Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18686 del 11/04/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 18686 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: BLAIOTTA ROCCO MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CORONESE MICHELE N. IL 12/12/1965
avverso l’ordinanza n. 14/2009 CORTE APPELLO SEZ.DIST. di
TARANTO, del 20/06/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROCCO MARCO
BLAIOTTA;
lette/se,Ote le conclusioni del PG Dotti (
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Ovt 1,t vie4 elta

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 11/04/2013

cc 22 coronese

Motivi della decisione
1. La Corte d’appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, ha respinto l’istanza
avanzata da Coronese Michele intesa ad ottenere l’equa riparazione per l’ingiusta
detenzione subita.
2. Ricorre per cassazione il richiedente. Si lamenta che la Corte d’appello ha
impropriamente sindacato la correttezza della pronunzia assolutoria emessa dal giudice di
merito; ed è giunta ad affermare, sia pure implicitamente, che il ricorrente è stato

rivisitazione del merito è indebita. Per contro il ricorrente non ha posto in essere alcuna
concreta condotta che possa ritenersi rimproverabile e che giustifichi la reiezione della
domanda.
2.1 L’avvocatura dello Stato ha presentato una memoria chiedendo che il ricorso
sia dichiarato inammissibile o sia rigettato.

3. Il ricorso è fondato.
L’ordinanza impugnata espone che il richiedente è stato attinto da due misure
cautelari in ordine ai reati associazione di stampo mafioso ed estorsione; e che è
intervenuta pronunzia assolutoria del Tribunale di Taranto confermata dalla Corte
d’appello di Lecce con sentenza irrevocabile. Si aggiunge che l’esistenza di un grave
quadro indiziario è stata ritenuta alla stregua delle dichiarazioni accusatorie di alcuni
autotrasportatori che hanno riferito di iniziative del ricorrente al fine di addivenire ad
accordi commerciali tesi al controllo del mercato dei trasporti in Massafra, accordi che
venivano subìti per evitare complicazioni.
Tale accusa non ha retto in giudizio poiché le persone offese non hanno
confermato in dibattimento le accuse. Sono state in particolare escluse condotte
minacciose o violente. In conclusione le dichiarazioni rese in sede di indagine hanno
generato la falsa apparenza della partecipazione alla commissione dei delitti oggetto di
contestazione dando luogo alla detenzione con rapporto di causa ed effetto.
La valutazione in questione deve essere censurata. Occorre premettere che
questa Corte, anche a Sezioni unite (Sez. Un. 13/12/1995, Sarnataro Rv. 203638 ) ha
avuto modo di enunciare ripetutamente il principio che nel procedimento per la
riparazione dell’ingiusta detenzione è necessario distinguere nettamente l’operazione
logica propria del giudice del processo penale, volta all’accertamento della sussistenza di
un reato e della sua commissione da parte dell’imputato, da quella propria del giudice
della riparazione il quale, pur dovendo operare, eventualmente, sullo stesso materiale,
deve seguire un “iter” logico-motivazionale del tutto autonomo, perché è suo compito
stabilire non se determinate condotte costituiscano o meno reato, ma se queste si sono
poste come fattore condizionante (anche nel concorso dell’altrui errore) alla produzione
dell’evento “detenzione”; ed in relazione a tale aspetto della decisione egli ha piena ed
ampia libertà di valutare il materiale acquisito nel processo, non già per rivalutarlo, bensì
al fine di controllare la ricorrenza o meno delle condizioni dell’azione, sia in senso positivo

erroneamente assolto ed ha tenuto un comportamento addirittura doloso. Tale

che negativo, compresa l’eventuale sussistenza di una causa di esclusione del diritto alla
riparazione.
Questa Corte ha pure ripetutamente enunciato il principio che, in tema di
riparazione per l’ingiusta detenzione, la condizione ostativa al riconoscimento del diritto
all’indennizzo, rappresentata dall’avere il richiedente dato causa, all’ingiusta carcerazione,
deve concretarsi in comportamenti che non siano stati esclusi dal giudice della cognizione
e che possano essere di tipo extra-processuale (grave leggerezza o macroscopica
trascuratezza tali da aver determinato l’imputazione), o di tipo processuale
(autoincolpazione, silenzio consapevole sull’esistenza di un alibi). Il giudice è peraltro
comportamenti, sia in ordine all’incidenza di essi sulla determinazione della detenzione
(Cass. IV, 12/12/2001 Rv. 220984; Cass. IV, 26/3/2004, RV 228883). Tale indirizzo deve
essere qui ribadito, giacché costituisce la chiave di volta per la valutazione del caso in
esame. Infatti, ove fosse consentita la valorizzazione di emergenze probatorie confutate
dal giudizio di fatto espresso con sentenza irrevocabile, verrebbe caducato il cardine del
vigente sistema di riparazione per l’ingiusta detenzione, costituito appunto dal giudicato
sull’incolpazione e sulle circostanze di fatto ad essa pertinenti.
Dunque, in breve, non è consentito al giudice della riparazione di mettere in
discussione l’esito del giudizio di merito, esprimendo valutazioni dissonanti. Occorre
invece ponderare circostanze di fatto accertate nel processo, e sulla base di esse valutare
se sussistano condotte dolose o gravemente colpose eziologicamente rilevanti, idonee ad
escludere il diritto all’indennizzo.
Il giudice di merito non si è attenuto a tali consolidati principi. L’ordinanza scade
nella riconsiderazione del merito; attribuendo arbitrariamente rilevo probatorio a
dichiarazioni rese nel corso delle indagini e confutate nel dibattimento, nonché
trascurando il decisivo dato di fatto costituito dalla sentenza assolutoria.
L’ordinanza deve essere conseguentemente annullata con rinvio alla Corte
d’appello che dovrà riesaminare il caso alla luce dei principi sopra enunciati. Dovrà aversi
riguardo a fatti provati nel giudizio di merito; e si dovrà altresì ponderare se tali fatti
mostrino condotte gravemente colpose ed oggettivamente dimostrate che abbiano avuto
un rilevante ruolo eziologico nell’adozione della misura cautelare.
La Corte di merito provvederà pure in ordine al regolamento tra le parti delle
spese del giudizio di legittimità.

P qm
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Lecce cui rimette
anche il regolamento delle spese tra le parti del presente giudizio.
Roma 11 aprile 2013
IL CONSIGLIERE ESTENSORE

IL PRESIDENTE

(Rocco Marco Blaiotta)

(Car

3

tenuto a motivare specificamente sia in ordine all’addebitabilità all’interessato di tali

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

IV Sezione Penale

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