Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18750 del 13/12/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 18750 Anno 2017
Presidente: DAVIGO PIERCAMILLO
Relatore: CERVADORO MIRELLA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI LENA ANTONIO N. IL 08/03/1987
avverso l’ordinanza n. 322/2016 TRIB. LIBERTA’ di LECCE, del
31/05/2016
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MIRELLA
CERVADORO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott

Uditi difensor

Data Udienza: 13/12/2016

Udita la requisitoria del sostituto procuratore generale, nella persona del
dr.Roberto Aniello, il quale ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato
inammissibile
Udito il difensore avv.Laura Beltrami che ha concluso per l’accoglimento del

Ritenuto in fatto e considerato in diritto

1.Con ordinanza del 31.5.2016, il Tribunale di Lecce, Sezione del Riesame,
confermava l’ordinanza del Gip presso il Tribunale di Brindisi del 9.5.2016 con la
quale era stata disposta la misura della custodia cautelare in carcere nei
confronti di Di Lena Antonio per i delitti di rapina aggravata, porto di armi,
ricettazione delle medesime nonché di una vettura provento di furto ed utilizzata
per commettere la rapina.
2.Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato deducendo: 1) l’erronea
applicazione della legge penale e di norme processuali in relazione agli artt. 110,
628 commi 1 e 3 n.1 c.p., 192, 273 c.p.p. e mancanza, illogicità e
contraddittorietà della motivazione ai sensi dell’art.606, co.1, lett.b) c) ed e)
c.p.p. in riferimento ai gravi indizi di reato non avendo il Tribunale effettuato
alcun concreto e approfondito esame sulla presenza o meno di riscontri alla tesi
d’accusa. Nei confronti del Di lena risulta un solo elemento apprezzato dal
Tribunale per convincersi della gravità indiziaria nei suoi confronti, elemento
rappresentato dalle ambientali che narrano l’incontro con Coffa Alessamdro e
Coffa Francesco. Ma il significato attribuito alle conversazioni in questione non è
connotato dai caratteri della chiarezza, della decifrabilità del contenuto, né in
esse vi è una esplicita ammissione di responsabilità da parte del Di Lena. Né
alcuna valutazione è stata riservata alla versione sostenuta dal ricorrente; 2)
l’erronea applicazione della legge penale e di norme processuali agli artt. 274 e
275 c.p.p. e mancanza, illogicità e contraddittorietà della motivazione ai sensi
dell’art.606, co.1, lett.b) c) ed e) c.p.p. in riferimento all’attualità delle esigenze
cautelari.
Chiede pertanto l’annullamento della sentenza.
3. Il limite del sindacato di legittimità – inteso nel senso che alla Corte di
cassazione spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del
giudizio di legittimità ed ai limiti che a esso ineriscono, se il giudice di merito
abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto alle scelte in

ricorso.

concreto effettuate – non può che riguardare anche i provvedimenti cautelari,
essendo compito primario ed esclusivo del giudice di merito e, in particolare,
prima del giudice al quale è richiesta l’applicazione della misura o la modifica
della stessa e, poi, eventualmente, del giudice del riesame o dell’appello,
valutare “in concreto” la sussistenza dei gravi indizi di reità e delle esigenze
cautelari, e rendere un’ adeguata e logica motivazione sui parametri normativi
previsti, per formulare la prognosi di pericolosità. Tanto premesso, rileva il
Collegio che le doglianze del ricorrente, laddove censurano la congruità e

illogicità dell’argomentare del giudicante, rispetto alla ritenuta gravità indiziaria,
in riferimento al reato di cui all’ imputazione provvisoria, nonché in riferimento
alle esigenze cautelari e all’attualità delle esigenze non possono trovare
accoglimento, in quanto prive della specificità, prescritta dall’art. 581, lett. c), in
relazione all’art 591 lett. c) c.p.p., a fronte delle motivazioni svolte dal giudice
d’appello, che non risultano viziate da illogicità manifeste.
4.

Con congrua e logica motivazione il Tribunale del Riesame

ha

puntualmente illustrato i gravi indizi di reità sulla scorta del contenuto delle
eloquenti

intercettazioni telefoniche (v.pag.3 dell’ordinanza impugnata),

rilevando in particolare che non risponde al vero quanto riferito in udienza dal Di
Lena(ovvero che egli si sarebbe limitato ad accompagnare il Sinisi), in quanto
risulta dalle intercettazioni che egli era arrivato in un secondo momento
(v.pag.4). Lo stesso Di Lena nel corso della conversazione riferisce agli altri di
essere stato chiamato da tale Yuri la cui fidanzata lo aveva riconosciuto; e la sua
reazione è quella di minacciare gravi conseguenze nei confronti di chi aveva fatto
il suo nome. Il riferimento da parte del Romano ai quattro come ai componenti
della “banda dell’Auchan” non toglie rilevanza agli elementi oggettivi evidenziati
dal Tribunale, anzi avvalora il quadro indiziario, atteso che rimane in tal modo
accertato che l’indagato non solo ha capacità criminale, ma che quello contestato
non è l’unico delitto consumato ma l’ultimo di una serie.
5.

Anche sulle esigenze cautelari l’ordinanza è adeguatamente e

logicamente motivata. La normativa introdotta con la legge n.47/2015, nella
parte in cui modifica le disposizioni in tema di motivazione delle ordinanze
cautelari, pur non avendo carattere innovativo, richiede comunque che l’
ordinanza di custodia e quelle emesse in sede di riesame abbiano comunque un
chiaro contenuto indicativo della concreta valutazione della vicenda da parte del
giudicante, dovendo indicare, il giudice, nello specifico caso, il convincimento in
forza del quale persiste il concreto e attuale pericolo di recidiva con motivazione
aderente alla situazione cautelare. Tale motivazione si rinviene nel
provvedimento impugnato che ha dato rilievo, ai fini della persistenza del
concreto e attuale pericolo di recidiva in capo al Di Lena , alla concreta vicend
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cautelare, in cui è coinvolto il ricorrente; infatti, proprio la costituzione di una
banda dedita alla commissione di gravi delitti in esercizi commerciali
(affermazione proveniente da una fonte attendibile e da soggetto che pensa di
avvalersi del loro operato per compiere una rapina con armi ai danni di un
portavalori blindato) è stato correttamente ritenuto l’elemento concreto e attuale
che porta a ritenere che l’episodio non sia unico, ma l’ultimo di una lunga serie.
La non episodicità, unitamente all’inserimento in contesti di criminalità
organizzata, costituiscono sintomo di levata pericolosità criminale e chiaro

fronteggiabile con misure cautelari diverse da quella della custodia in carcere
(v.pagg.4-5 della sentenza impugnata).
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibile il ricorso, la parte che lo ha proposto deve essere condannata al
pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa
(v.Corte Cost. sent.n.186/2000), nella determinazione della causa di
inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della
somma di millecinquecento euro, così equitativannente fissata in ragione dei
motivi dedotti. Inoltre, poiché dalla presente decisione non consegue la
rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94,
comma 1 ter, delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale – che
copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui
l’indagato trovasi ristretto perché provveda a quanto stabilito dal comma 1 bis
del citato articolo 94.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro millecinquecento a favore della Cassa
delle ammende. Si provveda ai sensi dell’articolo 94, comma 1 ter, delle
disposizioni di attuazione del codice di procedura penale.
Così del ;erato in camera di consiglio, il 13.12.2016
Sen
Il

a motivazione semplificata.
liere estensore
a Cerva r Dro

Il Presidente
Piercamillo Davigo

segnale che il suddetto pericolo di recidivanza non possa essere adeguatamente

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