Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18691 del 07/03/2018


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 18691 Anno 2018
Presidente: FUMU GIACOMO
Relatore: RANALDI ALESSANDRO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
GUARINO GIUSEPPE nato il 14/06/1983 a SIRACUSA

avverso l’ordinanza del 26/06/2017 del TRIB. SORVEGLIANZA di TRIESTE
sentita la relazione svolta dal Consigliere ALESSANDRO RANALDI;
lette/scntite le conclusioni del PG

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Data Udienza: 07/03/2018

FATTO E DIRITTO

1. Il Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Trieste, con l’ordinanza n.
849/2017 indicata in epigrafe, ha rigettato l’impugnazione proposta da Giuseppe
Guarino avverso il provvedimento con il quale il Magistrato di Sorveglianza di
Trieste non aveva accolto la sua richiesta di ammissione al patrocinio a spese
dello Stato.
Nell’ordinanza si rileva che il richiedente è stato ripetutamente condannato

che nel caso opera la presunzione di superamento dei limiti reddituali di cui
all’art. 76, comma 4-bis, d.P.R. n. 115 del 2002; e si osserva che il richiedente
non ha prodotto documentazione idonea a superare la presunzione relativa ora
richiamata.

2. Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il
Guarino.
Il ricorrente deduce la violazione di legge, osservando di avere prodotto
documentazione idonea al superamento della presunzione di superamento dei
limiti reddituali, lamentando che, non potendo retribuire il proprio legale, sarà
costretto a revocarlo. Deduce che il Tribunale non ha chiarito quali documenti
sarebbero stati idonei a superare la prova contraria, stante la presunta
partecipazione del Guarino al clan mafioso. Il ricorrente osserva di avere
prodotto documentazione comprendente anche i provvedimenti di ammissione al
beneficio adottati nei confronti di altri detenuti ristretti ai sensi dell’art. 41-bis
o.p. e sostiene di avere diritto al beneficio anche per la lunga detenzione subita e
l’esiguo sostentamento economico che riceve dai familiari a mesi alterni.

3. Il Procuratore Generale, con requisitoria scritta, ha chiesto che il riscorso
sia dichiarato inammissibile.

4. Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.
4.1. Il Tribunale di Sorveglianza, sviluppando un conferente percorso
argomentativo del tutto immune da fratture di ordine logico, in riferimento alle
valutazioni che assumono rilievo in questa sede, ha evidenziato: che i dati
introdotti dal richiedente non appaiono idonei a fondare la prova contraria
richiesta per superare la presunzione di legge, considerato che l’entità dei vaglia
e delle somme contanti ricevuti dalla madre costituiscono dato neutro e non
conducente nel senso voluto dall’istante; le decisioni di altri giudici su analoghe
domande di ammissione al patrocinio avanzate dal Guarino non sono vincolanti,

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in via definitiva per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen., per cui si considera

né contengono il minimo accenno in merito al superamento della presunzione
reddituale di legge; tanto meno rilevanti potrebbero risultare decisioni relative a
soggetto diverso; il ruolo di spicco rivestito dal Guarino in un ambito criminoso di
notevole spessore economico emerge da informazioni acquisite in altri
procedimenti analoghi tramite la Questura, la DIA e la DNA; gli elementi acquisiti
dal recente decreto 29.3.2017 del Ministero della Giustizia confermano che il
gruppo della Borgata, di cui il Guarino è risultato elemento di primissimo piano,

reggente quanto meno fino al 2013, è tuttora pienamente attivo; dall’assenza di

consorteria si desume che il nucleo familiare dell’esponente – e lo stesso Guarino
– possono contare sul sostegno economico del clan mafioso di appartenenza.
Sulla scorta di tali rilievi, il Tribunale ha rilevato la assoluta inidoneità della
documentazione prodotta a superare la richiamata presunzione di legge.
4.2. Ebbene, le valutazioni del Tribunale si collocano nell’alveo
dell’insegnamento espresso dalla Suprema Corte di Cassazione, in ordine
all’accertamento giudiziale dei redditi percepiti dall’imputato che richiede
l’ammissione al beneficio di che trattasi. La Corte regolatrice, invero, ha chiarito
che per la determinazione dei limiti di reddito, ai fini della ammissione al
patrocinio a spese dello Stato, il giudice di merito ben può fare ricorso agli
ordinari mezzi di prova, indicativi della effettiva percezione di reddito da parte
del richiedente (cfr. Sezione 4, sent. n. 45159 del 4.10.2005, Rv. 232909).
4.3. Non sfugge che la Corte Costituzionale, investita della questione
relativa alla compatibilità della norma di cui all’art. 76, comma 4-bis, d.P.R. n.
115/2002, con i principi costituzionali del diritto di difesa e dell’uguaglianza dei
cittadini di fronte alla legge, con sentenza n. 139 del 14.04.2010, ha dichiarato
l’illegittimità del richiamato art. 76, comma 4-bis, d.P.R. n. 115/2002, nella parte
in cui stabiliva che, per i soggetti già condannati con sentenza definitiva per
determinati gravi reati, il reddito percepito dovesse ritenersi comunque superiore
ai limiti previsti per l’ammissione al patrocino a spese dello Stato, senza
ammettere prova contraria.
4.4. Preme, peraltro, evidenziare che nel caso di specie il Tribunale di
Sorveglianza ha correttamente argomentato in base alle presunzioni relative di
cui all’art. 76, comma 4-bis, d.P.R. n. 115/2002, giacché i giudici procedenti
hanno giustificato il rigetto della richiesta di ammissione al patrocinio a spese
dello Stato, in considerazione delle condanne riportate dal richiedente e avuto
riguardo alla carenza di allegazioni difensive idonee a superare la presunzione di
legge circa il travalicamento dei limiti reddituali. Infatti, la Corte regolatrice ha
chiarito che spetta al soggetto richiedente l’ammissione al patrocinio a spese
dello Stato l’onere di fornire la prova contraria, idonea a vincere la presunzione

alcuna dissociazione del Guarino rispetto alle attività illecite svolte dalla

relativa di superamento del limite di reddito ostativo, proprio nei casi previsti
dall’art. 76, comma 4-bis, d.P.R. n. 115 del 2002 (Sez. 4, n. 5041 del
21/10/2010, dep. 2011, Rv. 249563).

5. Stante l’inammissibilità del ricorso, e non ravvisandosi assenza di colpa
nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent. n.
186/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali
consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, nella misura indicata in

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di duemila euro alla cassa delle
ammende.
Così deciso il 7 marzo 2018

Il ConsigpJ je estensore

Il Presidente

Ales an ro Ranaldi

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