Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18684 del 27/02/2018


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 18684 Anno 2018
Presidente: DOVERE SALVATORE
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
GALLICO DOMENICO nato il 30/08/1958 a PALMI

avverso l’ordinanza del 12/05/2017 del TRIB. SORVEGLIANZA di SASSARI
sentita la relazione svolta dal Presidente SALVATORE DOVERE;
Dzik.,LQ tru.)2.(
e:LRD
e le conclusioni del PG et4
lette/se
(A)11/9

Ceve,s-D

Data Udienza: 27/02/2018

RITENUTO IN FATTO
1. Con il provvedimento indicato in epigrafe il Tribunale di Sassari ha
rigettato l’opposizione proposta ai sensi dell’art. 99 d.p.r. n. 115/2002 da Gallico
Domenico avverso il provvedimento di rigetto dell’istanza di ammissione al
patrocinio a spese dello Stato adottato dal Magistrato di sorveglianza di Sassari il
31.3.2016 nell’ambito del proc. SIUS n. 2015/4944.
Ad avviso del Tribunale nei confronti del Gallico, che in stato di libertà aveva
ricoperto ruoli di vertice all’interno di cosche malavitose e che non aveva indicato

patrimoniale, non risulta superata la presunzione posta dall’art. 76, co. 4 d.p.r.
n. 115/2002, di titolarità di un reddito superiore a quello che consente la
concessione del beneficio.

2.

Avverso tale decisione ricorre per cassazione il Gallico con atto

sottoscritto personalmente.
Con unico motivo deduce violazione di legge in relazione all’art. 76, co. 4-bis
d.p.r. m. 115/2002 rilevando:

che la contumacia dell’Agenzia delle entrate non poteva rimanere priva di
effetti sicché si sarebbe “dovuto ammettere l’opponente alla decisione
del giudice”;

che la esclusione della valenza probatoria dei diversi provvedimenti di
ammissione al beneficio resi in altri procedimenti non tiene conto che
essi sono stati adottati sulla base degli accertamenti previsti;

che gli accertamenti che hanno condotto all’acquisizione di ‘dati formali’
sono stati disposti dallo stesso Magistrato di sorveglianza di Sassari;

la omessa considerazione dei documenti prodotti dall’istante perché
‘laconici e formali’ ha trasformato la presunzione relativa in presunzione
assoluta;

l’istante ha indicato i richiesti elementi concreti di fatto, tali essendo i
provvedimenti ammissivi;

ponendo a base della decisione le sentenze passate in giudicato è stata
ripristinata la presunzione assoluta di abbienza.
CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è infondato.
3.1. Occorre muovere dalla considerazione che, secondo la stabile
giurisprudenza di legittimità, spetta al soggetto che richiede l’ammissione al
patrocinio a spese dello Stato l’onere di fornire la prova contraria, idonea a
vincere la presunzione relativa di superamento del limite di reddito ostativo, nei

elementi concreti dai quali desumere l’effettiva situazione economico-

casi previsti dall’art. 76, comma 4-bis, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115; né
sussiste l’obbligo per il giudice di valutare lo stato di indigenza del richiedente o
di svolgere accertamenti in tal senso (Sez. 4, n. 5041 del 21/10/2010 – dep.
10/02/2011, Figliolino, Rv. 249563).
La dimostrazione che grava sul richiedente non può avvenire con una
semplice autocertificazione ma impone l’adeguata allegazione di concreti
elementi di fatto, dai quali possa desumersi in modo chiaro ed univoco la propria
effettiva situazione economica, che il giudice deve rigorosamente vagliare (Sez.

Al giudice di legittimità compete la verifica della coerenza a tale assetto e la
logicità della motivazione resa dal giudice che ha pronunciato il rigetto
dell’istanza.
3.2. Nel caso che occupa il provvedimento sfugge alle censure del
ricorrente.
Non risponde al vero che dalla contumacia dell’Agenzia delle entrate debba
conseguire l’accoglimento dell’istanza. Per l’accertamento dello stato di non
abbienza si può fare ricorso agli ordinari mezzi di prova, ivi comprese le
presunzioni semplici di cui all’articolo 2729 cod. civ., tra le quali rientrano il
tenore di vita dell’interessato e dei familiari conviventi e qualsivoglia altro fatto
di emersione della percezione, lecita o illecita, di redditi (Sez. 4, n. 45159 del
04/10/2005 – dep. 13/12/2005, Bagarella, Rv. 232909); ma non vale il principio
di non contestazione che trova accoglimento nel giudizio civile, peraltro senza
che si riconosca alla contumacia del convenuto valore di acquiescenza alle
ragioni dell’attore (si veda, ad esempio, Sez. 3, Sentenza n. 14623 del
23/06/2009, Rv. 608705 – 01, per la quale l’esclusione dei fatti non contestati
dal “thema probandum” non può ravvisarsi in caso di contumacia del convenuto,
in quanto la non negazione fondata sulla volontà della parte non può presumersi
per il solo fatto del non essersi la stessa costituita in giudizio, non essendovi un
onere in tal senso argomentabile dal sistema).
Non è ravvisabile alcuna manifesta illogicità né tanto meno una violazione di
legge nella esclusione della valenza probatoria dei provvedimenti con i quali il
Gallico era stato ammesso al beneficio in altri procedimenti. Invero, non la
prima, perché il decisore ha ritenuto che gli stessi non esprimessero le ragioni
della statuizione (sono stati definiti ‘laconici’); non la seconda perché
l’ordinamento non riconosce a quei provvedimenti una efficacia vincolante in
diversi procedimenti. Si consideri che anche l’accertamento del reddito
imponibile, ai fini della configurazione del reato di cui all’art. 95 del d.P.R. 30
maggio 2002 n. 115, deve essere incidentalmente condotto dal giudice penale in
piena autonomia, nel contraddittorio con l’imputato e con l’osservanza delle

4, n. 21230 del 14/03/2012 – dep. 31/05/2012, Villano, Rv. 252962).

regole dettate dal codice di rito in materia di valutazione della prova, a nulla
rilevando la contestuale pendenza di procedimenti amministrativi o tributari
(Sez. 3, n. 38018 del 27/04/2017 – dep. 31/07/2017, Meloni, Rv. 270997).
3.3. Ma non c’è dubbio che la principale doglianza del Gallico attenga alla
ritenuta recessività dei dati appresi a seguito degli accertamenti fiscali, siccome
di carattere formale, con ciò intendendo dire che essi rappresentavano quanto
emergeva dalla interrogazione di banche dati contenenti i nominativi degli
intestatari di beni mobili registrati o di beni immobili.

spese dello Stato esprime con assoluta nettezza la centralità delle effettive
condizioni economiche del richiedente; come hanno rimarcato le S.U.
intervenendo in merito al reato di cui all’art. 95 d.p.r. n. 115/2002,
“l’incriminazione si correla da un lato al generale “principio antielusivo” che,
affermato da questa Corte (…), s’incardina sulla capacità contributiva ai sensi
dell’ art. 53 Costituzione, e perciò dell’art. 3. E si correla, dall’altro, all’art. 24/3°
co. ulteriore corollario dell’articolo 3 del Patto fondamentale, in osservanza del
quale l’art. 98 del Codice di procedura penale prevede la disciplina del patrocinio
dei non abbienti a spese dello Stato” (Sez. U, n. 6591 del 27/11/2008 – dep.
16/02/2009, Infanti, Rv. 242152, in motivazione).
Correttamente quindi il

Tribunale ha ritenuto inidonei a superare la

presunzione relativa di abbienza il fatto che il Gallico non risulti intestatario di
beni mobili o immobili, facendo ricorso ad una massima di esperienza che questa
Corte non può sindacare (cfr., tra le altre, Sez. 1, n. 18118 del 11/02/2014 dep. 30/04/2014, Pg e altri in proc. Marturana, Rv. 261992), e la circostanza che
egli sia in stato di detenzione da decenni; su questo particolare punto il giudice
territoriale ha chiarito che il richiedente è stato esponente di vertice
dell’omonima cosca operante nel territorio di Palmi sino ad almeno all’anno
2010, anche durante la carcerazione e che il 7.3.2013 egli è stato riconosciuto
dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Reggio Calabria attuale
titolare di un ruolo direttivo nell’associazione criminale.
Risulta quindi valutata sia l’assenza di elementi concreti provenienti
dall’istante sia l’esistenza di circostanze convergenti verso la conferma della
validità nel caso concreto della presunzione legale.

4. Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.

Orbene, la disciplina nella quale trova incarnazione l’istituto del patrocinio a

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27/2/2018.
Il Pregdente est.

Salvator overe

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