Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18686 del 28/03/2014


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Penale Sent. Sez. 7 Num. 18686 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: MARINI LUIGI

sul ricorso proposto da:
DE LUCIA GIUSEPPE N. IL 05/12/1963
avverso la sentenza n. 1474/2013 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
21/03/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI MARINI;

Data Udienza: 28/03/2014

Con sentenza in data 21/3/2013 la Corte di Appello di Napoli ha confermato la sentenza del
19/3/2012 del Tribunale di Napoli, sez. dist. di Portici, con cui il Sig. Giuseppe De Lucia è
stato condannato alla pena di sei anni di reclusione e 26.000,00 euro di multa in relazione al
reato previsto dall’art.73 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309, commesso il 24/5/2011 a seguito di
detenzione di circa 470 grammi di hashish e 19 grammi di marijuana.

Con successiva memoria il ricorrente ha contestato l’ipotesi di inammissibilità dei motivi di
ricorso e invocato l’applicazione degli effetti della sentenza n.32/2014 della Corte
costituzionale.
Osserva preliminarmente la Corte che con sentenza n.32 del 12 febbraio 2014 la Corte
costituzionale ha dichiarato la illegittimità degli artt.4-bis e 4-vicies ter del d.l. 30 dicembre
2005, n.272, convertito in legge 21 febbraio 2006, n.49, che modificavano la disciplina dei
commi 1 e 4 dell’art.73 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309 e abbandonavano i diversi regimi
sanzionatori fissati per le sostanze stupefacenti elencate, da un lato, nelle tabelle I e III (le
c.d. droghe pesanti) e quelle elencate nelle tabelle II e IV (le c.d. droghe leggere). La nuova
disciplina fissava dunque agli artt.1 e 1-bis dell’art.73 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309, un
unico trattamento sanzionatorio per tutte le sostanze stupefacenti.
A seguito dell’intervento del giudice delle leggi tornano in vigore i commi 1 e 4 del citato
art.73. A ciò consegue che per le sostanze contenute nelle tabelle II e IV la pena per le
condotte illegali viene fissata nell’intervallo fra due e sei anni di reclusione, anziché fra sei e
venti anni di reclusione; la pena scende, poi, all’intervallo fra sei mesi e quattro anni di
reclusione per le ipotesi di minore gravità, anziché fra 1 e sei anni di reclusione (oppure fra 1 e
5 anni ove applicabile la nuova ipotesi di reato introdotta dall’art.2, comma 1, lett.a, del d.l. 23
dicembre 2013, n.146, convertito in legge 21 febbraio 2014, n.10 – G.U. Serie generale n.43
del 21 febbraio 2014).
L’incidenza sul caso in esame della nuova e più favorevole disciplina appare evidente, sol che si
consideri che la pena detentiva inflitta al sig. De Lucia fu fissata dai giudicanti in coincidenza
con il minimo edittale, un minimo che oggi deve essere individuato in due anni di reclusione e
non in sei anni. A ciò consegue che la sentenza impugnata dev’essere annullata con rinvio al
giudice di appello affinché proceda a nuova determinazione della pena nell’ambito dei limiti
fissati dalla disciplina oggi in vigore individuata come sopra.
Palesemente infondato risulta, invece, il motivo concernente l’applicabilità dell’art.62-bis cod.
pen., avendo i giudici di merito valutato i fatti e i precedenti penali dell’imputato e
motivatamente ritenuto di escludere l’esistenza dei presupposti di applicazione della
circostanza invocata.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla determinazione della pena e rinvia ad altra
Sezione della Corte di appello di Napoli.
Così deciso in Roma il 28/3/20J T 4

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Avverso tale decisione è stato proposto ricorso col quale si lamenta vizio motivazionale ai sensi
dell’art.606, lett.e) cod.proc.pen. in relazione alla mancata concessione delle circostanze
attenuanti generiche e in relazione alla determinazione della pena.

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