Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18748 del 22/04/2016

Penale Sent. Sez. 2 Num. 18748 Anno 2016
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: AGOSTINACCHIO LUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
• A.A.
avverso l’ordinanza in data 17/11/2015 del Tribunale di Prato sezione del
riesame
visti gli atti, l’ordinanza ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dr. Luigi Agostinacchio;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale dott. Sante Spinaci, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 18/11/2015 il Tribunale di Prato rigettava l’istanza di
riesame proposta nell’interesse di A.A. avverso il decreto di perquisizione
e sequestro probatorio emesso dal P.M. presso il Tribunale di Prato in data
10/09/2015, in relazione al procedimento nel quale l’istante era indagato per il
reato di cui all’art.640 cod. pen. (“truffa mediante manomissione di un’auto poi
venduta”) ; rilevava il P.M. che sebbene l’alterazione della vettura fosse risultata
a seguito di verifiche tecniche presso un’officina specializzata, l’indagato avrebbe
potuto detenere documenti e supporti informativi contenenti ulteriori prove del
reato.
Rilevava il tribunale – disattendo i motivi d’impugnazione – che alla fattispecie in
esame non era applicabile l’art. 309, comma 9 bis cod. proc. pen. sul termine

Data Udienza: 22/04/2016

perentorio di trasmissione degli atti da parte della Procura; che sussistevano
sufficienti elementi in ordine al fumus commissi delicti.

2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il A.A. tramite il
difensore di fiducia sulla base di tre motivi:
– violazione ed erronea applicazione della legge penale ex art.606,

10 comma

lett. b) cod. proc. pen. in relazione all’art. 324, comma 7 cod. proc. pen. nel

riferimento alla formulazione attualmente vigente di tali disposizioni circa il
termine di trasmissione degli atti al tribunale del riesame da parte della Procura
della Repubblica;
– violazione ed erronea applicazione dell’art.606,

10 comma lett. b) cod. proc.

pen. in relazione all’artt. 324 cod. proc. pen. ed alla individuazione dei poteri del
tribunale del riesame rispetto alla mancanza totale ovvero alla apparenza della
motivazione in ordine ai requisiti di pertinenza delle cose sequestrate rispetto al
reato per cui si procede e alla esigenza di sottoporle a sequestro per esigenze
probatorie;
– violazione ed erronea applicazione della legge penale ex art.606, 1° comma
lett. b) in relazione all’artt. 324 cod. proc. pen. ed alla individuazione dei poteri
del tribunale del riesame rispetto alla verifica della necessità del mantenimento
del sequestro in caso si tratti di beni per i quali è possibile eseguire copia in
termini ragionevoli, con immediata restituzione degli originali all’avente diritto.
Concludeva pertanto per l’annullamento dell’ordinanza impugnata, senza rinvio
o, in subordine, con rinvio.
Con nota scritta depositata il 25/01/2016 la Procura Generale ha chiesto il
rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
Sostiene il ricorrente che nel caso di specie è stato violato il disposto dell’art.
324, comma 7 cod. proc. pen. “nel richiamo che esso opera all’art. 309 comma
10 cod. proc. pen. con espresso riferimento alla formulazione attualmente
vigente di tali disposizioni ed alla interpretazione che di esse deve essere data,
avendo la Procura della Repubblica di Prato trasmesso gli atti, tempestivamente
richiesti dal Tribunale del Riesame, a quarantacinque giorni di distanza da detta
richiesta”; ritiene, in particolare, che debba considerarsi superato, a seguito della
modifica legislativa – ex lege n.47 del 2025 – dell’art. 324 cod. proc. pen. in tema
di procedimento di riesame per i provvedimenti di sequestro, l’orientamento

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richiamo che esso opera all’art. 309 comma 10 cod. proc. pen. con espresso

espresso dalle sezioni unite (sent. n. 26268/2013) secondo cui in tale
procedimento non è applicabile il termine perentorio di cinque giorni previsto
dall’art.309, comma 5 cod. proc. pen. (con la conseguente perdita di efficacia del
provvedimento in caso di violazione) per la trasmissione degli atti al tribunale.
Questa Corte ha già avuto modo di affermare, con argomentazioni condivisibili
dalle quali non vi è motivo di discostarsi, che l’approdo ermeneutico di cui alla
suddetta sentenza delle sezioni unite n. 26268 del 28/03/2013 (Rv. 255582)

aprile 2015, n. 47.
Non assume infatti alcun rilievo la circostanza che il nuovo testo del comma 7
dell’art. 324 cod. proc. pen. (novellato dall’art. 11 della legge n. 47 del 2015),
oltre a ribadire il rinvio ai commi 9 e 10 dell’art. 309 cod. proc. pen., comunque
novellati, abbia operato il rinvio anche al comma 9-bis del medesimo articolo,
che abilita ora il ricorrente a chiedere il differimento dell’udienza camerale e che,
nel riesame reale, ha comunque un senso quando gli atti della procedura siano
stati interamente trasmessi “entro il giorno successivo” alla ricezione dell’avviso
all’autorità procedente del deposito dell’istanza di riesame e l’interessato abbia la
necessità di un differimento della data dell’udienza per soddisfare le proprie
esigenze difensive.
Va quindi considerato che – indipendentemente dalla natura del rinvio a seguito
dell’introduzione della nuova normativa, se cioè il rinvio debba ancora intendersi
in senso recettizio o statico (così come compiutamente e condivisibilmente
teorizzato dalle Sezioni Unite sulla base della previgente normativa e della
modifica ex lege 8 agosto 1995, n. 332 che aveva attinto solo l’art. 309 cod.
proc. pen., e significativamente, per quanto qui interessa, i commi 5 e 10, non
anche la struttura dell’art. 324 cod. proc. pen. e neppure il terzo comma in
particolare) ovvero formale o dinamico (come sembrerebbe sostenibile sulla base
della riforma ex lege n. 47 del 2015 con conseguente applicazione anche nel
riesame reale dell’annullamento del provvedimento cautelare in caso di
motivazione mancante o carente in punto di autonoma valutazione, della
perentorietà dei termini per il deposito dell’ordinanza di riesame, nonché
dell’impossibilità di rinnovare la misura divenuta inefficace per la decorrenza dei
termini) – resta il fatto che, quanto alla trasmissione degli atti e alla natura del
termine collegato a detta trasmissione con le relative conseguenze, il riesame
reale contiene, rispetto al riesame personale, una disposizione autonoma,
autosufficiente e, quantunque facente parte del medesimo sottosistema, speciale

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deve ritenersi tuttora valido, anche a seguito dell’entrata in vigore della legge 16

ratione materíae, cristallizzata nel comma 3 dell’art. 324 cod. proc. pen. il cui
termine (“entro il giorno successivo”) conserva la sua natura ordinatoria. Ne
consegue che la perentorietà del termine non può essere affermata sulla base
del rilievo secondo cui il rinvio da parte dell’art. 324, comma 7, al comma 10
dell’art. 309 cod. proc. pen. contiene anche il rinvio al comma 5 dell’art. 309,
senza considerare che il legislatore non ha inteso incidere direttamente sulla
disposizione ad hoc ex art. 324, comma 3, cod. proc. pen., che è disposizione

Ed è istruttivo che il legislatore, pur in presenza di una problematica del genere,
che ha visto due interventi delle Sezioni Unite penali (Ivanov nel 2008 e Cavalli
nel 2013), non abbia affatto inciso sulla struttura del terzo comma dell’art. 324
cod. proc. pen., che è rimasto inalterato anche a seguito della riforma del 2015.
In definitiva, anche dopo l’entrata in vigore della legge 16 aprile 2015, n. 47 che
ha novellato l’art. 324, comma 7, cod. proc. pen., non è applicabile, nel
procedimento di riesame del provvedimento di sequestro, il termine perentorio di
cinque giorni per la trasmissione degli atti al tribunale, previsto dall’art. 309,
comma quinto, cod. proc. pen., con conseguente perdita di efficacia della misura
cautelare impugnata in caso di trasmissione tardiva, ma il diverso termine
indicato dall’art. 324, comma terzo, cod. proc. pen., che ha natura meramente
ordinatoria (in termini, Cass. sez. 3 sent. n.44640 del 29/09/2015 – dep.
06/11/2015 – Rv. 265571, alla cui puntuale motivazione di rinvia).

2. Il terzo motivo è invece inammissibile non risultando che il ricorrente abbia
chiesto la restituzione degli originali dei documenti e dei supporti informatici
sottoposti a sequestro probatorio previa estrazione di copia (in tal caso la
decisione del giudice di merito costituirebbe provvedimento autonomo rispetto al
decreto di sequestro e contro di essa non sarebbe comunque ammissibile alcuna
forma di gravame, stante il principio di tassatività delle impugnazioni – Cass. sez.
3 sent. n. 27503 del 30/05/2014 – dep. 25/06/2014 – Rv. 259197).

3.

Con il secondo motivo il ricorrente eccepisce l’omessa motivazione

dell’ordinanza impugnata in ordine alla finalità probatoria del sequestro, vizio
radicale che costituisce violazione di legge qualora risulti la totale mancanza
ovvero la mera apparenza dell’apparato argomentativo a sostegno della specifico
obiettivo sotteso alla misura cautelare in argomento.
In effetti, il decreto del P.M. del 10/09/2015 non indica le ragioni che, in
funzione dell’accertamento dei fatti storici enunciati, siano idonee a giustificare in

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peraltro solo parzialmente sovrapponibile all’art. 309, comma 5, cod. proc. pen.

concreto l’applicazione della misura nei confronti del A.A., utilizzando a
riguardo formule generiche e persistendo nell’inerzia pure nel contraddittorio del
procedimento di riesame; l’ordinanza del riesame si limita altresì ad affermare
che l’esigenza probatoria del corpo di reato in questo caso è di immediata
evidenza e corrisponde al fatto “che ben potrebbe l’indagato detenere documenti
e supporti informatici nei quali si trovino ulteriori prove del fatto reato”, senza
specificare: a) quali siano le finalità probatorie del sequestro ossia quali

chilometri e del libretto di manutenzione; b) in che termini si giustifichi il
sequestro anche di beni, strumentali all’attività d’impresa, privi di memoria
(cartacea o informatica) di archiviazione dei dati.
2.1 Le sintetiche (e poco chiare) affermazioni del tribunale sono in contrasto con
i principi espressi da tempo dalle sezioni unite di questa Corte (Cass. sez. U,
sent. n. 5876 del 28/01/2004 – dep. 13/02/2004 – Rv. 226710).
Premesso che anche per le cose che costituiscono corpo di reato il decreto di
sequestro a fini di prova deve essere sorretto, a pena di nullità, da idonea
motivazione in ordine al presupposto della finalità perseguita, in concreto, per
l’accertamento dei fatti, il giudice del riesame non è legittimato a disegnare, di
propria iniziativa, il perimetro delle specifiche finalità del sequestro, così
integrando il titolo cautelare mediante un’arbitraria opera di supplenza delle
scelte discrezionali che, pur doverose da parte dell’organo dell’accusa, siano
state da questo radicalmente e illegittimamente pretermesse.
Il tribunale pertanto doveva rilevare tale nullità e non ritenere adempiuto l’onere
motivazionale sul presupposto che, trattandosi di cose che potrebbero essere
pertinenti al reato, la finalità probatoria fosse evidente.
Le sezioni unite hanno infatti ritenuto non sostenibile quell’indirizzo ermeneutico
secondo cui « il corpo del reato implica, ‘per definizione’, un’idoneità
dimostrativa immediata del collegamento della cosa con l’illecito, con
conseguente efficacia probatoria diretta, in re ipsa, in ordine all’avvenuta
commissione di un reato ed alla sua attribuibilità ad un soggetto: ciò
significherebbe che per acquisire il bene in tal modo definito non rileva la sua
idoneità rappresentativa ‘in concreto, cioè rispetto ai fatti per cui si procede, ma
è sufficiente l’idoneità tendenziale ed ‘astratta’ a rivestire la qualità, generica e
immanente, di fonte di prova. Il rilievo…non tiene conto della circostanza che la
giustificazione delle esigenze investigative in concreto perseguite è stabilita in
funzione dell’effettivo controllo da parte del giudice sovraordinato sulla
legittimità del sacrificio di una libertà fondamentale, subìto mediante

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circostanze s’intendano provare, posto che dalle indagini risulta l’alterazione dei

l’apprensione della res. La soluzione interpretativa (per la quale “il decreto di
sequestro a fini di prova del ‘corpo di reato’ dev’essere necessariamente sorretto
da idonea motivazione in ordine al presupposto della finalità perseguita, in
concreto, per l’accertamento dei fatti”) è l’unica compatibile con i limiti dettati
all’intervento penale sul terreno delle libertà fondamentali e dei diritti
costituzionalmente garantiti dell’individuo, qual è certamente il diritto alla
“protezione della proprietà” riconosciuto dall’art. 42 Cost. e dall’art. 1 del primo

termini in motivazione paragrafi 3 e 4).

4. Per quanto riguarda gli effetti della pronuncia di legittimità, hanno stabilito le
sezioni unite nella citata pronuncia (5876/2004) che la Corte di Cassazione non
può pronunciare, in tal caso, sentenza di annullamento con rinvio, giacché esso,
considerato il persistente vuoto di fini del sequestro, avrebbe funzione
meramente ‘esplorativa’, nel dubbio che ulteriori verifiche da parte del giudice di
rinvio, nel contraddittorio camerale del rinnovato riesame, potrebbero condurre
all’identificazione di una ragione giustificatrice della misura:
operazione logico-giuridica questa che altra pronuncia delle Sezioni Unite, in
altra occasione e ad altri fini (Sez. Un., 26 marzo 2003, Giordano), è stata
ritenuta non consentita.
In caso di radicale mancanza di motivazione sia del decreto di sequestro
probatorio di cose qualificate come ‘corpo del reato’ che dell’ordinanza
confermativa del riesame, in ordine alla necessaria sussistenza della concreta
finalità probatoria perseguita in funzione dell’accertamento dei fatti, la Corte di
Cassazione deve pertanto pronunziare sentenza di annullamento senza rinvio sia
dell’ordinanza di riesame che del decreto di sequestro.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata ed il decreto di sequestro,
disponendo la restituzione di quanto in sequestro all’avente diritto.
Si provveda a norma dell’art. 626 c.p.p.

Così deciso in Roma il giorno 07 gennaio 2016
Il Consigliere estensore

Il Presidente

Protocollo addizionale alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo » (in

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