Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18677 del 19/03/2014


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Penale Sent. Sez. 7 Num. 18677 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MARINELLI FELICETTA

ottni~rAssul ricorso proposto da:
TAGLIATI DAVIDE N. IL 15/02/1968
avverso la sentenza n. 20676/2012 GIP TRIBUNALE di TORINO, del
25/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FELICETTA
MARINELLI;

Data Udienza: 19/03/2014

2
(

Fatto e diritto

Tagliati Davide, imputato in ordine al reato p.e p.
dall’art.73 d.PR. 309/90, ricorre per cassazione contro la
sentenza di applicazione concordata della pena in epigrafe
indicata, deducendo violazione di legge e difetto di
motivazione della medesima in ordine all’insussistenza di

c.p.p. e in ordine alle argomentazioni relative
all’applicazione della pena come specificata in sentenza.
Il ricorso sarebbe inammissibile,

ex articolo 606, comma 3,

c.p.p., perché proposto per motivi manifestamente infondati.
Come questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr.

ex

plurimis Cass. S.U. 27 settembre 1995, Serafino), l’obbligo
della motivazione della sentenza di applicazione concordata
della pena va conformato alla particolare natura della
medesima e deve ritenersi adempiuto qualora il giudice dia
atto, ancorché succintamente, ovvero implicitamente, come
nella fattispecie di cui è processo, di aver proceduto alla
delibazione degli elementi positivi richiesti (la
sussistenza

dell’accordo

delle

parti,

la

corretta

qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione di
eventuali circostanze ed il giudizio di bilanciamento, la
congruità della pena, la concedibilità della sospensione
condizionale della pena ove la efficacia della richiesta sia

una delle “cause di non punibilità” di cui all’articolo 129

ad essa subordinata) e di quelli negativi (che non debba
essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma
dell’articolo 129 c.p.p.).
In particolare, il giudizio negativo in ordine alla
ricorrenza di una delle ipotesi di cui all’articolo 129
c.p.p. deve essere accompagnato da una specifica motivazione
soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle
parti emergano concreti elementi circa la possibile
applicazione di cause di non punibilità, dovendo, invece,
ritenersi sufficiente, in caso contrario, una motivazione

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f’t

0
consistente nell’enunciazione, anche implicita, che è stata
compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non
ricorrono le condizioni per una pronuncia di proscioglimento
ai sensi della disposizione citata.
Nel procedimento speciale di applicazione della pena su
richiesta delle parti, il giudice decide, invero, sulla base
degli atti assunti ed è tenuto, pertanto, a valutare se

le stesse preesistano alla richiesta e siano desumibili
dagli atti medesimi.
Non è consentito, dunque, all’imputato, dopo l’intervenuto e
ratificato accordo, proporre questioni in ordine alla
mancata applicazione dell’articolo 129 c.p.p., senza
precisare per quali specifiche ragioni detta disposizione
avrebbe dovuto essere applicata nel momento del giudizio.
Ciò rilevato il Collegio non può non tener conto che la
recente disposizione di cui al D.L. n.146 de123.12.2013
(conv. In L. n. 10 del 21.02.2014),nel qualificare il V
comma dell’art. 73 d.P.R. 309/90 quale figura autonoma di
reato, ha rideterminato la pena edittale da uno a cinque
annidi reclusione ed C 3.000,00 a 26.000,00 di multa.
Di poco successiva è la sentenza della Corte Costituzionale
n. 32 del 2014, depositata il 25.02.2014, che, per quanto
qui rileva, ha dichiarato la illegittimità costituzionale
dell’art. 4 bis della L. 21.02.2006 n. 49, cioè del testo
dell’art. 73 d.P.R. 309/90 nella formulazione di cui alla
predetta legge c.d. “Fini-Giovanardi”, determinando, come
dalla Corte Costituzionale espressamente

affermato,

l’applicazione dell’art. 73 del predetto d.P.R. 309/90 e
relative tabelle nella formulazione originaria (Legge c.d.
“Iervolino-Vassalli”).
La Corte Costituzionale ha definito i limiti oggettivi del
proprio intervento in relazione al D.L. 146/2013,
precisando che “trattandosi di

ius superveniens

che

riguarda disposizioni non applicabili nel giudizio a quo lo

sussistano le anzidette cause di proscioglimento soltanto se

(‘

stesso non poteva esplicare alcuna incidenza sulle
questioni oggetto del giudizio della Corte relative a
disposizioni diverse da quelle oggetto di modifica
normativa e che gli effetti del presente giudizio di
legittimità costituzionale non riguardano in alcun modo la
modifica disposta con il decreto legge n. 146 del
2013,

, in quanto stabilita con disposizione successiva

affermato che “rientra nei compiti del giudice comune
individuare quali norme, successive a quelle impugnate, non
siano più applicabili perchè divenute prive del loro
oggetto (in quanto rinviano a disposizioni caducate) e
quali, invece, devono continuare ad avere applicazione in
quanto non presuppongono la vigenza degli artt. 4 bis e 4
vicies ter, oggetto della presente decisione”.
Ritiene, però,i1 Collegio che la suddetta sentenza, avendo
dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 4 bis
e 4 vicies ter della L. 49/2006, abbia travolto l’intero
art. 73 d.P.R. 309/1990, facendo rivivere, almeno per i
reati commessi prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 146
del 2013 anche il precedente testo del comma V con la
ripartizione del trattamento sanzionatorio previsto tra
droghe leggere e droghe pesanti, più favorevole al reo per
quel che concerne le droghe leggere, che prevede una pena
detentiva da sei mesi a quattro anni di reclusione.
Orbene, tornando al caso di specie, si osserva che si deve
applicare per il Tagliati, ritenuto responsabile della
detenzione al fine di spaccio di sole droghe leggere,i1
richiamato

trattamento

sanzionatorio

della

legge

“Iervolino-Vassalli”.
Pertanto la sentenza impugnata va annullata senza rinvio in
quanto le argomentazioni di cui sopra, che incidono sulla
pena concordata, determinano la caducazione del patto e gli
atti devono essere trasmessi al Tribunale di Torino.
P.Q.M.

a quella censurata e indipendente da quest’ultima”: Ha poi

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone la
trasmissione degli atti al Tribunale di Torino.

Così deciso nella camera di consiglio del 19.03.2014

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