Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18680 del 19/03/2014


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Penale Sent. Sez. 7 Num. 18680 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MARINELLI FELICETTA

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ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MANITTA SALVATORE N. IL 29/10/1992
avverso la sentenza n. 2107/2012 CORTE APPELLO di CATANIA, del
23/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FELICETTA
MARINELLI;

-1

Data Udienza: 19/03/2014

Motivi della decisione

Contro la sentenza indicata in epigrafe, che ha ritenuto
responsabile Manitta Salvatore in ordine al reato di cui
all’articolo 73 d.PR. 309/90, ha proposto ricorso per
cassazione l’imputato chiedendone l’annullamento per
violazione di legge e difetto di motivazione con

lieve entità cui al comma quinto dell’art.73 d.PR. 309/90.
Il ricorso sarebbe inammissibile,

30,

ex articolo 606, comma

cod.proc.pen., perché proposto per motivi

manifestamente infondati.
La Corte di appello di Catania ha invero adeguatamente ed
esaustivamente motivato sul punto, evidenziando la
considerevole quantità della sostanza rinvenuta, da cui si
potevano ricavare n.380 dosi medie, circostanza ritenuta
ostativa al riconoscimento dell’ipotesi lieve.
Ciò rilevato il Collegio non può non tener conto che la
recente disposizione di cui al D.L. n.146 de123.12.2013
(conv. In L. n. 10 del 21.02.2014),nel qualificare il V
comma dell’art. 73 d.P.R. 309/90 quale figura autonoma di
reato, ha rideterminato la pena edittale da uno a cinque
ann di reclusione ed C 3.000,00 a 26.000,00 di multa.
Di poco successiva è la sentenza della Corte Costituzionale
n. 32 del 2014, depositata il 25.02.2014, che, per quanto
qui rileva, ha dichiarato la illegittimità costituzionale
dell’art. 4 bis della L. 21.02.2006 n. 49, cioè del testo
dell’art. 73 d.P.R. 309/90 nella formulazione di cui alla
predetta legge c.d. “Fini-Giovanardi”, determinando, come
dalla Corte Costituzionale espressamente

affermato,

l’applicazione dell’art. 73 del predetto d.P.R. 309/90 e
relative tabelle nella formulazione originaria (Legge c.d.
“Iervolino-Vassalli”).
La Corte Costituzionale ha definito i limiti oggettivi del
proprio

intervento

in relazione

al

D.L.

146/2013,

riferimento alla mancata applicazione dell’ipotesi di

precisando che “trattandosi di

ius superveniens

che

riguarda disposizioni non applicabili nel giudizio a quo lo
stesso non poteva esplicare alcuna incidenza sulle
questioni oggetto del giudizio della Corte relative a
disposizioni diverse da quelle oggetto di modifica
normativa e che gli effetti del presente giudizio di
legittimità costituzionale non riguardano in alcun modo la

2013,

, in quanto stabilita con disposizione successiva

a quella censurata e indipendente da quest’ultima”: Ha poi
affermato che “rientra nei compiti del giudice comune
individuare quali norme, successive a quelle impugnate, non
siano più applicabili perchè divenute prive del loro
oggetto (in quanto rinviano a disposizioni caducate) e
quali, invece, devono continuare ad avere applicazione in
quanto non presuppongono la vigenza degli artt. 4 bis e 4
vicies ter, oggetto della presente decisione”.
Ritiene, però,i1 Collegio che la suddetta sentenza, avendo
dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 4 bis
e 4 vicies ter della L. 49/2006, abbia travolto l’intero
art. 73 d.P.R. 309/1990, facendo rivivere, almeno per i
reati commessi prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 146
del 2013 anche il precedente testo del comma V con la
ripartizione del trattamento sanzionatorio previsto tra
droghe leggere e droghe pesanti, più favorevole al reo per
quel che concerne le droghe leggere, che prevede una pena

modifica disposta con il decreto legge n. 146 del

detentiva da sei mesi a quattro anni di reclusione.
Orbene, tornando al caso di specie, si osserva che si deve
applicare per il Manitta, ritenuto responsabile della
detenzione al fine di spaccio di sole droghe leggere,i1
richiamato

trattamento

sanzionatorio

della

legge

“Iervolino-Vassalli”.
Pertanto,la sentenza impugnata va annullata limitatamente
al trattamento sanzionatorio con rinvio sul punto alla
Corte d’appello di Catania, precisandosi,

3

ai sensi

P7

dell’art. 624 c.p.p., che la statuizione concernente la
penale responsabilità è divenuta irrevocabile.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento
sanzionatorio per effetto della sentenza della Corte

d’appello di Catania. Rigetta nel resto. V l’art.624 c.p.p.
dichiara l’irrevocabilità della sentenza in ordine
all’affermazione di responsabilità per il reato ascritto.

Così deciso in Roma il 19 marzo 2014
Il Presidente

costituzionale n.32/2014. Rinvia sul punto alla Corte

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