Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18689 del 11/04/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 18689 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: BLAIOTTA ROCCO MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GARBUGLIA NAZZARENO N. IL 18/08/1946
avverso l’ordinanza n. 19/2011 CORTE APPELLO di ANCONA, del
17/05/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROCCO MARCO
BLAIOTTA;
lette/ste le conclusioni del PG Dott.
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Data Udienza: 11/04/2013

31 Garbuglia Nazareno

Motivi della decisione

1. La Corte d’appello di Ancona ha respinto l’istanza avanzata da Garbuglia
Nazareno intesa ad ottenere l’equa riparazione per ingiusta detenzione subita.

2. Ricorre per cassazione il richiedente deducendo l’erroneità dell’apprezzamento
col quale la Corte d’appello ha ritenuto l’esistenza di condotta gravemente colposa

dei giochi che stavano dietro l’affidamento degli incarichi relativi all’interporto nonché
dell’inutile dispendio di denaro determinato dall’affidamento degli incarichi

stessi nonché

della superfluità delle spese sostenute. Il Grabuglia mai si è opposto alle scelte compiute.
Tale enunciazione viene dal ricorrente ritenuta completamente generica, atteso
che non si comprende a quali incarichi dispendiosi si voglia fare riferimento né ai quali
scelte incongrue si alluda. Il provvedimento della Corte d’appello è del tutto generico e
non individua una specifica condotta colposa. L’imputato nell’interrogatorio di garanzia ha
fornito ampia spiegazione in ordine alla copertura delle spese ed alla linearità del
comportamento tenuto. Si è pure trascurato che il richiedente si è dimesso degli incarichi
nel maggio 1991.
In realtà la Corte d’appello, assolutamente noncurante delle sentenze assolutorie
emesse in primo e secondo grado, ha voluto compiere un giudizio autonomo di merito in
relazione ai fatti contestati, valorizzando circostanze irrilevanti ed inconferenti e neppure
in fatto dimostrate dal processo; come ad esempio per ciò che attiene al supposto
passaggio di denaro privo di giustificazione e da nessuna parte emerso nel procedimento
di merito. La motivazione è dunque del tutto carente. Si trascura che la frequentazione
degli altri personaggi coinvolti nella vicenda è da considerare assolutamente fisiologica
giacché si trattava di consulenti progettisti ed amministratori. Altrettanto erroneamente si
è ritenuto che l’istante non abbia tempestivamente fornito, in interrogatorio, idonei e
convincenti chiarimenti e spiegazioni in ordine ai fatti contestati. Si è trascurato che il
ricorrente non poteva dare risposte e chiarimenti con riguardo a domande che mai sono
state proposte che non rientravano nei temi evocati nel provvedimento restrittivo.
Insomma l’assunzione della carica di amministratore non può giustificare logicamente la
ritenuta esistenza di comportamento censurabile.
Si è pure trascurato che le contestazioni afferenti agli affidamenti degli incarichi
come le parcelle sono state contestate ai sensi dell’articolo 323 cod. pen.,( abuso
d’ufficio), illecito che non ammette alcuna custodia cautelare. Sotto tale ultimo riguardo
la pronunzia è censurabile anche per violazione di legge.

2.1 La difesa ha presentato due memorie. Si espone che ad un coimputato la
Corte d’appello di Ancona ha già riconosciuto il diritto all’equa riparazione ed in quel
contesto si è ravvisato che in ordine al reato di cui all’articolo 323 cod. pen. non fosse
prevista l’applicazione della custodia cautelare in carcere. Per i reati di cui ai capi A e B
imputato è stato assolto perché i fatti non costituiscono reato ai sensi dell’art. 129 cod.

ostativa all’accoglimento della domanda. Si è ritenuto che il Garbuglia fosse al corrente

proc pen. e dunque nessuno profilo di colpa può essere ipotizzato. Ancora, la congruità
delle parcelle liquidate all’architetto Tomellini è stata ritenuta nella procedura
fallimentare. L’imputato, d’altra parte, ha sempre fornito i possibili chiarimenti in ogni
sede processuale.

2.2 Pure l’avvocatura dello Stato ha presentato una memoria chiedendo che il
ricorso sia dichiarata inammissibile o comunque rigettato.

3. Il ricorso è fondato.

avendo ravvisato condotta connotata da grave colpa. Si assume che il Garbuglia era
inserito nell’ambiente nel quale sono maturati i fatti, caratterizzato da clientelismi,
cointeressenze e colleganze politiche e coinvolto nelle vicende politico clientelari relative
alla realizzazione di un interporto; ed aveva tenuto frequentazioni, rapporti e
comportamenti ambigui sintomatici quanto meno di connivenza con gli altri imputati. Il
Garbuglia, inoltre, in sede di interrogatorio, non ha fornito idonei dlip* chiarimenti e
spiegazioni in ordine ai fatti contestati 141clucendo l’autorità procedente a ritenere la
persistenza di gravi indizi di colpevolezza rendendo necessari ulteriori accertamenti.
Inoltre per i reati per alcuni dei reati rubricati è stata emessa pronunzia
assolutoria perché il fatto non costituisce reato essendosi ritenuto che il Garbuglia non
rivestisse la qualità di incaricato di pubblico servizio.
Tale apprezzamento si espone a diverse censure.
Occorre premettere che questa Corte, anche a Sezioni unite (Sez. Un.
13/12/1995, Sarnataro Rv. 203638 ) ha avuto modo di enunciare ripetutamente il
principio che nel procedimento per la riparazione dell’ingiusta detenzione è necessario
distinguere nettamente l’operazione logica propria del giudice del processo penale, volta
all’accertamento della sussistenza di un reato e della sua commissione da parte
dell’imputato, da quella propria del giudice della riparazione il quale, pur dovendo
operare, eventualmente, sullo stesso materiale, deve seguire un “iter” logicomotivazionale del tutto autonomo, perché è suo compito stabilire non se determinate
condotte costituiscano o meno reato, ma se queste si sono poste come fattore
condizionante (anche nel concorso dell’altrui errore) alla produzione dell’evento
“detenzione”; ed in relazione a tale aspetto della decisione egli ha piena ed ampia libertà
di valutare il materiale acquisito nel processo, non già per rivalutarlo, bensì al fine di
controllare la ricorrenza o meno delle condizioni dell’azione, sia in senso positivo che
negativo, compresa l’eventuale sussistenza di una causa di esclusione del diritto alla
riparazione.
Questa Corte ha pure ripetutamente enunciato il principio che la condizione
ostativa al riconoscimento del diritto all’indennizzo, rappresentata dall’avere il richiedente
dato causa, all’ingiusta carcerazione, deve concretarsi in comportamenti che non siano
stati esclusi dal giudice della cognizione e che possano essere di tipo extra-processuale
(grave leggerezza o macroscopica trascuratezza tali da aver determinato l’imputazione), o
di tipo processuale (autoincolpazione, silenzio consapevole sull’esistenza di un alibi). Il
giudice è peraltro tenuto a motivare specificamente sia in ordine all’addebitabilità

L’ordinanza impugnata ha escluso l’esistenza del diritto all’equa riparazione

all’interessato di tali comportamenti, sia in ordine all’incidenza di essi sulla
determinazione della detenzione (Cass. IV, 12/12/2001 Rv. 220984; Cass. IV, 26/3/2004,
RV 228883). Tale indirizzo deve essere qui ribadito, giacché costituisce la chiave di volta
per la valutazione del caso in esame. Infatti, ove fosse consentita la valorizzazione di
emergenze probatorie confutate dal giudizio di fatto espresso con sentenza irrevocabile,
verrebbe caducato il cardine del vigente sistema di riparazione per l’ingiusta detenzione,
costituito appunto dal giudicato sull’incolpazione e sulle circostanze di fatto ad essa
pertinenti.
Dunque, in breve, non è consentito al giudice della riparazione di mettere in
invece ponderare circostanze di fatto accertate nel processo, e sulla base di esse valutare
se sussistano condotte dolose o gravemente colpose eziologicamente rilevanti, idonee ad
escludere il diritto all’indennizzo.
La Corte di merito non si attiene a tali consolidati principi ellyppare inoltre in più
parti lacunosa. Non si chiarisce in ordine a quali specifici reati sia stata adottata la misura
restrittiva e quale sia stata la sorte dl processo in ordine a ciascuna delle accuse
erri6-■
censure qui proposte in ordine agli indicat
cautelari; sicché non è neppuret(delibare
f.
profili giuridici pertinenti alla quali icazione giuridica degli accadimenti.
Soprattutto, pur in presenza di una vicenda che, da quel che è possibile intendere,
appare alquanto complessa, la Corte d’appello si limita ad evocare condotte rimproverabili
senza chiarire in cosa esse concretamente consistano e neppure quali siano gli oggettivi,
dimostrati elementi di prova che consentano di ritenere con certezza l’esistenza della
ritenuta condotta colposa.
Inoltre, si parla genericamente di connivenza senza nulla chiarire. A tale riguardo
occorre richiamare la condivisa giurisprudenza di questa Suprema Corte secondo cui la
connivenza può assumere rilievo nella sede riparatoria solo allorché, pur non
concretandosi in condotte di attiva partecipazione agli illeciti, mostri consapevole, incauto
coinvolgimento e contiguità rispetto ai reati ed ai loro autori, così da generare nell’autorità
giudiziaria l’erroneo convincimento che essa sia espressione di attivo apporto alle
condotte delittuose.
3.1 Pure censurabile è l’apprezzamento in ordine al comportamento processaule
consistito nella mancata spiegazione dei fatti. Questa Corte a Sezioni unite (S.U. 15
dicembre 1995, Sarnataro cit.) ha evidenziato, condivisibilmente, che la valutazione della
condotta successiva alla perdita della libertà o, comunque, alla conoscenza della pendenza
del procedimento, deve essere effettuata con cautela, dovendosi sempre, e con adeguato
rigore, avere rispetto per le strategie difensive che ritenga di adottare (quale che possa
esserne la ragione) chi abbia perduto la libertà ingiustamente. Si tratta di trovare un
delicato equilibrio tra il diritto, che va assicurato, alla libertà di strategia difensiva, anche
eventualmente errata (non spetta al giudice pronunciarsi al riguardo) o effetto di paura o
d’intimidazione o di sfiducia, ma sempre diritto inviolabile, costituzionalmente garantito
(art. 24, 2’ comma) ) e l’esigenza di corretta applicazione della legge, posto che, come è
da tutti ammesso, presupposto dell’equa riparazione è una condotta dell’interessato

discussione l’esito del giudizio di merito, esprimendo valutazioni dissonanti. Occorre

idonea a chiarire la sua posizione mediante l’allegazione di quelle circostanze, a lui note,
che contrastino l’accusa o vincano le ragioni di cautela.
La stessa pronunzia ha pure enunciato che l’imputato è protagonista della
strategia difensiva ritenuta più appropriata nel processo penale, che può comprendere
anche il silenzio o il mendacio che non integri calunnia o artificiosità ingannevoli.
Alla luce di tali principi va qui ribadito che una condotta colposa, che escluda, se
grave, il diritto all’indennizzo può ravvisarsi solo nel caso in cui l’interessato manchi, per
scelta o per deplorevole trascuratezza, di esporre un fatto a lui noto che sia idoneo ad
assumere sicuro, decisivo rilievo nello svuotare l’ipotesi accusatoria, cioè nel far venire
quella indicata è la situazione in cui il dato di fatto rilevante non sia taciuto ma distorto.
Si richiede, dunque, non semplicemente la mancanza di enunciazioni difensive,
ma una condotta che sottragga al giudizio, in modo mediato od immediato, un’oggettiva,
risolutiva emergenza probatoria. Tale condotta, naturalmente, dovrà essere
soggettivamente rimproverabile. Tale ordine di idee si rinviene, in termini sostanzialmente
coincidenti, nella giurisprudenza recente di questa Corte.
Alla stregua di tali principi traspaiono gli errori logici e giuridici da cui, pure sotto
tale riguardo, l’ordinanza è affetta: si attribuisce rilievo gravemente colposo al semplice
fatto di non aver fornito non meglio specificati chiarimenti.
L’ordinanza deve essere conseguentemente annullata con rinvio alla Corte
d’appello che dovrà riesaminare il caso alla luce dei principi sopra enunciati.
La Corte di merito provvederà pure in ordine al regolamento tra le parti delle
spese del giudizio di legittimità.

Pqm
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Ancona cui rimette
anche il regolamento delle spese tra le parti del presente giudizio.
Roma 11 aprile 2013
IL CONSIGLIERE ESTENSORE

IL PRESIDENTE

(Rocco Marco Blalotta)

(Caol Brusco)

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
IV Sezione Penale

meno un grave quadro indiziario o l’esistenza di concrete esigenze cautelari. Analoga a

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