Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18678 del 09/03/2017


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 18678 Anno 2017
Presidente: NAPPI ANIELLO
Relatore: SETTEMBRE ANTONIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
AGUGLIA MARCO nato il 20/01/1968 a PALERMO

avverso la sentenza del 20/01/2016 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 09/03/2017, la relazione svolta dal Consigliere
ANTONIO SETTEMBRE
Udito il Procuratore Generale in persona del LUIGI BIRRITTERI
che ha concluso per

dt/L

Data Udienza: 09/03/2017

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– Udito il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione,
dr. Luigi Birritteri, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio in ordine al
fatto di cui all’art. 594 c.p. perché non è più previsto dalla legge come reato con
revoca parziale delle statuizioni civili e rigetto nel reato del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

giudizio di responsabilità formulato dal giudice di prima cura a carico di Aguglia
Marco per i reati di ingiuria e minaccia grave e, in parziale riforma della sentenza
impugnata, ha, su appello della sola parte civile, ritenuti sussistenti, altresì, gli
estremi del reato di cui all’art. 570 cod. pen. ed ha condannato l’imputato al
risarcimento dei danni anche per tale reato.
Secondo la ricostruzione operata dalla Corte di merito l’Aguglia, in lite con la
moglie separata, la ingiuriò e minacciò in data 28 aprile 2011, in occasione di un
accesso nell’abitazione della donna. Inoltre, dopo la separazione dal coniuge,
avvenuta nel 2009, fece mancare ai figli minori i mezzi di sussistenza.

2. Contro la sentenza suddetta ha proposto ricorso per Cassazione il difensore
dell’imputato avvalendosi di due motivi.
2.1. Col primo lamenta – in relazione all’ingiuria e alle minacce – che Aguglia sia
stato condannato per un fatto diverso da quello contestato. Deduce che, in
relazione alla data del fatto indicata nel decreto di citazione (28 aprile 2011), la
difesa aveva dimostrato che imputato e persona offesa non si erano mai
incontrati. Di fronte a ciò, i giudici di merito hanno collocato l’accaduto in data
imprecisata, privando l’imputato di ogni possibilità di difesa.
2.2. Col secondo si duole della mancata audizione del figlio Aguglia Riccardo, la
cui escussione era stata chiesta dalla difesa. Inspiegabilmente, però, il Tribunale
aveva prima ammesso la prova e poi l’aveva revocata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Entrambi i motivi sono manifestamente infondati.
1. Quanto al primo motivo, la Corte d’appello ha – sulla base di un attento e
approfondito esame delle dichiarazioni della persona offesa e della teste Sardina
Vanessa – esattamente ricostruito l’episodio di cui ai capi 1) e 2), collocandolo
nella data specificata in imputazione. E ciò ha fatto all’esito di un percorso logico
privo di smagliature o contraddizioni, valorizzando i dati riemersi t alla memoria
della persona offesa nel corso della deposizione dibattimentale e tenendo conto

2

1. La Corte d’appello di Palermo ha, con la sentenza impugnata, confermato il

di quanto riferito da un teste oculare, qual’era la sorella della persona offesa,
ulteriormente riscontrata dalle dichiarazioni della madre di quest’ultima, a cui la
persona offesa ebbe a riferire – poco dopo – l’accaduto. Assertiva e indimostrata,
pertanto, è l’affermazione difensiva che l’episodio sarebbe rimasto sospeso nel
tempo, in un giorno indefinito, giacché quanto si legge in sentenza (pag. 3
segg.) prova il contrario, sicché la dedotta violazione di legge è insussistente.

2. Quanto al secondo motivo, dalla lettura dei verbali di udienza – consentita a

si evince che il Tribunale revocò l’ammissione del teste Aguglia Riccardo per aver
ritenuto la prova “sovrabbondante”. Tale valutazione non è stata censurata
dinanzi al giudice d’appello, per cui non può essere censurata in cassazione.

3. Tanto osservato in ordine ai motivi di doglianza, occorre però rilevare che
l’ingiuria è stata espunta dall’ordinamento penale del d.lgs. n. 7 del 15/1/2016,
sicché la sentenza va annullata, sul punto, per abolitio criminis e va eliminata la
pena irrogata per tale reato (giorni dieci di reclusione).

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente all’addebito di
ingiuria, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato. Dichiara
inammissibile nel resto il ricorso e determina la pena inflitta per il residuo delitto
di minaccia in mesi tre di reclusione. Motivazione semplificata.
Così deciso il 9/3/2017

questa Corte allorché, come nello specifico, sia dedotto un error in procedendo –

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