Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18717 del 03/02/2017


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 18717 Anno 2017
Presidente: FUMU GIACOMO
Relatore: VERGA GIOVANNA

SENTENZA A MOTIVAZIONE
SEMPLIFICATA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CIRILLO FRANCESCO N. IL 23/06/1962
avverso la sentenza n. 460/2015 CORTE APPELLO di TRIESTE, del
05/10/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 03/02/2017 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. í r.. «.e^,.)0
che ha concluso per :e
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Udito, per la parte civile, l’Avv
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Uditi difensor Avv. Pcz4-ytt,?1,

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Data Udienza: 03/02/2017

MOTIVI DELLA DECISIONE

Ricorre per cassazione CIRILLO Francesco avverso la sentenza della corte d’appello di
Trieste che il 15 ottobre 2015 ha confermato la sentenza del tribunale di Gorizia che
il 30 settembre 2014 lo aveva condannato per tentata estorsione in danno del datore
di lavoro

1. vizio della motivazione e violazione di legge con riguardo alla sussistenza del
tentativo punibile. Lamenta che, diversamente da quanto indicato dai giudici
d’appello, non si può escludere in maniera certa la sussistenza dell’infortunio
sulla scorta delle dichiarazioni rese dal teste ABIS, così come con altrettanta
certezza non si può escludere che le lesioni refertate siano collegabili
all’infortunio denunciato. Non può ritenersi che le pretese economiche avanzate
dall’imputato nei confronti del datore di lavoro fossero state esplicitate in forma
di vera minaccia e così siano state percepite dalla parte offesa. Trattasi
sicuramente di linguaggio volgare, ma che non integra la minaccia prevista
dalla legge. Rileva che l’imputato si è adeguato all’invito del datore di lavoro di
rivolgersi alle sedi competenti per affermare le sue pretese, come attestato dal
verbale di conciliazione del 17.12.2012. Rileva anche che, diversamente da
quanto indicato nella sentenza impugnata, tra le richieste avanzate dal Cirillo
alla direzione provinciale del lavoro vi era anche quella relativa all’infortunio.
Richiama sul punto il verbale di conciliazione. Sostiene che il comportamento
tenuto non realizza il tentativo punibile e rileva che il giudice d’appello ha
totalmente trascurato di valutare la sussistenza della desistenza volontaria;
2. vizio della motivazione in ordine al diniego delle circostanze attenuanti
generiche

La parte civile BRESSAN Danilo depositava memoria con la quale chiedeva venisse
dichiarata l’inammissibilità del ricorso.
Il ricorso è inammissibile.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, giacché i motivi in esso dedotti sono
manifestamente infondati e ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute
infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare, per di più, non
specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo
per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di
correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a
1

Deduce il ricorrente:

fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del
giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità, conducente a mente dell’art.
591 cod. proc. pen., comma primo, lett. c), all’inammissibilità.
Sono manifestamente insussistenti, del resto, i vizi di motivazione pur genericamente
denunciati, perché la Corte territoriale ha compiutamente esaminato le doglianze
difensive ed ha dato conto del proprio convincimento sulla base di tutti gli elementi a
sua disposizione, esaurientemente argomentando circa la pronuncia di responsabilità.
Nell’esame operato dai giudici del merito le acquisizioni probatorie risultano

interpretate nel pieno rispetto dei canoni legali di valutazione e risultano applicate con
esattezza le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno
giustificato la conferma delle conclusioni di colpevolezza
La Corte di merito ha sottolineato la pregnanza della testimonianza di Abis Simone, la
cui attendibilità non è stata messa in discussione dalla difesa, che avrebbe dovuto
essere testimone diretto dell’infortunio denunciato dall’imputato come verificatosi
giovedì 2 ottobre 2008 e che invece ha smentito in maniera categorica l’accadimento.
Così come il teste Meneghin ha escluso che, pur avendone fatto cenno il Cirillo nella
richiesta di intervento indirizzata alla Direzione Provinciale del Lavoro, la questione
dell’infortunio e dei suoi risvolti economici avessero costituito oggetto dell’accordo
raggiunto, relativo solo all’aspetto economico del rapporto lavorativo. E’ stato altresì
evidenziato che niente di obiettivo che potesse ricondursi all’infortunio è stato
riscontrato anche dagli accertamenti clinici eseguiti presso l’ospedale di Gorizia.
Una volta che è stato provato che il denunciato infortunio non si era verificato
correttamente è stato ritenuto sussistente il contestato tentativo di estorsione nel
comportamento tenuto dal ricorrente che ha minacciato ripetutamente il datore di
lavoro perché gli consegnasse denaro a titolo di risarcimento per fantomatiche lesioni,
evento non verificatosi non per la determinazione dell’agente, ma per la resistenza
della vittima.
Generiche sono anche le censure in ordine al trattamento sanzionatorio.
Sul punto va richiamato il principio, più volte stabilito da questa Corte, che, in caso di
diniego, soprattutto dopo la specifica modifica dell’art. 62 bis c.p. operata con il D.L.
23 maggio 2008, n. 2002 convertito con modif. dalla L. 24 luglio 2008, n. 125 che ha
sancito essere l’incensuratezza dell’imputato non più idonea da sola a giustificarne la
concessione, è assolutamente sufficiente che il giudice si limiti a dar conto di avere
ritenuto l’assenza di elementi o circostanze positive a tale fine. Deve comunque
rilevarsi che nella fattispecie la Corte territoriale ha motivato il diniego delle
attenuanti generiche non solo per la mancanza di elementi di segno positivo, ma
anche per i precedenti penali
2

\\)

Con riguardo alla pena il ricorrente si limita a contestarne l’eccessività senza
considerare che il giudice ha indicato in sentenza tutti gli elementi ritenuti rilevanti o
determinanti nell’ambito della complessiva applicazione di tutti i criteri di cui all’art.
133 c.p.
Il ricorso è pertanto inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al
pagamento delle spese processuali e della somma di C 1500,00 da versare alla Cassa
delle Ammende, nonché alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile

del 15% CPA e IVA

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di euro millecinquecento alla Cassa delle
Ammende, nonché alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile
BRESSAN Danilo liquida in complessivi euro 3510,00 oltre spese generali nella misura
del 15% CPA e IVA
Così deliberato in Roma il 3.2.2017
Sentenza a motivazione semplificata.
Il Consigliere estensore
Giovanna VERGA

Il Presidente
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BRESSAN Danilo liquida in complessivi euro 3510,00 oltre spese generali nella misura

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