/2015

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
SABATO VITO N. IL 31/01/1958
nei confronti di:
SCAGNELLI GIORGIO N. IL 27/06/1947
avverso la sentenza n. 148/2014 GIP TRIBUNALE di MILANO, del
30/09/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GAETANO DE AMICIS;
.4:atte/sentite le conclusioni del PG Dott. 7 5,4-19 A.,,z2 e
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UdibiedifensorzAvv <15 ,'Ué 6 ftre,174-0 Aro 0-lei kS `77f Afi go /K?"-A i 4c-L RITENUTO IN FATTO 1. Il difensore di Sabato Vito ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 425 c.p.p. dal G.i.p. presso il Tribunale di Milano in data 30 settembre 2014, che ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di Giorgio Scagnelli per essere il reato di calunnia in rubrica ascrittogli scriminato dalla causa di giustificazione dell'esercizio del diritto di difesa giudiziaria di cui Deduce il ricorrente la violazione degli artt. 51 c.p. e 425 c.p.p., in relazione all'art. 606, comma 1, lett. b), c.p.p., in ragione dell'erronea applicazione della causa di giustificazione dell'esercizio del diritto di difesa, per essere stato accusato dall'imputato - nell'atto di appello avverso la sentenza del Tribunale penale di Pavia n. 234 dell'8 aprile 2011 - di avere commesso un reato nella sua qualità di funzionario tecnico presso il settore di Polizia locale del Comune di Pavia, e in particolare di aver falsificato, alterato, manomesso ovvero manipolato dei registri di contabilità introducendosi negli uffici nottetempo, e di avere reso falsa testimonianza in sede dibattimentale, circostanze, queste, illogicamente considerate dal G.i.p. come una semplice negazione della verità sfavorevole all'imputato. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è fondato e va accolto per le ragioni di seguito esposte e precisate. 2. Secondo un pacifico insegnamento giurisprudenziale di questa Suprema Corte (Sez. 6, n. 1333 del 16/01/1998, dep. 04/02/1998, Rv. 210648; Sez. 2, n. 2740 del 14/10/2009, dep. 21/01/2010, Rv. 246042), in tema di rapporto tra diritto di difesa e accuse calunniose, nel corso del procedimento instaurato a suo carico l'imputato può negare, anche mentendo, la verità delle dichiarazioni a lui sfavorevoli ed in tal caso l'accusa di calunnia, implicita in tale condotta, integra un'ipotesi di legittimo esercizio del diritto di difesa e si sottrae perciò alla sfera di punibilità in applicazione della causa di giustificazione prevista dall'art. 51 cod. pen. . Quando però l'imputato, travalicando il rigoroso rapporto funzionale tra tale sua condotta e la confutazione dell'imputazione, non si limiti a ribadire la insussistenza delle accuse a suo carico, ma assuma ulteriori iniziative dirette a coinvolgere l'accusatore - di cui pure si conosce l'innocenza - nella incolpazione 1 all'art. 51 c.p. specifica, circostanziata e determinata di un fatto concreto, sicché da ciò derivi la possibilità dell'inizio di una indagine penale da parte dell'autorità, si è al di fuori del mero esercizio del diritto di difesa e si realizzano, a carico dell'agente, tutti gli elementi costitutivi del delitto di calunnia. Ne discende che integra il delitto di calunnia, senza che possa invocarsi la scriminante dell'esercizio del diritto di difesa, l'imputato che, negata la sussistenza del fatto addebitatogli, accusi terzi di fatti criminosi, in modo da (Sez. 2, n. 28620 del 01/07/2009, dep. 13/07/2009, Rv. 244730). Nel caso in esame, avuto riguardo a tale consolidato quadro di principii, deve rilevarsi come l'impugnata decisione abbia apoditticamente escluso il fatto che l'imputato abbia travalicato il rigoroso rapporto funzionale tra la sua condotta e la confutazione dell'imputazione, limitandosi ad affermare, senza tuttavia esplicitare le ragioni giustificative dell'assunto, che l'imputato si sarebbe difeso confutando, nella redazione dell'atto di appello, le motivazioni della sentenza penale del Tribunale di Pavia, che lo aveva condannato sulla base dei rilievi posti in essere dal funzionario tecnico presso il settore di Polizia locale di quel Comune. Non è chiaro, sulla base del tenore letterale della formulazione del tema d'accusa - che, di contro, fa riferimento al fatto di aver accusato il funzionario tecnico presso il settore di Polizia locale del Comune di Pavia di aver falsificato, manomesso ovvero manipolato dei registri di contabilità e di aver reso falsa testimonianza in sede dibattimentale - quale sia stato il percorso logicoargomentativo compiuto dal G.u.p. per giungere al su indicato epilogo decisorio. Sul punto, inoltre, deve rammentarsi che, ai fini della pronuncia della sentenza di non luogo a procedere, il G.u.p., in presenza di fonti di prova che si prestino ad una alternatività di soluzioni valutative, deve limitarsi a verificare se tale situazione possa essere superata attraverso le verifiche e gli approfondimenti propri della fase del dibattimento, senza operare valutazioni di tipo sostanziale che spettano, nella predetta fase, al giudice naturale (Sez. 6, n. 6765 del 24/01/2014, dep. 12/02/2014, Rv. 258806; Sez. 5, n. 41162 del 19/06/2014, dep. 03/10/2014, Rv. 262109). 3. Sulla base delle su esposte considerazioni, conclusivamente, l'impugnata sentenza deve essere annullata con rinvio per nuova deliberazione al Tribunale di Milano (v., al riguardo, Sez. Un., n. 25695 del 29/05/2008, dep. 24/06/2008, Rv. 239701), che nella piena libertà delle valutazioni di merito di sua 2 determinare la possibilità che inizi nei loro confronti un procedimento penale competenza dovrà porre rimedio alle rilevate carenze motivazionali, uniformandosi al quadro dei principi di diritto in questa Sede stabiliti. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Milano per nuova Così deciso in Roma, lì, 16 aprile 2015 Il Consigliere estensore Il Presidente deliberazione.

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