Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18683 del 16/11/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 18683 Anno 2017
Presidente: VESSICHELLI MARIA
Relatore: MICCOLI GRAZIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
STANCAPIANO ALFIO nato il 23/08/1994 a CATANIA

avverso l’ordinanza del 29/06/2016 del TRIB. LIBERTA di PALERMO
sentita la relazione svolta dal Consigliere GRAZIA MICCOLI;
lette/sentite le conclusioni del PG LUIGI ORSI

Udit i difensor Avv.;

Data Udienza: 16/11/2016

Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, dott. Luigi Orsi, ha concluso chiedendo
l’annullamento con rinvio limitatamente alla motivazione relativa al diniego degli arresti
domiciliari con braccialetto elettronico.

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 29 giugno 2016 il Tribunale di Palermo ha parzialmente accolto la richiesta
di riesame proposta nell’interesse di Alfio STANCAPIANO avverso l’ordinanza emessa in data 31
maggio 2016 dal GIP presso il Tribunale di Termini Imerese, con la quale era stata applicata la

con altri soggetti. Con il provvedimento in esame il Tribunale ha soltanto escluso le esigenze
cautelari di cui alle lettere “a” e “h” dell’art. 274 cod. proc. pen., confermando invece nel resto
il provvedimento applicativo della custodia in carcere.
2. Avverso la suddetta ordinanza ha proposto impugnazione l’indagato, con atto sottoscritto dal
difensore.
2.1. Con un primo motivo è stata denunziata violazione di legge in relazione agli artt. 27,
294 e 302 cod. proc. pen., per non avere il G.I.P. proceduto a nuovo interrogatorio, avendo
emesso una ordinanza contenente elementi di novità.
Si sostiene che il Tribunale del riesame e il G.I.P. avrebbero errato nel non ritenere necessario
un nuovo interrogatorio dell’indagato dopo la trasmissione degli atti da parte del giudice
dichiaratosi incompetente ex art. 27 cod. proc. pen.
Secondo il ricorrente, infatti, la nuova ordinanza di applicazione della misura cautelare si
baserebbe su esigenze cautelari in parte diverse rispetto a quelle poste a fondamento del primo
provvedimento, giacché in quest’ultimo (emesso dal GIP presso il tribunale di Catania) erano
state ritenute sussistenti solo le esigenze cautelari di cui al comma 1 lettera c) dell’art. 274 cod.
proc. pen., mentre nella ordinanza del GIP di Termini Imerese sono state ritenute sussistenti
anche quelle di cui alle lettere a) e b) della citata norma.
2.2. Con il secondo motivo vengono denunziati violazione di legge e vizi motivazionali in
ordine alle esigenze cautelari, con specifico riferimento al disposto di cui all’art. 275 comma 3
bis cod. proc. pen..
Il ricorrente censura il provvedimento impugnato nella parte in cui ha ritenuto inidonea la misura
degli arresti domiciliari con l’applicazione del braccialetto elettronico “in relazione alle sue
caratteristiche tecniche a consentire l’individuazione del sottoposto che si allontani dal luogo di
esecuzione”.
2.3. Con il terzo motivo si denunzia violazione di legge in relazione alla ritenuta
sussistenza del pericolo di reiterazione di cui all’art. 274 lettera c cod. proc. pen.
Si censura il provvedimento nella parte in cui ha fatto riferimento solo alle specifiche modalità
della condotta onde dedurre la sussistenza del suddetto pericolo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va accolto nei termini qui di seguito indicati.
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misura cautelare in carcere perché indagato del reato di furto aggravato commesso in concorso

1. Infondato è il primo motivo di ricorso.
Correttamente il Tribunale del riesame ha richiamato i principi da tempo affermati da questa
Corte, secondo i quali le misure cautelari disposte, a norma dell’art. 27 cod. proc. pen., da un
giudice, dichiaratosi contestualmente o successivamente incompetente, non perdono efficacia
per il mancato espletamento di un nuovo interrogatorio di garanzia da parte del giudice
competente il quale abbia emesso nel termine stabilito una propria ordinanza, sempre che non
siano stati contestati all’indagato o all’imputato fatti nuovi ovvero il provvedimento non sia
fondato su indizi o su esigenze cautelari in tutto o in parte diversi rispetto a quelli posti a

Zaccardi, Rv. 219975).
Come si è visto, il ricorrente si limita a dedurre che la nuova ordinanza di applicazione della
misura cautelare si baserebbe su esigenze cautelari in parte diverse rispetto a quelle poste a
fondamento del primo provvedimento, giacché in quest’ultimo (emesso dal GIP presso il
Tribunale di Catania) erano state ritenute sussistenti solo le esigenze cautelari di cui alla lettera
c) dell’art. 274 cod. proc. pen., mentre nell’ordinanza del GIP di Termini Imerese sono state
ritenute sussistenti anche quelle di cui alle lettere a) e b) della citata norma.
Tale circostanza, però, non incide affatto sulla legittimità ed efficacia della misura cautelare in
atto, giacché è evidente che essa è stata adottata principalmente tenendo conto delle esigenze
cautelari di cui alla lettera c) dell’art. 274 cod. proc. pen., così come ritenuto dal primo G.I.P.
che ha proceduto all’interrogatorio, mentre le altre esigenze cautelari pure menzionate dal G.I.P.
di Termini Imerese sono state correttamente escluse dal Tribunale del riesame. Non si può
dunque sostenere che il provvedimento cautelare impugnato sia stato adottato per esigenze
cautelari diverse rispetto a quelle post e a fondamento dell’ordinanza emessa dal giudice
incompetente.
2. Fondate sono le doglianze relative alla motivazione sulle esigenze cautelari e sull’adeguatezza
della sola misura in atto.
In primo luogo va evidenziato, in tema di applicazione della misura della custodia cautelare in
carcere, a seguito della riforma introdotta dalla legge n. 47 del 2015, ove non si sia al cospetto
di una delle ipotesi di presunzione assoluta di adeguatezza, il giudice deve sempre motivare sulla

fondamento dell’ordinanza emessa dal giudice incompetente (Sez. U, n. 39618 del 26/09/2001,

inidoneità della misura degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico (Sez. U, n. 20769 del
28/04/2016, Lovisi, Rv. 266651).
Peraltro, giova rammentare che, per l’applicazione di misure custodiali motivate con l’esigenza
di prevenire la reiterazione di reati (art. 274, comma 1, lett. c, cod. proc. pen.) occorre che il
“grave pericolo” richiesto dalla norma sia conseguente alla valutazione sia delle “specifiche
modalità del fatto” che della “personalità dell’imputato”. Tali parametri devono essere valutati
congiuntamente e, pertanto, la sussistenza del concreto pericolo di reiterazione dei reati deve
essere desunta sia dalle specifiche modalità e circostanze del fatto, che dalla personalità
dell’imputato, valutata sulla base dei precedenti penali o dei comportamenti concreti, attraverso
una valutazione che, in modo globale, tenga conto di entrambi i criteri direttivi indicati (Si
3
,

vedano, tra le tante, Sez. 4, n. 37566 del 01/04/2004, Rv. 229141; Sez. 6, n. 22121 del
20/02/2002, Rv. 222242; Sez. 2, n. 6480 del 21/11/1997, Rv. 210594; Sez. 2, n. 4875 del
14/11/1995, Rv. 203774).
Nulla impedisce di attribuire alle medesime modalità e circostanze di fatto una duplice valenza,
sia sotto il profilo della valutazione della gravità dello stesso fatto, sia sotto il profilo
dell’apprezzamento della capacità a delinquere (ex plurimis, Sez. 2, 12/07/2007, n. 35476; Sez.
5, 24.11.2005, Rv 231170; Sez. 6, 17.2.2005, Rv 231323; Sez. 4, 21.11.2001, Rv 220331).
Va tuttavia precisato che la norma in esame esige espressamente che la personalità dell’indagato

penali”.
Con la prima espressione si fa riferimento alla condotta del soggetto estranea al fatto-reato (e,
quindi, alla condotta antecedente o successiva al reato), mentre con i “precedenti penali” non si
fa riferimento soltanto alle condanne passate in giudicato, ma anche alle eventuali pendenze
penali, le quali sono sempre riferibili a “comportamenti o atti concreti” che si assumono posti in
essere dall’imputato o indagato” (Sez. 6, n. 33873 del 15/07/2008, Rv. 240761).
Ne consegue che il pericolo di “recidiva” rilevante ex art. 274, lett. c), non è di per sè “escluso
dallo stato di incensuratezza” del soggetto da sottoporre a cautela (Sez. 2, n. 4820 del
23/10/2012, Mellucci, Rv. 255679; Sez. 6, n. 2856 del 02/10/1998, Mocci A, Rv. 211756),
purché —si ribadisce- la valutazione negativa sulla personalità sia il risultato di un apprezzamento
non fondato sulla sola gravità del fatto, ma basato anche su comportamenti o atti concreti che
vanno oltre il fatto stesso, pur se al fatto collegabili.
L’art. 274, lett. c), esige poi che il pericolo di reiterazione dell’attività criminosa sia “concreto”.
Non bastano quindi assunti polivalenti, richiedendosi invece una prognosi correlata alla
situazione esistenziale ed ambientale in cui può venirsi a trovare l’indagato nell’ipotesi in cui
venga meno lo stato di detenzione. A fronte di ciò appare evidente come non possa ritenersi
sufficiente un giudizio prognostico ancorato ad un pericolo astratto e/o meramente ipotetico
ovvero un generico riferimento alla mera eventualità di probabili seguiti delittuosi; occorre invece
che esistano elementi concreti (cioè, non meramente congetturali), desumibili dagli atti, sulla
base dei quali possa affermarsi che il soggetto inquisito possa facilmente, verificandosene la
occasione, commettere reati rientranti nel “genus” di quelli richiesti dalla suddetta norma
processuale (Sez. 5, n. 24051 del 15/05/2014, Rv. 260143; Sez. 5, n. 25458 del 08/04/2014,
Rv. 260212).
3. Alla stregua dei principi sopra esposti va censurata per insufficienza ed illogicità la decrsione
impugnata.
Essa, infatti, ha valutato la gravità del fatto contestato, non indicando elementi sulla base dei
quali possa affermarsi che vi sia il concreto pericolo di reiterazione di condotte criminose e che
tale pericolo possa essere fronteggiato solo con la misura della custodia in carcere.
Peraltro, il Tribunale ha fatto riferimento alla personalità dell’indagato, precisando tuttavia che
questi risulta gravato solo da “un precedente recente e specifico”.
4

o dell’imputato sia valutata sulla base di “comportamenti o atti concreti” o “dei suoi precedenti

Ha quindi ritenuto che lo STANCAPIANO non possa “osservare le prescrizioni connesse alle
misure meno afflittive”, tra cui gli arresti domiciliari con applicazione del braccialetto elettronico,
semplicemente (ed incomprensibilmente) affermando che tale dispositivo avrebbe delle
“caratteristiche tecniche” tali da non consentire “l’individuazione del sottoposto che si allontani
dal luogo di esecuzione”.
4. Gli atti vanno dunque trasmessi per nuovo esame al Tribunale di Palermo e, dal momento che
alla presente decisione non consegue la rimessione in libertà dell’indagato, devono essere curati
dalla Cancelleria gli adempimenti di cui al dispositivo.

annulla l’ordinanza impugnata limitatamente al punto delle esigenze cautelari e rinvia al
Tribunale di Palermo per nuovo esame. Dispone l’integrale trasmissione degli atti.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc.
pen.
Così deciso in Roma, il 16 novembre 2016

P.Q.M.

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